Capitolo 49

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JOSEPH

«Monica, ti prego, fammi entrare» ripeto ancora da dietro la porta. Sento Sarah urlare e minacciare la madre, che non sa più cosa dire. Le chiede di spiegarle che succede ma Sarah, con una voce che non pensavo avesse in corpo, grida di lasciarla in pace. Io mi attacco al campanello. Potrei portarla all'esasperazione, pur di farmi aprire.

E infatti è così, appena Sarah si chiude in camera sbattendo la porta, Monica mi apre e mi fa entrare.

«Si può sapere che succede?» Respiro sonoramente, guardando il pavimento perché non riesco a reggere, adesso, lo sguardo di rimprovero della donna.

«L'ho accusata di avermi tradito... ho creduto a Simone» spiego. Lei sospira affranta.

«Però sei un coglione, Jo... lasciatelo dire» sussurra comprensiva, accarezzandomi una guancia secca dopo ore di lacrime.

«Lo so, Monica, lo so...»

«Vai...» dice, indicando la stanza della figlia. La ringrazio con gli occhi e, timoroso, mi avvicino alla porta di Sarah. Monica mi fa cenno che sta uscendo e di non mollare. La ringrazio ancora e, prima di abbassare la maniglia, respiro ancora, e ancora, cercando un po' di coraggio. Deglutisco e, finalmente, entro. Lei è buttata sul letto, e vederla mi spezza il cuore. Soprattutto perché è colpa mia, stavolta.

«Non ci credo, quella stronza ti ha fatto entrare. Ma ha capito che sono io sua figlia e non tu?» impreca contro la madre.

«E dai, vuole solo aiutarci» provo a difenderla.

«E comunque, io non ricordo nulla di Capodanno, è vero, ma sono stata tutta la sera con Angelica. E lei mi ha appena detto che Simone manco c'era a quella dannata festa» urla piangendo.

«Lo so, Sarah, lo so... o meglio, ci ho ragionato, con Alice... mi sono fatto prendere dal panico, scusami» dico, provando ad avvicinarmi. Lei rimane ferma, ma non mi scansa.

«Io non ti tradirei mai e pensare che lo metti in dubbio mi distrugge»

«Non lo metto in dubbio»

«Lo hai appena fatto, Jo, che cazzo»

«Lo so, perdonami... io mi fido di te al cento per cento, davvero. Ero preso dal panico, sono andato nel pallone»

«E, come al solito, ti sei chiuso» mormora, frustrata. Provo ad accarezzarla e, quando non mi respinge, mi spingo oltre e la prendo tra le braccia. «Pensavo di morire, davvero...»

«Scusami, Sa'... per tutto» riprendo. «Non solo per oggi, ma per come sono fatto. Ho un carattere di merda. So di essere migliorato, lo sento, ma è difficile. Mi fido poco, ma di te mi fido, te lo giuro. È che sono frenato, sempre, in ogni cazzo di situazione»

«Ma da cosa?»

«Non lo so... da me, dal passato, dalle paranoie...» La guardo negli occhi, che mi implorano per spiegazioni più dettagliate. Ho una confusione in testa difficile da districare. Vorrei dire mille parole, ma non ne riesco a pronunciare nemmeno una.

Lei mi guarda, con due occhi gonfi e stanchi che mi tramortiscono. Vorrei solo farla stare bene. Vorrei renderla felice.

«Io e te insieme siamo perfetti, ma devi fidarti di noi» mi sussurra.

«Io mi fido di noi, ma ho paura di rovinare tutto. Quando non volevo parlarti dei miei, era per non buttarti addosso problemi che non meriti»

«I problemi vanno condivisi e affrontati insieme»

«E se ci rovinano? Io sono terrorizzato che i miei problemi, i miei traumi, rovinino anche te. Sei l'unica a vedere come sono davvero. Sei arrivata a toccare la parte di me più profonda, la parte più oscura. Non voglio che il mio buio ti contagi. Io sono pieno di merda, ho mille lati oscuri, che potrebbero rovinarci»

«Io non sono un vaso di cristallo, Jo...»

«Lo so... ma pensare di coinvolgerti nei miei drammi, anche se passati, mi terrorizza. Tu sei come la brezza marina, io sono uno tsunami. Distruggo tutto»

«Lo pensi davvero? Perché non è così. Hai avuto una vita di merda, sì... ma non sei una persona di merda. Sei buono, sei leale, sei onesto» si siede a cavalcioni su di me, senza mai perdere il contatto dei nostri sguardi. Mi dice tutto con una serietà quasi intimidatoria. Vuole che creda alle sue parole, quanto ci crede lei. «Io non voglio che tu mi protegga da te stesso. Ti conosco e ti amo per come sei, con ogni pregio e ogni difetto»

«C'è qualcosa nel mio cervello, come un interruttore, che si abbassa e mi fa chiudere. Lascio il mondo fuori... e non so se supererò mai questa cosa» ammetto.

«Quindi? Chiudiamo qua perché non vuoi buttarmi addosso i tuoi drammi? Perché pensi non sarai mai in grado di affrontare una discussione? Perché a me non interessa, io ci proverò sempre. Io lotterò per noi due, anche quando mi sbatterai la porta in faccia»

«Come fai a sopportarmi? A sopportare questo lato di me?»

«Perché ti amo» dice ovvia. «E perché forse sono incinta» aggiunge.

Incinta.

Incinta.

Incinta.

«Dai, aspetto che ci arrivi da solo» sussurra, quasi ridendo.

«Aspetta... cosa?» urlo. La sua più che altro sembra una risata isterica, al limite del pianto.

«Ero venuta a dirti questo, quando hai deciso di prenderti la scena col tuo melodramma» mi accusa.

Forse.

È.

Incinta. 

Sai di nuvola // HoldarahDove le storie prendono vita. Scoprilo ora