JOSEPH
Apro gli occhi, frastornato e infastidito dal rumore del televisore. Cerco di arrivare al telecomando senza muovermi troppo, per non svegliare Sarah, che dorme profondamente sul mio petto. Quando la sento mugugnare, capisco di aver fallito.
«Scusa» sussurro, spegnendo la tv e lasciando la stanza illuminata solo dalla lucina sulla scrivania.
«Cavolo, mi sono addormentata. Volevo vederlo» si lamenta col musino corrucciato. Sorrido, lasciandole un bacio tra i capelli.
«Lo recuperiamo domani» la tranquillizzo. Si stiracchia un po', alzandosi con la schiena per arrivare alla bottiglia d'acqua alla sua destra. La guardo e quasi non mi sembra vero, ancora. Come uno di quei sogni così vividi da sembrare reali. Uno di quei sogni che vivi e poi ricordi, ma da cui inevitabilmente ti svegli. Io vivo con la costante paura di svegliarmi.
«Che hai?» sussurra, scrutandomi nella penombra. Butto un occhio alla sveglia anni '90 che campeggia sulla libreria. Sono le tre e quaranta di notte.
«Niente... a volte non mi sembra ancora vero» spiego, suscitando in lei una risatina comprensiva.
«Ti capisco... capita anche a me»
«E come fai a capire che è reale?» Alza le spalle e mi dà un pizzicotto. «Ahia» urlicchio, facendola ridere ancora mentre mi chiude la bocca con una mano, ammonendomi per il rumore.
«Alice e Azzurra dormono, non svegliarle. E, comunque, faccio così: mi do un pizzicotto e sorrido perché è tutto vero, sono sveglia» spiega. La tiro dolcemente verso di me e lei si accoccola bene, portandosi il piumone fino al naso.
«Hai freddo? Se vuoi accendo la stufetta»
«No, tranquillo, sto benissimo». È la prima notte che passiamo insieme. Quando gliel'ho proposto, la mia era più una domanda buttata lì per caso, certo che non avrebbe detto sì. Non ancora, almeno. Lei invece ha subito acconsentito, entusiasta ed eccitata per quest'ennesima, nuova esperienza. Il fatto che non abbia mai dormito con Simone mi fa gongolare. Non per gelosia, che non soffro per niente. Tutti abbiamo un passato e a me poco importa. Credo nel presente, vivo nel presente e quel che è stato non mi condiziona. Ho subito per anni il pregiudizio per un passato non mio, che non mi sono scelto, e non voglio commettere gli stessi errori che troppe persone hanno commesso con me. No, non è gelosia, è più la consapevolezza che abbia voluto farlo con me. Che abbia scelto, per dormire, il mio petto come cuscino, il mio cuore come sottofondo.
«A che pensi?» chiedo mentre la sento giocare con le mie mani.
«A niente... che sto bene... non pensavo si dormisse così bene con qualcuno accanto» sospira in un sorriso.
«Dipende» borbotto, «non è sempre bello». Annuisce guardandomi negli occhi e, come al solito, evita ogni domanda. So che vorrebbe sapere di più, so che vorrebbe chiedere, eppure rimane sempre nel suo spazio, senza invadere mai il mio. Rispetta ogni mio tempo, nonostante a volte sia snervante. Io sono snervante, con i miei silenzi, le mie frasi a metà. Lei è l'esatto opposto di me; è logorroica, parla di tutto, racconta ogni dettaglio di ogni sua giornata. Senza dubbio ci compensiamo ma so che, spesso, vorrebbe che anche io condividesse tanto quanto condivide lei.
«Vorrei che anche i miei provassero questa sensazione» confessa. È così brava a cambiare argomento con naturalezza, che riesce a non far sentire sbagliati i miei silenzi.
«Tua madre non ha più avuto relazioni?»
«Ma che... dice che ormai quel treno è passato. Credo abbia avventure, più che altro, di tanto in tanto. A volte esce, va a ballare, non torna a dormire. Capita di rado, ma capita...»
«Pensi non voglia una relazione seria? Qualcuno con cui condividere altro, e non solo sesso...»
«Credo sia rimasta troppo scottata. Entrambi sono rimasti scottati, e hanno reagito in maniera opposta. Mio padre cambia ragazza una volta al mese, più o meno; mia madre non fa avvicinare un uomo nemmeno sotto tortura. A te non sembrano due persone terribilmente sole?» Mi mordicchio un po' il labbro, decidendo come rispondere. So che questo discorso vuole portare ad altro e, dandole un piccolo via, non potrei riuscire a contenerla.
«Non li conosco così bene» mi limito a dire.
«Oh, andiamo! Ci hai messo cinque minuti a capire me, o Letizia, e adesso vuoi farti reggere per non sbilanciarti sui miei?» Mi guarda quasi offesa. Sospiro sconfitto.
«Che vuoi che ti dica?»
«Quello che hai visto a cena». Bevo un generoso sorso d'acqua, sotto lo sguardo attento e un po' minaccioso di Sarah, che mi intima in silenzio di muovermi.
«Non lo so cosa ho visto... due persone che si vogliono bene, sicuramente. Non ho abbastanza informazioni per sbilanciarmi di più». Io capisco cosa intende lei. Ho visto come si sono stretti l'uno all'altra, ho visto gli sguardi, la complicità, l'attenzione che si sono rivolti tutta la sera. Ho visto tutto ciò di cui parla Sarah.
«Voglio farli tornare insieme» chiosa sicura.
«Vuoi davvero metterti in mezzo in questa cosa?»
«Non è tipo un dovere morale aiutare le persone a cui vogliamo bene?»
«Non lo so, Sa'... cioè sì, sulla carta sì... ma a volte anche rimanere in disparte aiuta... potresti starci male tu, far arrabbiare loro...»
«Te l'ho già detto, non voglio farli tornare insieme per una mia infantile pretesa. Se li vedessi bene separati, non direi nulla, davvero. Ci sono cresciuta, con loro due separati, la cosa non mi tange»
«Davvero? Dentro di te non c'è nemmeno una piccola parte della Sarah bambina che sogna i genitori insieme, innamorati e felici?» Sbuffa e incrocia le braccia al petto in un gesto così buffo che mi fa involontariamente sorridere, aumentando il suo broncio. «Non dico che sia sbagliato», mi affretto ad aggiungere, «o strano. Solo che potrebbe farti soffrire»
«E se ti promettessi che non ci rimarrò male se non dovesse andare?» Ridacchio un po' sconfitto.
«Mica lo decidi tu»
«Sì, ok, ma tanto... voglio dire... male che va non cambia niente»
«Non riuscirò a farti cambiare idea, vero?» chiedo, un po' divertito dalla sua euforia.
«No... ci proverei da sola, se non volessi aiutarmi» sentenzia, con finta indifferenza. Sbuffo, più per l'influenza che ha su di me, che per il piano-non piano che la sua mente sta macchinando, e annuisco.
«E va bene! Ma senza troppi danni e senza esagerare» accordo.
«Ah!» Strozza un urlo e mi salta in braccio, facendo cigolare pericolosamente questo letto vecchio e sgangherato che ci ospita. La sua gioia incontrollata, mista al sonno e all'euforia, mi travolge e io mi lascio andare completamente al suo tocco delicato e impetuoso, come quello di un onda in piena estate.