JOSEPH
Quando apro gli occhi, sono le sette del mattino. Sorrido tra me, rendendomi conto di aver dormito come un sasso, senza incubi o risvegli notturni. Non mi succedeva da anni. Pensandoci, non ricordo davvero un sonno tranquillo e senza interruzioni. Mi stropiccio gli occhi, prendo il cellulare e mando un messaggio a Sarah.
Ieri, alla fine, siamo stati insieme tutto il giorno. Azzurra mi ha detto di non preoccuparmi, che in libreria c'era poco via vai e che non serviva la mia presenza. Ho anche saltato una lezione, promettendo ad Alice che le avrei spiegato tutto, quando mi ha scritto allarmata.
Ho preparato a Sarah uno dei miei piatti forte, l'unico probabilmente: la mia tanto lodata amatriciana. Abbiamo pranzato, abbiamo lavato i piatti insieme. Quando la mamma è tornata e ci ha visti, ha sorriso, non riuscendo a nascondere la contentezza. Ci ha abbracciati e poi è sparita in camera, senza invadenza. Noi siamo usciti poco dopo e ho deciso di portarla sulla stessa spiaggia dove ci siamo conosciuti. Siamo rimasti lì fino a tardi, accoccolati mentre il freddo ci avvolgeva. Non lo sentivamo nemmeno, tanto stavamo bene.
L'ho riportata a casa e quando sono rientrato nella mia, che da anni divido con Zazi e Ali, le due già dormivano. Avrei voluto svegliarle, ma mi avrebbero odiato e, forse, picchiato, quindi ho rimandato ogni racconto.
Esco dalla mia stanza canticchiando e sento la casa già sveglia. Alice è in bagno, come mi suggerisce lo scorrere dell'acqua e la musica a tutto volume. Azzurra, invece, è ai fornelli, a prepararle il pranzo. Lo fa ogni giorno. Non perché Alice glielo chieda, credo sia più che altro un gesto d'amore. Alice è la più imbranata dei tre in cucina, fosse per lei mangerebbe solo tonno in scatola e crackers integrali. Azzurra ha lavorato anni per farle prendere giuste abitudini alimentari.
«Che ti è successo?» mi chiede, quando apro il frigorifero in cerca del latte.
«In che senso?» ribatto confuso, arcuando appena un sopracciglio.
«Stai cantando» risponde ovvia.
«Chi canta?» chiede Alice, raggiungendoci anche lei e sedendosi su uno degli sgabelli intorno alla mini isola che campeggia nella nostra cucina.
«Joseph» risponde Azzurra, facendole strabuzzare gli occhi. Ridacchio e mi attacco al cartone del latte, guadagnandomi un'occhiataccia da entrambe.
«È pochissimo, lo finisco» mi giustifico.
«Non tergiversare e racconta» mi minacciano. Ridacchio ancora, mi pulisco la bocca con un foglio di scottex e mi siedo, con loro due di fronte che mi scrutano come i professori a un esame.
«Stiamo insieme» dico semplicemente. La loro reazione è simile a quella di due tifose quando la squadra del cuore fa gol al novantesimo. Gridano, saltano, mi abbracciano. «È stato tutto inaspettato. Pensavo volesse dirmi di rimanere amici» continuo.
«Perché lo pensavi?» Alzo le spalle, chiudendo la sigaretta e accendendomela.
«Perché pensavo fosse innamorata di Simone» dico semplicemente, raccontando poi tutto quello che ci siamo detti ieri, senza tralasciare nulla.
«Solo tu potevi davvero credere che fosse innamorata di Simone», quasi mi schernisce Alice. «E attento, non dico che l'abbia preso in giro. Lei probabilmente davvero lo pensava, ma era una sciocca infatuazione. Se a diciassette anni, un tipo come Simone ti dà corda, fai di tutto per convincere te stessa di amarlo»
«E tu non hai mai fatto nulla per farle capire che ci fosse di meglio» le dà manforte Azzurra.
«Che avrei dovuto fare?» chiedo sulla difensiva.
«Niente, in realtà» mi tranquillizzano in coro, «è andata bene così». Annuisco perché sì, è andata bene così. Siamo entrambi arrivati naturalmente a una consapevolezza che probabilmente, l'avessimo forzata, non sarebbe mai giunta. Non in questo modo, non così necessaria. Ci siamo guardati negli occhi, ci siamo capiti, abbiamo parlato a cuore aperto senza frasi non dette o emozioni nascoste. E tutto è andato al posto giusto.
***
«Ehi lavoratore! Sei solo?» Sarah entra in libreria sorridente, lasciando lo zaino dietro la cassa e avvicinandosi a me. Mi lascia un bacio sfiorato, che io approfondisco, dopo ore di lontananza che mi sono sembrare ingestibili e soffocanti.
«Ma ciao» le sussurro, ancora attaccato a lei, mentre mi beo del profumo dolce e agrumato che la contraddistingue. «Azzurra ha fatto mattina, torna per la chiusura» spiego e lei annuisce, porgendomi una bustina bianca. La apro e, come qualche settimana fa, dentro ci trovo due tramezzini. Questa volta già divisi.
«Metà per uno, no?» chiede retorica, prendendo la sua porzione. È affamata, glielo leggo negli occhi.
«Com'è andata la giornata?» Mugugna con la bocca piena e, prima di rispondere, beve metà bottiglietta d'acqua.
«Scuola la solita noia, abbiamo avuto tre ore di greco, immagina l'euforia»
«Ti mancherà quando comincerai l'università» dico e lei alza gli occhi al cielo.
«Greco sicuramente no» ribatte sicura. «Ho anche discusso con Letizia. Ancora» aggiunge sfinita. Non ne parla molto, di questa lite con Letizia, eppure credo ne soffra parecchio. A parole dice che non le importa, che le cose sono andate come dovevano andare, che era un'amicizia andata avanti per inerzia e destinata a finire. Tuttavia, sembra che quelle parole, dette con tanta sicurezza, non rispecchino le silenziose parole dei suoi occhi.
«Come mai?» chiedo curioso.
«Per l'ennesima volta ho fatto un passo verso di lei, provando ad essere quella matura, una delle due dovrà pur esserlo... sono andata da lei e le ho detto di noi. Non che dovessi giustificarmi ma, insomma, al contrario avrei voluto saperlo»
«L'ha presa male?» Ridacchia.
«Male non rende l'idea. Ha cominciato a urlare, a darmi della troia, a dirmi che sono una persona di merda, che lei non si sarebbe mai messa con il ragazzo di cui ero innamorata...» Ora sono io a ridere, di gusto. Letizia innamorata di me in quale universo? Abbiamo parlato sì e no due volte.
«Ma se nemmeno mi conosce»
«Esatto! Le ho detto di smetterla di fare la bambina, che è una viziata immatura, che si è presa una stupida cotta per uno con cui non ha nemmeno mai parlato e che dare della troia a quella che, fino a una settimana fa, considerava la sua migliore amica la qualifica per ciò che è, e sono andata via»
«E ora?» Scuote il capo, arricciando appena il naso in un'espressione che la rende tenerissima.
«Ora cosa?» Torno in me, provando a non imbambolarmi ogni volta che la guardo per più di due secondi, e provo a concentrarmi sulla questione Letizia.
«Che vuoi fare? Con lei, intendo»
«Nulla, che dovrei fare? Ci ho provato in tutti i modi, ma non credo valga i miei sforzi. In diciotto anni non abbiamo mai avuto problemi semplicemente perché l'ho sempre assecondata, nonostante ciò che dice lei. Non mi farò insultare ancora solo per salvare qualcosa morto da tempo... i legami finiscono, anche quelli che sembrano più solidi»
Mi avvicino a lei, le pulisco un po' di maionese all'angolo della bocca e le do un bacio dolce e sussurrato. «E questo? Per cos'è?»
«Nulla... mi andava di baciarti». Si mordicchia un po' il labbro superiore e poi mi imita, lasciandomi anche lei un bacio che sa di maionese e burro cacao al miele. «Sei molto saggia, comunque...» affermo, una volta staccati.
«Nah... tutta scena... vedrai quanto poco sono saggia alla prima discussione» quasi mi minaccia. Non mi intimorisce, comunque. Voglio conoscere ogni aspetto di lei, perché so che amerò ogni suo lato, anche il peggiore.
«Dovremmo andare da Adele, uno di questi giorni»
«Dalla nostra prima fan» ridacchia.
«Le prime sono Alice e Azzurra... non hai idea della reazione stamattina quando ho raccontato loro di ieri... la nostra cucina sembrava uno stadio» e le racconto tutto, tra una risata sguaiata e un po' di divertito stupore.