Capitolo 48

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Non so che ora fosse e non sapevo neppure dove mi trovavo, la mia testa non riusciva a ricordare niente, mi sentivo come se fossi smarrito.

Mi tirai su con i gomiti, testai quello che sembrava un letto. Come ci sono finito? E di chi era mai?

Testai il muro che trovai alle mie spalle in cerca di un possibile interruttore. Dopo svariati minuti la vista incominciò ad abituarsi al buio e capì che in effetti quella stanza fosse in realtà camera mia.

Accesi la luce e la camera si illuminò, non era incasinata come l'avevo lasciata il giorno prima, era in perfetto ordine, quell'ordine che per settimane mi sembrava l'ultima cosa da tenere in mente.

L'ultima cosa che ricordo è che stavo in pista in un locale in centro, stavo ballando con i miei amici quando il mio sguardo captò l'unica persona con cui volevo ballare in quel preciso momento, era come vedere un'alba dopo mesi di buio totale.
Fu lui a spostare lo sguardo per primo, stava sorridendo ad un ragazzo che conoscevo di vista. Erano una bella coppia in effetti. Poi il buio tornò a perseguitarmi, con una nota di paura che mi soffocava e non capivo il motivo.

Scesi di sotto, le luci erano tutte accese, era strano da me lasciarle cosi. Entrai in cucina per prendere un bicchiere d'acqua e lì mi bloccai alla sua vista, era intento a cucinare qualcosa nei fornelli. Non si accorse di me subito, era intento a canticchiare qualcosa sottovoce e sembrava stranamente felice. Appena mi vide mi salutò con gran sorriso, "Ehi bell addormentato! Finalmente ti sei svegliato!" Il suo era un sorriso gentile, pieno di calore che non ricordavo più che cosa volesse dire essere l'artefice.

Rimasi bloccato all'uscio della porta ancora incredulo che fosse lì in ambito così personale.
"Sto facendo la minestra di pollo, non voglio sentire storie eh! Ho chiesto la ricetta apposta a tua madre. Non volevo sbagliare i tuoi gusti." Disse versando il brodo in un'altra pentola. Sembrava così a suo agio e ciò mi insospetti. "Che ci fai qui?"

Si girò di colpo guardandomi con gli occhi sorpresi come sé non si aspettasse quella mia domanda. "Ale, mi hai chiesto tu di rimanere..non ricordi?" Disse rilassandosi e buttando la minestra nella pentola, "no, non ricordo..." Dissi sedendomi su uno sgabello della cucina, mi guardò incuriosito e appoggiò il mescolo, "che cosa ricordi?" Chiese tranquillo avvicinandosi a me, i miei occhi non riuscivano a tenere il suo sguardo, mi sentivo come se avessi appena fatto un guaio. "Ricordo che ti ho lasciato....e che ieri stavi con un ragazzo in discoteca." Lui prese le mie mani, le strinse quel poco che mi fecce sperare che tra di noi si fosse veramente tutto sistemato, ma forse non era così, perché sbuffò come se fosse irritato. "Potrei sentirmi offeso, sai?" Disse divertito, alzai i miei occhi su di lui, era così rilassato che non sapevo decifrare quello che intendesse. "Vuoi un caffè? Hai dormito così tanto che non ti ricordi manco che mi ami." Disse staccando le sue mani da me con un sorriso divertito, mi ami? gli ho detto che lo amavo? Ma quando è successo? "Mi prendi in giro?" Domandai incredulo, non era da me dire ti amo.
"Amore mio, secondo te, mi invento una cosa del genere?" Disse porgendomi la tazzina e tornando a girare la minestra. Addirittura amore? "è quasi pronta!" Disse orgoglioso, come se fosse una sua creatura e lui l'inventore. Sorseggiai il mio caffè ancora stranito, guardavo il ragazzo che si aggirava nella mia cucina alla ricerca delle varie stoviglie per apparecchiare la penisola in cui io ero già seduto, ogni tanto mi regalava un sorriso, che mi faceva ancora stare in turbamento per quella situazione così ambigua, ma quando appoggiai la mia tazzina nel lavello i ricordi mi spuntarono nella testa come funghi uno dopo l'altro, guardai quel ragazzo che era intento a prendere la pentola per portarla a tavola. "Mi bastava un bacio per ricordare. Sai?" Borbottai sedendomi accanto a lui, sorrise ma non mi rispose.  "Ho dimenticato il pane." Disse rialzandosi, era diventato un uomo di casa e ciò mi sorprese.

"Chi mi ha accompagnato a casa?" Domandai appena appoggiai tutte le stoviglie nel lavello, eravamo rimasti in silenzio per tutto il resto della cena.
"Marta" rispose sbadigliando, Marta? "E tu dove sei andato?" Domandai girandomi verso di lui, si grattò il mento dubbioso, "non mi inventare stronzate." Lo averti infastidito, lui mi guardò inclinando la testa e si avvicinò a me "Siamo andati a denunciare Liam." Disse serio, teneva saldo il suo sguardo sul mio, mi sembrava una provocazione la sua e ciò non era rassicurante per il mio cervello ancora in tilt, deglutì "e quindi?" Borbottai, non mi piaceva che mi guardasse così. "E quindi Alessandro, perché non mi hai detto niente che oltre averti picchiato malamente ha cercato anche di violarti fisicamente?" Domandò tirandosi indietro, incrociò le sue braccia e il suo viso divenne ancora più tirato. Violato sessualmente? Ma di cosa sta parlando?
"Non so di cosa tu ti stia parlando." Dissi perplesso, ricordo le botte ancora violacee sul mio corpo, ma violenza? Non mi sembrava il tipo.
"Ale, c'è una tua denuncia archiviata." Disse con più calma, denuncia? Ma io non l'ho mai denunciato anche per le percosse. "L'ha confermato anche lui che è vero." Il suo sguardo divenne più malinconico. "Non mi ricordo di questa presunta denuncia." Borbottai alzandomi, avevo bisogno di una sigaretta, tutto ciò stava diventando surreale. "A quanto pare l'hanno archiviata perché eri sotto choc e in più avevi un tasso alcolico e non, molto alto...e quindi non hanno creduto alla tua testimonianza.  " Disse serio alzandosi anche lui, non mi ricordo niente di tutto ciò. "Quando è successo?" Chiesi distrattamente portandomi la sigaretta alle labbra.
"Risulta la sera che ci siamo visti nel locale." Disse avvicinandosi a me.
"Mi ricordo solo il tuo sguardo." Sussurrai stranito, lui appoggiò le sue grandi mani sui miei fianchi. "Questo mi rincuora..anche se potrei essere egoista a dirlo." Disse alzandomi il mento per guardarlo negli occhi. "Non ricordo niente." Dissi riportando la sigaretta alla bocca, volevo scacciare via le lacrime che mi provocò quella rivelazione, che infondo al mio cervello sapevo che fosse vera.
Mi staccai da Marco e aprì la porta finestra, per un attimo mi ero dimenticato che lui odiasse che si fumasse dentro casa. Volevo nascondermi anche da lui, mi sentivo una merda che non doveva essere toccata da nessuno, un rifiuto umano e non capivo il motivo, forse perché mi sentivo violato?

"Ale?" Marco mi richiamò per quella che potevo considerare realtà, sembrava preoccupato, e non percepivo il motivo. Si sdraiò al mio fianco senza dire nulla sul grande divano che avevo in terrazza e alzò anche lui lo sguardo verso il cielo. "Come stai?" Chiese quasi incerto sulla mia risposta. "Una merda" decisi di optare per la sincerità, mi sentivo sopraffatto da emozioni e da paure che pensavo di aver dimenticato. "È tutto finito adesso." Cercò di tirarmi su di morale, ma io mi sentivo sopraffare da quelle emozioni che pesavano sul mio petto come macigni.

RAPIDE (Mahmood&Mengoni)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora