Capitolo 2

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SARAH

Forse avrei dovuto pensarci due volte prima di invitarlo a pranzo. Io e lui non siamo mai stati da soli. Non sappiamo di che parlare e ci stiamo sforzando tanto per nascondere l'imbarazzo. Mentre cucinavo mi tremavano le mani e ho mentalmente ringraziato tutti i santi del paradiso che mi hanno aiutata a scolare la pasta senza rovesciare tutto sul pavimento.

«Non sono una cuoca provetta, ma spero sia almeno commestibile» provo a giustificarmi, mettendo davanti a Joseph un piattone fumante di pasta al tonno. L'aspetto non promette bene e, prima di pronunciarsi, fa una generosa forchettata. Mastica piano, quasi a volermi torturare, prima di esprimere un giudizio. La sua espressione, un po' accigliata, non promette nulla di buono, ed io non ho il coraggio di assaggiare. È forse scotta? O troppo cruda? C'è troppa cipolla? Ho esagerato col peperoncino? Forse è salata... non sono mai stata brava col sale...

«È pazzesca!» chiosa lui, facendomi tornare a respirare. Non ho mai cucinato per nessuno, prima. Insomma, sì, ho preparato qualche panino a Letizia, un'insalata a mia madre, una volta... ma questa è stata la mia prima vera volta ai fornelli. Avrei voluto condividerla con Simone, ma lui è sempre così tanto impegnato a pranzo. Mi rabbuio leggermente pensando al mio ragazzo e Joseph, che sembra accorgersene all'istante, posa la forchetta, si pulisce le labbra carnose e mi osserva in silenzio. Ho capito che non gli piace entrare a gamba tesa nelle vite degli altri, ma è un osservatore attento, e il mio cambio d'umore è stato così lampante e repentino che chiunque se ne sarebbe accorto.

«Tutto bene?» sussurra dolcemente. Alzo lo sguardo, scontrandomi con i suoi occhi profondi. Mi rannicchio su me stessa, quasi a volermi proteggere da qualcosa che nemmeno io riesco a identificare. C'è il disagio di condividere il pasto con lui, di averlo dentro casa, di stare da soli per la prima volta. C'è la paura di una relazione che potrebbe distruggermi, di un ragazzo forse davvero troppo grande, come Letizia ripete abitualmente. E c'è una strana eccitazione nell'avere Joseph davanti, nel poter parlare con lui da sola, senza alcuna interferenza.

«Davvero pensi che Simone sia immaturo? Perché, insomma... io ho diciassette anni... dovrei essere io la bambina». Butta giù in un sorso un intero bicchiere d'acqua mentre, probabilmente, riflette sulle parole da usare. Sono un'estranea per lui, non sa come parlarmi, non sa quanto e come esprimersi, che parole usare.

«Sarah, era una battuta. Piccole'... non dargli peso. Dico un sacco di stronzate». Sorrido appena, storcendo un po' la bocca in una smorfia che lui rimane a fissare un po' troppo, forse, prima di distrarsi prendendo il cellulare dalla tasca.

«Non sembri uno che dice stronzate. Pesi sempre le parole... a volte troppo»

«Non mi conosci così bene da poterlo dire» afferma sicuro e io annuisco. Decido che mi sarei fatta andare bene quella risposta. Ha detto una stronzata. È così. Deve essere così.

«Questa cosa potrebbe creare casini?» Lo so, sono un'insicura cronica. Fin da bambina, prima di prendere una decisione di qualsiasi tipo, ho sempre chiesto consigli a chiunque. Su cosa indossare, su come pettinarmi, su quale gusto di gelato comprare. Sono un'istintiva a cui, poi, vengono mille dubbi. E oggi ho invitato a pranzo il migliore amico del mio ragazzo senza pensarci due volte, sul momento. E ora mi sto logorando.

«Cosa?» chiede lui confuso. Glielo spiego: il pranzo, noi due a casa da soli, i miei mille dubbi. Come l'avrebbe presa Simone? Come l'avrebbe presa Sofia, la sua ragazza? «Ma figurati», mi rassicura subito. «Simone non è geloso di natura. E poi si fida di te e si fida di me. Sei paranoica!»

«Sono piccola, lo dici sempre...»

«E sei logorroica. Mi piace questo tuo lato, con te non si sta mai in silenzio». Strizzo gli occhi. Mi sta forse prendendo in giro? È così difficile capirlo. Non lo conosco abbastanza da sapere se sia o meno una persona sarcastica e il suo viso, sempre impassibile, non aiuta affatto.

«Se vuoi stiamo in silenzio» ribatto quasi offesa. Lui ride appena, scuotendo il capo e chiedendomi un caffè.

