Anna

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Anna sapeva di essere troppo magra per il suo corpo, ma non riusciva a credere che le persone potessero vedere una figura diversa da quello che lei vedeva allo specchio.

Si vedeva enorme, si controllava ogni centimetro del corpo, tutto doveva essere tenuto sotto controllo.

Si toccava in maniera compulsiva le ossa delle clavicole, si circondava il polso tra l'indice e il pollice. Misurava la vita, contava meticolosamente le costole per sentire se riuscisse ancora a sentirle. Come se improvvisamente potessero sparire.

Aveva il terrore di ingrassare.
Si guardava allo specchio e controllava, controllava, era un vero e proprio lavoro estenuante.
La mattina si svegliava e adorava passare una buona mezz'ora davanti allo specchio per fissare lo stomaco vuoto.

Le linee tese dei muscoli che stavano lentamente scomparendo.
Si afferrava la vita sperando che diminuisse, che tutta quella pelle potesse venir inghiottita, con uno sguardo acido.

Si trasferiva poi con estrema lentezza a colazione, si trascinava per il corridoio gelido.

Si vestiva sempre, si copriva con tre maglioni diversi e poi rigorosamente indossava i guanti, nonostante fosse inizio giugno, il freddo per lei era ormai, un compagno fisso.

Guardava il latte, guardava i biscotti e poi alzava lo sguardo in quello di suo padre.
Sorrideva, felice.
Sorrideva sempre Anna, era contenta di essersi riuscita a costruire, un mondo di cristallo, attorno.
Di essere stata in grado di ingannare tutti, non perchè li odiasse, anzi, proprio l'opposto, perché li amava.
Non avrebbe mai tollerato vedere i suoi genitori tristi, non avrebbe dato loro mai nulla, per cui non essere orgogliosi di lei.

Mangiava serena il suo mezzo muffin e poi tranquillamente, iniziava la sua giornata che si basava sul consumo di bevande energetiche rigorosamente senza zuccheri, gomme da masticare e litri di acqua per compensare il senso della fame.
Lo stomaco brontolava spesso, ma non poteva dargli ascolto, così lo annacquava, sperando che smettesse di lamentarsi.
Ogni tanto si trovava a conversare con la sua pancia: "anche io ho fame, ma non mi lamento così tanto. Non ti darò una soddisfazione momentanea che poi mi farà piangere" sussurrava, quando nessuno poteva ascoltarla.

Quando rintoccava mezzogiorno, Anna voleva solo mangiare.

Passava ore a pensare al cibo, anche mentre studiava riusciva ad avere una parte di cervello che costantemente rimuginava su cosa avrebbe potuto mangiare; su quante calorie stesse consumando, su cosa avrebbe fatto quella sera per nascondere il cibo.

Pensava, meditava.

Il pranzo era da sola, era il suo momento preferito della giornata.
Recuperava tutto il cibo che non avrebbe mai mangiato: una brioche alla crema, la pasta fatta il giorno prima, i biscotti che avevano ben 80kcal a pezzo, una follia diceva.

Li posizionava attentamente sul tavolo e poi prendeva uno scottex.

Il suo rito segreto.

Accendeva il computer sulla sua serie tv preferita e si immaginava di mangiare senza sensi di colpa.

Apriva il pacchetto, prendeva un boccone e poi dopo che aveva formato un grumo in bocca, lo sputava, beveva per sciacquare e il processo ricominciava.

Non ingoiava nulla.
Non voleva che tutte quelle calorie le finissero nello stomaco. Non poteva assorbirle.

Buttava tutto nel wc; a fine pasto, era felice perché il senso della fame si era acquietato, ma lei, era serena.

Poi si metteva sulla cyclette per un oretta, voleva consumare eventuali calorie assorbite dalla bocca.

Forse un giorno...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora