SARAH
«Avrei dovuto accettarlo prima, questo invito a pranzo» esclama Simone con la bocca piena, mentre si riempie il piatto per la terza volta. Io sforzo un sorriso, mentre finisco la mia porzione, giocando più che altro con la forchetta nel piatto.
Quando l'ho visto fuori scuola, mi ero immaginata l'ennesima discussione. Poi, avevo pensato lo avesse contattato Letizia. In ultimo, che volesse scusarsi con me per la sua molto affettuosa amica e per non essersi più fatto vivo.
Nulla di tutto ciò. Niente di niente. Come se gli ultimi giorni non fossero nemmeno esistiti, mi ha baciata, mi ha abbracciata, mi ha portata a casa e, da circa due ore, continua a parlare del più e del meno.
Fin da bambina, mi è sempre stato insegnato che i problemi vanno affrontati. Che la parola è il mezzo più potente che abbiamo per risolverli. Che tenersi tutto dentro è controproducente.
Mi alzo da tavola, mettendo il mio piatto nel lavello. Apro l'acqua, che subito richiudo. Lo laverò dopo. Anche lui ha finito, così metto su il caffè.
«Insomma, Denise...» azzardo senza guardarlo. Voglio sapere chi è, che fa, perché sono così in sintonia.
«Cosa?»
«La conosci da tanto?»
«Dal primo anno. È solo una compagna di corso» minimizza alzandosi e venendo verso di me. Sento i suoi passi trascinati e sento le sue mani stringermi i fianchi da dietro. Rimango sulle mie, continuando a fissare la moka che brontola. «Vuoi davvero parlare di lei?» sussurra, baciandomi il collo.
«Sì, in realtà» esclamo dura, allontanandolo. «Vorrei capire perché una "compagna di corso" ti salta addosso come se fossi il suo ragazzo». Sbuffa pizzicandosi il naso con fare esasperato. Lui è quello esasperato?
«È una persona molto fisica. Tu non li abbracci i tuoi amici?»
«No, in effetti» ribatto adirata, mentre spengo il fornello e porto la moka sul tavolo aspettando che il caffè esca del tutto prima di versarlo.
«Perché vuoi litigare? Sono venuto per stare un po' insieme, da soli... dopo gli ultimi giorni ci meritiamo un po' di calma, non credi?»
Mi mordo il labbro e sprofondo sulla sedia. Lui da dietro comincia a massaggiarmi il collo e io, presa da quel tocco seducente, mi lascio andare e mi rilasso. Forse ha ragione. Sto entrando in paranoia per qualcosa di totalmente innocuo. È solo una sua amica. Anche io abbraccio i miei amici. Non in quel modo, magari, ma li abbraccio. A volte. Se capita.
«Hai ragione... scusa... è che stavamo discutendo, poi è arrivata lei e tu mi hai completamente ignorata»
«Ero nervoso, te l'ho detto». Annuisco alle sue parole e, ignorando il caffè, mi lascio guidare da lui che mi prende per mano e mi trascina verso il divano. Si siede e, come ieri sul quel muretto, mi attira a sé. Questa volta non lo respingo. Assecondo la sua richiesta, sedendomi sulle sue gambe.
Riprende a baciarmi sul collo mentre le sue mani viaggiano lente sulle mie gambe. Mi irrigidisco, ripensando all'ultima volta che ci siamo ritrovati in una situazione simile. Provo a scacciare via quel pensiero, ma le immagini di quel sabato sera sono vivide nella mia mente. Così reali da farmi male.
Lui non sembra accorgersene. Non sente la mia rigidità, il mio respiro corto e le mie mani che tremano. Continua a toccarmi, sale lungo il profilo del mio corpo fino a sfiorare il bordo superiore dei jeans. Mi massaggia i fianchi e, gradualmente, comincia a salire, facendosi spazio sotto la mia maglia.