«Puoi anche farlo parlando» mi schernisce ancora bonariamente. Metto su la caffettiera e mi fermo a guardarla, aspettando il liquido nero. Sono davvero logorroica. Mi piace parlare, intrattenere le persone. Ma, adesso, ogni parola sembra morirmi in gola. Non voglio che mi giudichi, non voglio confermargli quell'idea che ha di me di una bambina immatura. Inoltre, mi innervosisce. Un nervosismo nuovo, mai provato. Come se fossi in competizione con me stessa per dimostrargli che sono più di ciò che immagina. Voglio che mi apprezzi, in qualche modo. Joseph è schivo, sempre sulle sue, fuorviante nei modi e nelle espressioni, con quei suoi lineamenti dolci e i suoi sguardi impassibili.

«Pensi che io sia una ragazzina?» chiedo schietta, portando la caffettiera sul tavolo e prendendo due tazzine. Anche lui lo prende amaro, come me.

«No, in realtà no»

«Non sembra»

«E cosa sembra?» mi chiede tranquillo, sbuffando sul fumo che esce dalla tazzina davanti a lui. Faccio un respiro profondo, ponderando bene la risposta. Non voglio essere affrettata.

«A volte mi tratti come se avessi cinque anni.» Lo vedo sgranare gli occhi.

«Davvero?» annuisco a quella domanda e lui si sfrega leggermente il mento, pensieroso. «Scusami, non volevo darti quest'impressione. In realtà non lo penso»

Lo guardo, sperando aggiunga qualcosa, ma non sembra voler approfondire questo suo pensiero su di me. Forse è troppo presto, forse davvero non mi conosce così bene da potersi, o volersi, sbilanciare. In ogni caso, mi viene facile credergli. Non sembra uno che giudica, dopotutto, e non sembrava mentire mentre, pacatamente, mi spiegava che no, non mi reputa una bambina.

«Non dovresti dare così tanto peso a ciò che pensano gli altri» mi sussurra dopo un po', con quel suo tono tranquillo e apparentemente disinteressato alla vita. Lui è così, sempre monotonale. Che parli del tempo o di esistenzialismo, sembra sempre disinteressato a tutto. Eppure ha colto un lato di me che cerco di nascondere a chiunque. Non vado fiera delle mie insicurezze. Anzi, mi imbarazzano, mi paralizzano, influiscono negativamente su di me. Nemmeno Simone le conosce, non gliele ho mai mostrate. Eppure, Joseph le ha capite.

«Ti sembro una che dà peso a ciò che pensano gli altri?»

«Beh... sì», ammette sincero. «Spesso, quando siamo in gruppo, ti sfreghi le mani e tieni gli occhi bassi. Ci pensi su tanto, prima di dire cosa preferiresti fare. Ti tocchi i capelli, ti sistemi continuamente i vestiti addosso. Tiri fuori dalla borsa lo specchietto per vedere che tutto sia in ordine; vai a rimetterti il rossetto in bagno quasi ogni ora, nonostante sia sempre perfetto. Hai paura di dire la cosa sbagliata, hai paura di sembrare piccola o immatura, nonostante tu non lo sia affatto e nonostante, a diciassette anni, avresti ogni diritto di esserlo. Spesso ti rannicchi su te stessa, soprattutto quando incontriamo ragazze che non conosci e con cui Simone parla, tranquillo. Sembri gelosa e poco sicura del tuo aspetto. E, credimi, non devi esserlo, perché sei bellissima, sei intelligente, sei perspicace e ironica, sei...»

«Pensi davvero questo, di me?» chiedo, stupita, interrompendo quel suo flusso di coscienza. Sorride, mordendosi un po' il labbro inferiore.

«Vedi... fatichi a credere che ciò che ho detto sia vero... e questo è uno dei tuoi lati migliori. Sei tanta roba, e nemmeno te ne rendi conto»

«Mi stupisce come te ne sia reso conto tu» ammetto.

«Già... io...» inizia a balbettare e guarda di sfuggita l'orologio dietro di me. «Cavolo, è tardissimo» ammette, finendo il caffè in un sorso. Si alza in fretta, si avvicina, mi lascia un bacio al volo sulla guancia e corre via. E io rimango lì, a guardare la porta che si è chiuso alle spalle e a chiedermi cosa sia appena successo.

Non lo avevo mai visto così. Non era mai stato così, prima. Che significa tutto ciò?











Ed ecco qui, fresco fresco di rilettura, il secondo capitolo. Non credo pubblicherò sempre così spesso ma, almeno all'inizio, vorrei farvi entrare nella storia e creare (si spera) un po' di aspettativa.

Quindi niente, non mi dilungo oltre e, come al solito, spero vi piaccia.

Stelline e commenti sono sempre ben accetti <3

Sai di nuvola // HoldarahDove le storie prendono vita. Scoprilo ora