SARAH
Quando stamattina ho aperto gli occhi, pensavo di trovare almeno una chiamata di Simone. Ieri, dopo essere rientrata, ho fissato il telefono per un'ora, sperando in un messaggio. Insomma, qualsiasi persona normale, non vedendo la propria ragazza "tornare dal bagno" si sarebbe preoccupata. Lui, a quanto pare, no. Fortunatamente l'orgoglio mi ha impedito di fare il primo passo per circa dodici ore. Sono impulsiva, sono insicura, sono irrazionale ma sono anche tanto orgogliosa.
Ho aspettato tutta la notte, ho aspettato l'intera mattinata. Ora non aspetto più. Ora sono stanca. Sono le dodici e trenta di una tranquilla mattinata di ottobre e io sto facendo partire la chiamata. La prima telefonata va a vuoto. Sta ancora dormendo, l'idiota! Ne faccio partire un'altra, e poi un'altra. Alla quarta, quando sto per riagganciare, finalmente risponde. La voce impastata dal sonno.
«Ma buongiorno» quasi urlo.
«Sarah, ma sei impazzita? Che ora è?» mi rimprovera lui.
«Che ora è? Ti sei accorto che ieri sono sparita?» Lo sento muoversi un po', sbadigliare e stiracchiarsi.
«Sì, me ne sono accorto. Mi ha mandato un messaggio Jo per tranquillizzarmi» spiega come se fosse la cosa più normale del mondo.
«Da quando è Joseph il mio ragazzo?»
«Da quando ti fai riportare a casa da lui?»
«È stato l'unico ad avermi seguita fuori, a quanto pare. L'unico ad essersi preoccupato di come stessi. Tu nemmeno ti accorgi se ci sono»
«Non fare la ragazzina, non è proprio il momento. Ho bevuto tantissimo e sono KO»
«Perfetto», ringhio, «allora vai a dormire» e senza aspettare una risposta, chiudo la chiamata e butto il telefono sul letto. Forse l'ho davvero idealizzato.
Mi trascino in bagno. Ho bisogno di una seduta di skincare lunghissima perché il mio viso stamattina sembra quello di uno zombie. Non merito queste occhiaie. Sento mia madre trafficare in cucina e ridacchio. Lei e la cucina non vanno molto d'accordo, ma la domenica è l'unico giorno in cui riusciamo a pranzare insieme, e il nostro pranzo domenicale è sacro.
«Che ne dici di un ristorantino al mare?» azzarda, raggiungendomi in bagno.
«Al mare? Ma non è tardi?» Alza le spalle.
«Che importa? Ho bruciato la lasagna per sbaglio» si giustifica. Sorrido scuotendo la testa e annuisco. Il mare non è proprio dietro l'angolo, ma le giornate sono ancora belle, e qualche chilometro in più per un po' di sole non fa male.
Arriviamo a Fregene che sono passate le due. I locali sono ancora in piena attività e c'è anche qualche temerario che passeggia sulla sabbia. Mia madre mi indica un ristorantino vista mare ed entriamo chiedendo un tavolo che subito ci danno. Ci sediamo, ordiniamo da bere e, nell'attesa dei menù, mi guardo intorno.
«Bello qua» ammetto. Lei sorride. Ama così tanto il mare che basta un pomeriggio a Fregene per farla contenta.
«Che hai? Ti vedo spenta» mi sussurra mia madre, accarezzandomi dolcemente la mano. La sua capacità di decifrare ogni mio stato d'animo è un'arma a doppio taglio. Non voglio parlare di ieri sera, di Simone. Non voglio che lo veda peggio di come lo vede già. Ma non posso mentirle, capirebbe subito.
«Ho discusso con Joseph» mi limito a dire.
«Con Joseph?» Strabuzzo gli occhi e mi accorgo di aver sbagliato nome.
«Con Simone» rettifico imbarazzata mentre lei se la ride sotto i baffi. La ignoro. «Ho discusso con Simone e Joseph mi ha riaccompagnata a casa, ieri». Lei, tronfia dal mio racconto, non aggiunge altro. Sa che quando ho voglia di parlare, sono un fiume in piena impossibile da trattenere. Adesso, davvero, non mi va. Perché forse sono veramente una ragazzina infantile che si innervosisce per ogni piccolezza. Forse dovrei imparare a dare il giusto valore a ciò che succede. Ma come si decide quando è giusto rimanerci male?
Il pranzo procede tranquillo. Mamma mi racconta di una sua amica incinta e io le parlo della piccola discussione con Letizia. Nessuna delle due torna sull'argomento Simone, e io riesco a rilassarmi boccone dopo boccone.