È quando mi sfiora il reggiseno che, in un impeto di lucidità, riesco a scansarlo e a togliermi dalle sue gambe. Mi guarda basito, prima di strofinarsi il viso con entrambe le mani.
«Si può sapere che hai?» mi chiede nervoso.
«Lo sai che non sono pronta» ribatto, sistemando il reggiseno che mi aveva spostato. Lui strabuzza gli occhi e si morde nervosamente il labbro.
«Sarah, sono quattro mesi»
«E allora?» chiedo infastidita. Lui si alza, provando a respirare per calmarsi. Percepisco tutto il suo nervosismo, mentre cammina spedito in tutto il salotto. Lo guardo e, di nuovo, non riconosco il ragazzo che ho amato per quattro mesi.
A volte penso di essere esagerata io. Per molti miei coetanei, il sesso è una cosa come un'altra, niente di che. Tutte le mie amiche lo hanno già fatto, e vivono la loro sessualità con estrema tranquillità.
Io, al contrario, ho sempre fantasticato sulla mia prima volta. Un posto speciale, preparato nei minimi dettagli. Candele sparse, magari qualche petalo di rosa, un incenso leggero. Musica di sottofondo che ci avvolge e ci accompagna verso quel passo per me importante.
Non ho mai fantasticato sul matrimonio, sui figli, su una futura famiglia. Ma su questo... beh, questo ha accompagnato i miei sogni per anni e continua a farlo. Il ragazzo perfetto, nel momento perfetto.
Non è questo il momento perfetto. A casa mia, sul divano dove di solito guardo film con mia madre, in un comune pomeriggio di novembre. Non è così che l'ho sempre sognata, la mia prima volta, e non voglio rinunciarci.
E forse, oltre a non essere il momento perfetto, non è nemmeno il ragazzo perfetto. Sono convinta di amare Simone, sono convinta di voler stare con lui, ma se penso a tutte le volte che ho immaginato la mia prima volta, non ci vedo mai Simone.
«E allora?!» ribatte lui a muso duro.
«Sì, e allora?»
«E allora sono quattro mesi che non scopo, hai idea di cosa significhi?»
«No, in effetti»
«È questo il tuo problema. Ti ho aspettata, ho rispettato i tuoi tempi, non ti ho mai chiesto nulla. Per una volta che ti chiedo di sbloccarti mi tratti come un maniaco»
«Pensi che farmi queste pressioni dopo quattro mesi sia rispettarmi?»
«Hai quasi diciotto anni, Sa', non dodici. Devi svegliarti»
«E perché dovrei? C'è un'età per scopare? Se non lo faccio entro i diciotto sono una sfigata?»
«Sei hai un ragazzo da mesi e non riesci a sbloccarti, un po' sfigata lo sei. Non piangere se vado a cercare altrove» sbraita, prendendo dall'attaccapanni il giubbotto e uscendo in fretta di casa.
Fosse successo qualche settimana fa, avrei reagito piangendo. O, forse, lo avrei semplicemente assecondato. Non avrei saputo difendere me stessa e le mie idee. La paura di perderlo mi avrebbe portata ad accontentarlo, pur di tenerlo con me. Poi nella mia vita è arrivato Joseph. I suoi discorsi, i suoi silenzi, il suo supporto. Poche parole, sempre efficaci.
Mi sta insegnando a credere in me, a mettere me stessa davanti a tutti. Grazie a lui, sto capendo quanto il mio punto di vista sia importante. Anche io ho potere, in questa relazione. Perché ci sono dentro anche io, come Simone. Posso scegliere cosa fare e come farlo. Posso scegliere di fare sesso o di non farlo. Se per Simo la relazione è solo sesso, allora non è adatto a me. Se non riesce ad aspettarmi, allora non è adatto a me. Se dopo appena quattro mesi, non riesce più a controllarsi, allora non è adatto a me. Non sono una bambola gonfiabile, non sono il suo svuota palle. Sono una persona; sono la persona che dice di amare, e pretendo rispetto. Se non è disposto a rispettarmi, allora può finire qua.