JOSEPH
Se due mesi fa mi avessero chiesto "Cosa fai a Natale?" avrei alzato le spalle noncurante, immaginando la notte della vigilia da solo a casa, con un panino e una birra. Quello è stato per anni il mio Natale. Quando Azzurra partiva per l'Umbria, verso la famiglia, e Alice andava con lei, io preferivo starmene per conto mio. Negli ultimi anni, mi è sempre piaciuto il Natale. Da bambino no, mai, odiavo quell'atmosfera gioiosa. Odiavo i bambini sognanti che aspettavano i regali, le famiglie riunite, le canzoni tipiche. Con Alice e Azzurra nella mia vita, anche l'atmosfera è cambiata. Eppure, il giorno della vigilia, così come il venticinque, li ricordo sempre solitari.
Se due mesi fa mi avessero chiesto "Cosa fai a Natale?" non avrei di certo risposto "Lo passerò con Sarah". Eppure eccomi qui, seduto sul suo divano, con un bicchiere di prosecco in mano, a parlare con il padre, mentre lei e la madre finiscono di prepararsi.
Abbiamo cucinato tutti e quattro insieme. Sono qui da stamattina. Sono arrivato presto, perché Monica è stata categorica. "Chi non cucina non mangia" ci ha minacciati, e noi non ce lo siamo fatti ripetere due volte. A pranzo abbiamo spizzicato qua e là, senza mai perdere la concentrazione sul grande cenone.
Siamo solo noi quattro, eppure a me sembra il Natale più affollato e felice di sempre.
«Eccoci!» Le due donne spuntano dalla zona notte e, vedendo Sarah, rimango senza fiato. È sempre bellissima. Ormai ho imparato a respirare vedendola, a non farmi mozzare il fiato da ogni suo sorriso. Ma stasera brilla di una luce che mai le avevo visto negli occhi.
«Ti sei incantato?» ridacchia venendo verso di me per lasciarmi un bacio.
«Sei bellissima» ammetto e lei arrossisce visibilmente.
Noto sguardi complici anche tra Monica e Vittorio. Lui vorrebbe dirle qualcosa che trattiene sulla punta della lingua. Lei, capendo quel suo silenzio, annuisce in modo impercettibile, senza mai distogliere lo sguardo da quello di lui.
«Avete apparecchiato» sussurra Monica, quasi commossa.
«Non ci sono ospiti in questa casa, no?» dico, ricordando una frase che mi disse Sarah prima della cena per presentarmi il padre. Lei sorride fiera, tronfia di quel mio ricordo.
Raggiungiamo la tavola, un'esplosione di rosso e oro perfettamente abbinata col resto delle decorazioni in casa, e ci sediamo. Vittorio apre una bottiglia di vino bianco, tenuta in frigo per l'occasione, e ne versa un po' a tutti.
«Un brindisi a questa splendida famiglia» dice alzando il calice. Monica lo guarda adorante e, più la osservo, più capisco ciò che ha sempre visto Sarah e che io fingevo di non notare. I loro occhi si accendono, quando si incontrano.
La cena procede tranquilla, con più di una pausa tra una portata e l'altra. In attesa del secondo, esco in giardino con Vittorio per una sigaretta digestiva.
«Le tue capesante erano squisite» esordisce lui, alimentando il mio ego.
«Una delle poche cose che mi riesce» fingo modestia.
«Insomma... l'hai capito?» Lo scruto un po', per accertarmi che mi stia chiedendo ciò che penso. Mi rivolge un sorrisetto eloquente ed io annuisco.
«Sì... da un po', in effetti»
«E lo hai anche detto a Sarah?» Scuoto il capo con decisione.
«Non spetta a me» mi limito a dire.
«Sei un bravo ragazzo» afferma sicuro, dandomi una decisa pacca sulla spalla che apprezzo. Ero timoroso, all'inizio. Vittorio mi metteva in soggezione, l'idea di conoscerlo mi paralizzava. La verità, dopo settimane di conoscenza, è che siamo più simili di quanto pensassi. Siamo affini, spesso complici. Abbiamo caratteri che facilmente vanno d'accordo. E credo mi apprezzi, vicino alla figlia. Nonostante sia comunque ancora la sua bambina e, quando capita di baciarci davanti a lui, qualche sguardo torvo me lo becco.
***
«Allora, prima di buttarci sui regali, c'è qualcosa che devi sapere». Monica sorride a Sarah, che la guarda confusa.
«Devo preoccuparmi?» chiede agitata. Sorrido appena, prendendole una mano per tranquillizzarla. «Sai qualcosa?» chiede poi a me, che mi limito a stringermi nelle spalle. Non voglio mentirle, ma non voglio nemmeno rovinare il momento. Lei mi guarda truce, e poi torna sulla madre.
«Ecco...» inizia, bevendo poi d'un fiato tutto il bicchiere di vino che aveva davanti. Anche Vittorio sorride, vedendola, e si alza per andare in suo soccorso. Le mette un braccio intorno alle spalle, con una nonchalance che prima o poi dovrà insegnarmi.
Sarah continua ad essere confusa e io davvero mi chiedo se sia così ingenua o se questo sia solo un suo modo per non fantasticare.
Sogna i genitori insieme da anni. Dice che è per loro, ma io so che nel suo cuore vorrebbe solo la famiglia davvero riunita. Quale figlio non lo sogna? Ultimamente, dopo il piano dell'otto dicembre che, a sua insaputa, è andato strepitosamente bene, pensava di doverci mettere una pietra sopra. Nelle ultime settimane, pensando di aver fallito, non ne ha più parlato. E questo suo ignorare i segnali, credo sia una sorta di autodifesa.
«Siamo tornati insieme» urla Monica. Sarah sgrana gli occhi, come se un petardo le fosse esploso accanto. Ci mette qualche secondo a metabolizzare, a capire le parole della madre.
«Non sei contenta?» chiede Vittorio.
«No... aspettate... cosa?» Ora è Sarah a urlare, stringendomi ancora di più la mano. «Come? Da quando? Perché non me l'avete detto prima? Ti vedevo strana, pensavo stessi uscendo con qualcuno»
«Infatti sto uscendo con qualcuno» dice Monica, ovvia.
«Sì, intendo con qualcun altro, non con lui»
«Non ti va bene?» Monica appare intimorita e i dieci secondi di silenzio che seguono a questa domanda, fanno scendere intorno a noi un gelo quasi imbarazzante. Gli occhi viaggiano veloci, tutti alla ricerca di qualche appiglio per comprendere il momento.
«Ma certo che mi va bene». Finalmente Sarah esplode di gioia, alzandosi come una molla dalla sedia e buttandosi tra le braccia dei genitori. «Voglio sapere tutto» mugugna, quasi in lacrime.
«Sì, beh... c'è poco da sapere. Ci stiamo rivedendo dall'otto dicembre»
«Il mio piano ha funzionato» esclama soddisfatta.
«Ora non esaltarti» la redarguisce subito la madre. «Questa è una prova. Nessuno dei due sa come andrà, ci stiamo andando con i piedi di piombo e, per favore, prova a fare lo stesso». Sarah annuisce, e Monica si fa andare bene quel gesto di assenso. Conosce la figlia, sa quanto non sia brava ad andarci con i piedi di piombo ma sa gestirla.
«E papà tornerà qui?» Cosa dicevamo dell'andarci piano?
«Sarah!» urlano Monica e Vittorio insieme.
«Ok, ok» alza subito le mani in segno di resa. «Piedi di piombo»
«No, ovolina» riprende Vittorio. «Per ora no... aspettiamo ancora un po', non c'è fretta...»
«Tu lo sapevi» e questa volta la sua non è una domanda. Alzo le spalle.
«Diciamo che qualcosa avevo capito» ammetto.
«E perché non me lo hai detto?»
«Perché non erano affari miei e perché questo momento è stato troppo bello, non lo avrei mai rovinato». Alle mie parole si scioglie un po', mi stringe da dietro e mi lascia un bacio sulla tempia.
«Grazie» mi sussurra all'orecchio, perdendosi poi a guardare i genitori, stretti l'uno all'altra mentre si avvicinano all'albero di Natale, pronti per i regali.