Arriviamo al dolce, a cui non riesco mai a rinunciare, e, nonostante sia piena come un uovo, ordino il tiramisù speciale della casa, che presto scopro essere un tiramisù alle fragole. Lo divoro con poca grazia e chiediamo il conto.
«Quel tiramisù era paradisiaco» esclamo sognante, passeggiando accanto a mia madre sulla sabbia fresca. Il sole inizia a calare, ma la temperatura rimane ancora gradevole, nonostante la tipica brezza marina abbia costretto entrambe a indossare una felpa.
Passeggiamo per un po', prima di trovare un bel ciocco di legno intatto sulla riva, residuo forse di qualche falò estivo, e farlo diventare la nostra panchina.
«Allora non vuoi dirmi nulla di ieri?» Sorrido appena. Sapevo non avrebbe mollato, ha solo deciso di farmi mangiare in pace prima di tornare alla carica.
«Non c'è molto da dire»
«Sai che non sei costretta, vero?» mi domanda seria. «Nessuno ti costringe a stare con Simone»
«Penso di aver esagerato. A volte ho reazioni... immature» ammetto. Lei strabuzza gli occhi.
«Sarah» sospira, spostando il suo sguardo dal mare a me. «Sono stata adolescente non molti anni fa. Ho conosciuto tante adolescenti e credimi, tu sei una delle più mature. Sei posata, sei gentile, sei accomodante. E se qualcuno ti fa sentire sbagliata, non ti merita»
«Nessuno mi fa sentire sbagliata» borbotto.
«Saretta!» Una voce alle mie spalle interrompe la mia frase. Mi volto e vedo Joseph, sorridente, abbracciato a Sofia, la sua bellissima fidanzata. Una tizia altissima, purissima, bellissima, più vicina a una dea che a noi comuni mortali.
Lo guardo e mi sento in imbarazzo. Perché c'è mia madre qui; perché c'è Sofia con lui; perché lei non è mai stata molto accogliente con me, le quattro volte che ci siamo viste. A lui non sembra importare, comunque. Nonostante l'espressione scocciata della ragazza, la ignora, scioglie l'abbraccio e viene verso di me, salutandomi con un pizzicotto sulla guancia. Che sono, un chihuahua?
«Ciao» borbotto. «Ricordi mia madre?»
«Certo, Monica» afferma tendendo la mano e stringendogliela. «Lei è Sofia» aggiunge, presentandole.
«Questa giornata era troppo bella per non fare una camminata in spiaggia» interviene mia madre, forse per combattere l'imbarazzo. Sofia annuisce annoiata mentre io e Joseph non riusciamo a staccare lo sguardo l'uno dall'altra.
«Come stai?» mi chiede, in una conversazione che è solo nostra. E lui non fa nulla per includere le altre due.
Mi stringo nelle spalle. Come sto? Non lo so nemmeno io. «Stamattina, quando l'ho chiamato, mi ha quasi rimproverata per averlo svegliato» spiego sottovoce, per non coinvolgere mamma.
«Ignoralo, è un coglione» sentenzia sicuro, facendomi sorridere. La sua protezione mi fa bene, mi conforta.
«Già... me lo dicono un po' troppe persone». Lui alza le spalle come fosse una conclusione ovvia.
«Magari hanno ragione»
«Magari non sono affari tuoi» si intromette Sofia. «Stai parlando male del tuo migliore amico alla ragazza del tuo migliore amico»
«Parlando male? Simone sa bene come la penso» esclama lui, tagliente, quasi fulminandola. Lei scuote la testa infastidita e si allontana, fingendo una telefonata improvvisa.
«Forse ha ragione» sussurro, indicandola con lo sguardo.
«No. È solo nervosa perché odia il mare» spiega lui, minimizzando. «Comunque, ora vado. Vorrei evitare due ore di discussione. Ci vediamo domani?»
Annuisco contenta alla sua domanda. Si ricorda del nostro appuntamento. «Ho già messo il libro in macchina, per non dimenticarlo» aggiunge, prima di abbassarsi verso di me per un abbraccio veloce che io non respingo. Saluta poi mia madre e lo vediamo allontanarsi calmo.
«È proprio un bravo ragazzo» allude mamma. Sospiro.
«Già, ed è fidanzato con Miss Universo, non so se l'hai notato» dico sarcastica.
«Sì, l'ho notato. Come ho notato che negli ultimi dieci minuti ha avuto occhi solo per te». La butta lì, mentre guarda adorante il mare di fronte a noi. Detesta così tanto Simone, da diventare visionaria. Occhi solo per me? Joseph? Non essere sciocca, mamma!