Anna

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Anna non sapeva se fidarsi del suo corpo o no.
Tutti le dicevano che stava dimagrendo troppo ma lei allo specchio non lo notava.
Non vedeva questi cambiamenti, si vedeva sempre troppo grassa.
Le cosce ancora troppo enormi per il suo fisico.
Lei era bassa doveva essere mingherlina, si diceva, non poteva essere enorme.
Eppure il suo corpo urlava che aveva fame.
Aveva sentito da una ragazza che quando si ha fame è il proprio corpo che chiama, perché c'è una mancanza di glucosio.
Anna non ci credeva
Il suo corpo aveva fame sempre, non poteva dare ascolto al suo organismo.
Sapeva che se avrebbe lasciato il controllo a lui, l'avrebbe riportata al punto di partenza.
L'avrebbe di nuovo resa grassa.
Tutti i suoi sforzi sarebbero stati vanificati.
Tutte quelle notti insonni, a pensare al cibo, perse perché il suo stomaco aveva fame.
Non si fidava, non poteva fidarsi.
Aveva paura del suo organismo, aveva paura di cosa il suo corpo urlasse, di cosa necessitasse.
Voleva, pregava, implorava che arrivasse anche per lei una persona come Lorenzo: che l'aveva fatta sentire al sicuro. Di cui lei si era fidata quando le diceva, la notte fonda, che era bellissima. Non metteva mai in dubbio le parole di Lorenzo.
Ci credeva.
Lei voleva solo sentirsi amata.
Sentirsi bella, ma non per gli altri, ma per se stessa.
Voleva finalmente un giorno guardarsi allo specchio e vedersi bella, come le altre ragazze che vedeva sempre in giro.
Che sembravano sempre consapevoli della loro bellezza.
Non che Anna non sapesse l'effetto che faceva sugli altri, ma lo vedeva solo su persone di una certa età.
L'aveva notato in ospedale, in corsia dove ogni uomo strutturato o primario l'aveva trattata in maniera diversa. La corteggiavano, si vedeva che la sua presenza era gradita, più che quella dello specializzando stesso.
Piaceva, era innegabile, gli uomini adulti le andavano dietro ma a lei non interessava.
Lei voleva solo una persona.
Nonostante lei cercasse in tutti modi approvazioni, una sua amica le aveva fatto notare quanto in realtà da fuori sembrasse diversa.
Lena si chiamava. Era diventata subito amica di Anna.
Avevano preparato un laboratorio insieme e si erano trovate bene.
Anna, secondo Lena era forte, "cazzuta" l'aveva definita.
Lena diceva che si vedeva che era consapevole della propria bellezza e ne faceva uso di questa.
Lena era entusiasta, quasi ammagliata dalla capacità di Anna di mostrarsi forte e determinata quando in realtà, era solo una piccola bambina fragile.
Che aveva subito tanti traumi, che ancora purtroppo, si portava dietro.
Lena non riusciva a crederci, la vedeva bella, sempre perfetta.
Vestita in maniera impeccabile, elegante: affascinante.
Lena sosteneva che Anna, sapesse ammaliare la gente, e non si stupiva che decine di ragazzi e uomini le andassero dietro.
Ma non capiva come Anna non riuscisse invece a vederlo.
Come fosse cieca o comunque che vedesse solo una parte limitata di se stessa.
Anna era lusingata di quella amicizia.
Ma come ogni volta, credeva sempre poco alle parole che le rivolgeva.
Non credeva davvero di essere così, di apparire così, Lena le descriveva una una ragazza che lei non vedeva.
Ma una cosa la consolava, l'idea che forse,
effettivamente,
nessuno la vedesse come lei si vedeva

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