"Un medico presto", senti urlare in lontananza, una serie di voci che chiamano e urlano, ti volti verso i tuoi amici, non sarete ancora medici ma al quinto anno di medicina qualcosa si sa.Ti alzi rapidamente dal tavolino e gli altri ti imitano, correte verso quel luogo che ora è affollato di persone che circondano un ragazzo a terra.
Ti fai largo tra la folla spingendo, "sono una studentessa di medicina", dici spintonando per avvicinarti al ragazzo, vedi che gli altri del gruppo si sono fatti strada e ora ti osservano in preda al panico,
"forza" gli esorti ma nessuno sembra in grado di muoversi, scuoti la testa arrabbiata.Ti avvicini e ti siedi accanto, l'ansia che ti fa pulsare il cuore in gola, lo senti battere come un uccellino in gabbia.
Lo chiami, non ti risponde, cerchi di rilassarti e di ricordarti i passaggi che ti hanno insegnato al corso.
Controlli le vie aeree, nella tua mente ripercorri tutti i punti cercando di non dimenticare nulla, lo spogli per guardare il torace, nulla.
La prima cosa che pensi è -merda-, continui a ripeterlo, -è in arresto- mediti.
"Merda" ripeti ad alta voce, la gente che ti fissa, le voci che rimbalzano tra le persone, tu urli, indicando un ragazzo,
"avvicinati, chiama il 118".
Urli per farti sentire, "tu" urli ad un altro, "fai stare la gente indietro, ho bisogno di spazio".
Guardi ancora una volta nella direzione dei tuoi amici, nessuno che sappia cosa fare.
Scuoti il capo
Inizi a fare il massaggio cardiaco, sei in panico, le mani che tremano, -ce la puoi fare- ti ripeti, ce la devi fare.
"Cosa devo dire?" ti chiede il ragazzo,
"c'è un uomo in arresto" dici, lui ti mette in vivavoce, "salve" senti dall'altra parte,
"c'è un uomo in arresto" ripeti con il fiatone, "non respira, non ha polso centrale" dici cercando di essere il più preciso possibile,
"ho iniziato il massaggio cardiaco",
"dove siete?" chiede la persona calma come non lo sei mai stata tu.
Il ragazzo spiega la via del centro, in un vicolo stretto, l'interlocutore dice di andare a recuperare un dae in un negozio poco distante.
Il ragazzo tenendo stretto il telefono si alza e mischiandosi nella folla inizia a correre verso l'oggetto, lo vedi sparire e per un attimo temi che non tornerà più, che sei rimasta da sola.
Cerchi di rilassarti, contando, 30, 1,2,3,4,5...
"Eccomi" urla poi cadendo di fianco a te, il telefono ancora in vivavoce.
Lo guardi meglio è un ragazzo giovane, avrà probabilmente la tua età, è bello, i ricci biondi gli ricadono sul viso, le guance arrossate dalla corsa,
"bene come ti chiami?" dici, tirando su col naso,
"Andrea" ti dice
"Bene Andrea, vieni di fronte a me" gli dici, "metti le mani sopra le mie e senti il ritmo", mentre lo vedi che imita il tuo movimento, lo correggi, "di bacino" gli sussurri.
Lui corregge il movimento, "perfetto" dici,
"Conta per me Andrea, fino a trenta" gli intimi.
Mentre lo lasci a comprimere il petto del ragazzo.
Con le mani che tremano come foglie, apri il defibrillatore semiautomatico, e inizi a posizionare le piastre, le attacchi al macchinario.
"Togli le mani" dici, e lui si blocca, -ritmo defibrillabile- senti e un peso ti si leva dal petto, -bene- pensi c'è speranza.
Deglutisci e poi cerchi di guardare tutti, gente che ti fissa, che parla che urla.
"State lontani" urli, "via io via voi via tutti" gridi, controlli ancora e poi eroghi la scarica.
Vedi il petto alzarsi un brusco rumore, e poi nulla,
"torna a comprimere" ordini di fretta.
