JOSEPH
«Jo, se non fermi immediatamente quella gamba, te la taglio giuro» sussurra Alice minatoria, mentre il professore in sottofondo spiega qualcosa che non riesco a seguire. Torna poi a concentrarsi sulla lezione, continuando a prendere appunti che sa serviranno anche a me.
«Sarah è strana» rispondo. «È tesa da giorni, quando le chiedo che succede non risponde e anche nei messaggi è criptica»
«Magari ha il ciclo»
«Ma smettila! Non è mai stata così, c'è qualcosa che non va» dico convinto.
«Già... ora capisci che significa stare con una persona che non parla» sembra quasi soddisfatta.
«Vuoi aiutarmi o devi fare la stronza?» mi lamento. Alza gli occhi al cielo e sospira.
«Non mi pare di averti offerto il mio aiuto, adesso. Questa lezione è importante, e i miei appunti ti aiuteranno» mi sgrida. «E comunque, se sei preoccupato, vai da lei. Non è difficile convincerla a parlare, stalle vicino» aggiunge, spronandomi. Io prendo alla lettera le sue parole e, sotto il suo sguardo confuso, lascio l'aula.
Sono paranoico; lo sono sempre stato, fin da bambino. Ingigantisco ogni situazione, mi scervello su una parola buttata per caso, penso e ripenso a ciò che mi succede intorno. E sto sicuramente dando peso al nulla, quando la realtà sarà più semplice di come la immagino. Razionalmente so che è così, che non c'è niente. Potrebbe essere nervosa per la scuola, per la maturità, per qualche problema con i compagni. Me ne avrebbe parlato subito? Sì, ma non posso darlo per scontato. E comunque le cose tra noi vanno bene. Dall'incontro con i miei, dalla cena con i suoi e Adele, le cose sono andate sempre meglio. Fino a due giorni fa, quando si è chiusa in se stessa.
«Ehi, Romeo». No, lui adesso no. «Dov'è la tua Giulietta? Si è ripresa da Capodanno?» Appena Simone nomina Capodanno, mi volto e gli do l'attenzione che reclama.
È passato quasi un mese da Capodanno, ormai nemmeno ci pensavo più.
«Che vuoi, Simo? Non ho tempo» dico annoiato. Lui alza le spalle e si accende una sigaretta.
«Fossi in te lo troverei, il tempo» risponde, criptico.
Oggi a Roma c'è il sole. Pallido e freddo, ma è comunque sole. Fastidioso e pungente, quasi quanto lo sguardo acido e divertito di Simone.
«Dimmi, ti ascolto» cedo alla fine, purché si sbrighi. Vorrei solo spaccargli la faccia per far scomparire quel ghigno viscido dal suo viso, ma mi trattengo, stringendo i pugni e provando a respirare. Il cortile è quasi vuoto, sono tutti a lezione.
Simone si allontana un po', invitandomi a seguirlo verso un muretto su cui presto si siede. Rimango in piedi, guardandolo a braccia conserte. «Allora?» ripeto.
«Ricordi la mia ultima promessa?» chiede, buttando a terra la sigaretta. La raccolgo, e la infilo nel mio portacenere portatile, quello che piace tanto a Sarah. Scuoto poi il capo.
«No, cosa?»
«Che me la sarei ripresa...»
«Ah sì, quando mi hai parlato di lei come fosse un pacco postale. Senti Simo, sul serio, non ho tempo per i tuoi deliri» e riprendo a camminare verso l'uscita.
«Me la sono scopata a Capodanno» mi urla dietro, frenando la mia marcia. Il respiro viene meno e potrei svenire da un momento all'altro. Mi giro e torno indietro.
«Che hai detto?»
«Che me la sono scopata a Capodanno»
«Non è vero» sussurro.