JOSEPH
«Sei agitato?» mi chiede Monica mentre, seduti sul divano, aspettiamo che Sarah finisca di prepararsi e che arrivi Vittorio. Deglutisco a fatica, provando a nascondere il mio reale stato d'animo. L'agitazione è arrivata all'improvviso, come un temporale estivo, e spero passi con la stessa velocità.
«Non so che aspettarmi» ammetto e lei sorride, confortante e comprensiva.
«Vittorio è uno molto tranquillo. E poi, praticamente già ti conosce»
«Sì, Sarah mi ha accennato qualcosa. Ma sai, io non sono proprio il mago delle prime impressioni».
«A me sei piaciuto subito» mi conforta. Annuisco grato, ringraziandola silenziosamente, senza capire realmente il motivo di questa sua propensione nei miei confronti.
«Perché?» Alza le spalle, grattandosi un po' il mento.
«Non lo so, in effetti... mi sembri vero, senza troppi fronzoli, senza grilli per la testa. Il classico bravo ragazzo che ogni madre vorrebbe per la figlia»
«E se mi rivelassi tutto il contrario?»
«Nascondi un cadavere in cantina?» ridacchia, facendo sciogliere anche me che, improvvisamente, riesco a respirare in maniera regolare e a sedermi meglio sul divano.
«No, nessun cadavere...» rispondo alla battuta, «ma ho paura di sbagliare... non sono perfetto»
«Nessuno lo pretende, nemmeno Sarah»
«Io un po' lo pretendo, da me stesso... vorrei essere più aperto alle persone, più gioviale, più bravo con le parole»
«Sarah dice che parlate tanto...»
«Sì, ed è vero... ma io non sono solo quello. A volte mi chiudo, e tengo il mondo fuori» provo a spiegare quando il suono squillante del citofono ci fa zillare, interrompendo la conversazione a metà. Lascio che Monica vada ad aprire, rimanendo in disparte.
Il padre di Sarah le somiglia poco. Lei è identica alla madre, nei tratti e nei colori, eppure riconosco, sul viso di quell'uomo non troppo più grande di me, lo stesso sorriso furbo e gli stessi occhi vispi della figlia.
Guardo i due salutarsi con un abbraccio familiare. Lui la stringe, respirando tutto il suo profumo a pieni polmoni e indugiando un po' col naso tra i capelli sciolti di lei, che lo lascia fare, ricambiando la stretta. Non so come sia l'amore tra due genitori. Tra i miei non l'ho mai visto, e l'unica coppia che ho avuto davanti per anni, sono stati i genitori di Simone: due persone distratte, egocentriche e per niente in sintonia.
Tra Monica e Vittorio, invece, quell'amore lo percepisco. Vedo il sorriso di entrambi, mentre si stringono. Vedo gli occhi sognanti di lui e la gentile accoglienza di lei, che nasconde un affetto profondo e maturo. Sarah mi ha parlato spesso dei genitori. Mi ha raccontato di quanto fossero entrambi due bambini, quando hanno avuto lei. Di come quell'impegno così grande abbia rovinato il loro rapporto. Di come siano stati due genitori esemplari, nonostante tutto. E di come, in cuor suo, vorrebbe rivederli insieme. Non per egoismo, dice lei. Non perché, da figlia, vorrebbe vedere innamorati mamma e papà. Pensa si amino ancora, pensa meritino una seconda occasione. E, forse, ha ragione lei.
«Ovolina!» ridacchio per il soprannome con cui Vittorio si rivolge a Sarah vedendola. Lei, evidentemente in imbarazzo, strabuzza gli occhi e lo guarda di sbieco, ammonendolo in silenzio. «Che c'è? Non posso chiamarti così davanti al tuo fidanzato?»
«Smettila papà, o questa cena finirà prima ancora di iniziare» ribatte secca, poi si lascia andare a un abbraccio e lo trascina verso di me, già in piedi accanto al divano. «Lui è Joseph». Allungo la mano verso di lui, che subito me la stringe con fermezza, fissandomi negli occhi con fare perplesso.