-Merda- pensi, merda continui a ripetere.
Così per due minuti fino a quando non eroghi la seconda scarica ma ancora nulla, questa volta dai il cambio al ragazzo, continuando a comprimere il petto.
Poi li vedi, sono due ragazzi e una più piccola, stanno correndo facendosi largo tra la folla.
Ti parlano ma non capisci cosa stia succedendo, vedi che si avvicinano, vedi un uomo uscire dalla folla e scagliare un bottiglia contro di te, fai in tempo ad alzare un braccio tagliandetolo.
Merda pensi, come se il mondo fosse al rallentatore, vedi che dei ragazzi placcano l'uomo ubriaco, vedi la tua manica della giacca tingersi di rosso fuoco.
Gli operatori recuperano l'uomo, ti viene un conato e vomiti a lato.
La vista ti si sta chiudendo, pensi che morirai tu,
in quel posto, squallido, una via troppo stretta, dove i tuoi amici ti hanno guardato faticare per tenere in vita un ragazzo poco più grande di voi.
Ti trovi sdraiata su un lettino, non sembra una camera di ospedale, ma ti ricorda l'ufficio di tua madre quando andavi a trovarla in ospedale, e ti lasciava giocare mentre lei operava.
Ti alzi e noti che indossi degli abiti diversi, grossi non tuoi, una manica è alzata, vedi il taglio cucito, i punti ancora in bella vista.
"Sei sveglia" dice una voce ti volti e solo in quel momento noti un ragazzo seduto sulla sedia, in mano delle cartelle.
"Ciao" dici rauca, poi lo riconosci è lui: Lorenzo.
"Ciao" dice lui, "come ti senti?" ti domanda
"Non lo so", è vero, le immagini della sera trascorsa ti piombano addosso come macigni.
Ti alzi di scatto, "il ragazzo?" domandi, "è morto" dice solo lui guardandoti, cercando qualcosa nel tuo sguardo.
Senti il cuore perdere un battito,
"no" sussurri, "no" ripeti e senti che le lacrime ti stanno riempiendo gli occhi, lui si alza, si avvicina, "no" ripeti confusa.
"Non può essere, non è vero, ho..." inizi ma un singhiozzo ti interrompe.
"No" continui solo a ripetere.
Lui ti abbraccia, ti tiene stretta, mentre tu lentamente realizzi, rivedi la scena: quel giovane, quel viso rilassato, quella sensazione che ti aveva pervaso appena l'avevi visto, quel presentimento che ti eri sentita sotto la pelle.
Lo sforzo per tenerlo in vita, poi i soccorsi, i volti che ti parlavano ma non capivi, le labbra che si muovevano, ma non era giunto nessun rumore.
Tiri su col naso, lasci che ti abbracci,
"mi dispiace" sussurra accarezzandoti i capelli.
"Non è stata colpa tua" afferma, "hai fatto tutto in maniera impeccabile, come ti avevo insegnato" dice.
"Te lo ricordi?" bisbigli contro il suo petto,
"certo Anna" pronuncia il tuo nome e tu ti senti scaldare il cuore.
"Dovresti riposare" ti dice poi, annuisci, tirando su col naso e noti in quel momento che il tuo telefono è rimasto nella borsetta della tua amica.
"Merda" dici.
"Sì, non avevi nulla, né cellulare né documenti, né chiavi" afferma.
Chiudi gli occhi, peggio di così quella serata non poteva concludersi.
"Ti porto a casa mia, ho appena finito il turno" dice alzando lo sguardo per controllare l'orologio da parete.
"Vieni andiamo", dice cingendoti le spalle,
"andiamo a dormire" conclude.
Tiri su col naso, ma ti appoggi a lui, ti senti sicura come non mai, -portami a casa- pensi.
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Forse un giorno...
RomanceSe è destino vi reincontrerete, così diceva sempre mia nonna. Peccato io stia ancora aspettando. Galeotto il tempo che ci ha visto innamorati.