2. La ragazza ideale

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Sofia

Sebbene fossi una ragazza proveniente da una famiglia ricca, figlia di imprenditori e un'ottima studentessa, la mia vita era piuttosto solitaria. Genitori apprensivi, orari limitanti per l'epoca in cui mi trovavo, amicizie e relazioni pari a zero.

Allontanavo tutti com'ero solita fare, mancavo di fiducia, per questo non volevo mai che le mie conoscenze universitarie diventassero amicizie di fatto. La mia famiglia, il mio cognome... non mi permetteva di essere ciò che avrei voluto.

Passavo il mio tempo a studiare, disegnare, scrivere, ascoltare musica e talvolta leggere. La mia camera era diventata il mio luogo di grazia, dove sostare ore intere senza essere interrotta da nessuno. Per passare il resto del tempo mi offrivo perfino di aiutare le nostre domestiche nelle pulizie, naturalmente quando mia madre non c'era... non avrei sopportato le sue ramanzine riguardo le differenze di gerarchia.

In casa mia si parlava sempre di quello, sostanzialmente. Soldi, teorie incoerenti su qualsiasi cosa e ancora modi su come fare soldi. Non andavo fiera di loro, né tanto meno ero felice di portare il loro cognome, ma non potevo rinnegarli, erano comunque le persone che mi avevano cresciuta.

Tante volte volevo solo sprofondare nel silenzio, preferendo nettamente la notte al giorno, solo per non sentire voci attorno a me. Avevo paura del buio, ma ultimamente era diventato un amico che mi teneva compagnia quando non riuscivo a dormire.

La mattina mi svegliavo quasi felice, ma il mio sorriso svaniva quando realizzavo che non c'era motivo di esserlo... quindi pensavo che dormire in eterno era l'unica mia possibilità per salvarmi dalla mia stessa vita. Forse era finalmente successo, forse il destino mi aveva ascoltata e mi aveva donato il sonno perpetuo che nei momenti di disperazione agognavo, ma non era ancora giunta la mia ora.

Sentii delle voci ovattate in lontananza prima di aprire lentamente le palpebre... le mie narici captarono l'odore acre del fumo, come se qualcosa stesse bruciando.

"Si è viva, ci mancava solo questa. Non posso caricarmi di un'altra responsabilità, ho gli sbirri alle calcagna... ucciderla non è la soluzione migliore..."

Sgranai gli occhi, tentai di alzarmi ma i muscoli del corpo non rispondevano alla mia volontà.

"Non si tratta di questo, non posso sbarazzarmi di lei, l'unico modo è tenerla rinchiusa da qualche parte..."

Mi guardai attorno, accorgendomi di star stesa su un letto a due piazze, in una stanza piccola e arredata male. Ero senza coperte e il vestito che indossavo era strappato sul davanti... iniziai ad agitarmi temendo il peggio e andai nel panico quando l'uomo, che parlava al telefono davanti alla finestra, si accorse che ero sveglia.

"Si è svegliata, fammi pensare a sta faccenda adesso... ti richiamo" chiuse la chiamata e si girò verso di me.

"Bentornata nel mondo dei vivi" la sua voce risultò amplificata e strizzai gli occhi per abituarmi al suono.

L'uomo, che poco dopo scoprii essere un ragazzo, si avvicinò al letto e accese la lampada sul comodino al mio fianco. La luce bianca illuminò il suo volto: un paio di occhi glaciali regnavano sul viso squadrato. Un accenno di barba copriva la mascella definita e un ciuffo di capelli arruffato copriva la fronte. I miei occhi scesero sulla sua figura, era alto e ben piazzato, fasciato da una tuta nera.

Cercai di allontanarmi, spaventata da lui e dalla situazione in cui versavo, ma riuscii solo a sostenermi sui gomiti.

"Non sforzarti, temo che dovrai stare a riposo per un po', sai..." la voce roca risuonò nelle pareti e anche nel mio stomaco.

"Chi sei? Cosa mi è successo?" gli chiesi frettolosamente, senza abbassare lo sguardo.

"Hai avuto un incidente e ti ho salvato la vita, Cocò"

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