Capitolo 25

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Qualcuno bussò con insistenza la porta del mio appartamento.
Non sapevo chi aspettarmi, ma di certo non lui, non di nuovo.

"Lo so. Non dovrei essere qui." Disse con il fiatone appoggiandosi allo stipite della porta d'ingresso.

Non sapevo cosa pensare. Vederlo era l'ultima cosa che volessi in quel momento.

"Se lo sai, per quale motivo sei qui?" Dissi irritato girandomi per andare verso la cucina. "Chiudi la porta. Mi manca solo finire in prima pagina per un'idiota come te." Dissi scorbutico.

"Mahmood...Ale...per favore." Disse supplicando, gli appoggiai un bicchiere d'acqua sul tavolo ché accettò molto volentieri.

"Per favore? Cosa? Lo sai che se ti beccano qui scoppia il caos." Dissi serio.

"Ti prego. Parliamo."

"Di cosa vuoi parlare? Di quando ti sei ubriacato stasera? O di quanto ti ho già detto di lasciarmi in pace?"

"Mahmood." Disse turbato.

"Non riesci neanche più a chiamarmi per nome e pretendi che io ti ascolti?" Chiesi serio.

"Ale..." Cerco di pronunciare il mio nome, la sua voce tremava. Sapevo di fare lo stronzo della situazione, ma ero stanco di lui e di tutti quanti.

"Potrei sembrarti ubriaco.. ma non lo sono. Ho finito poco fa la mia esibizione.. appena ho saputo che tu eri qui..sono venuto direttamente da te..senza pensarci..." Cercava il mio sguardo mentre mi veniva incontro.
"Lo sai che ci provo a starti lontano, ma non riesco." Disse tremante pretendendo il mio viso tra le mani.

"Non ti credo più." Dissi cercando di non incrociare il suo sguardo.

Lui sorrise amareggiato "Sappiamo entrambi che siamo come due calamite. Un fuoco che arde ogni volta che stiamo insieme."

"Un fuoco di paglia." Dissi irritato.

"Può essere...ma possiamo buttare tanta paglia se vogliamo." Disse con tenerezza e cercando nuovamente il mio sguardo. "Mi sei mancato."

Quella fu l'ultima volta che lo vidi.
L'ultima volta, che mi tocco con delicatezza come quando prendi una farfalla tra le mani.
Fu l'ultima volta che i nostri corpi si toccarono.

Era strano ricordarmi ancora come mi faceva sentire disarmato e turbato.

Era questa la mia paura? Risentirmi così?
Mi sono ripromesso di non essere più il suo zerbino di benvenuto. Volevo che capisse che non avevo più le forze di essere sbattuto solo quando gli pareva.

Era questo ciò che voleva? Tornare a fare gli amanti quando gli pareva?

Sbattermi in un bagno dentro un locale era diventato un hobby dopo due o tre drink in più. Era bello sentirmi vivo quelle poche volte che bastava solo uno sguardo per capirci al volo.

A volte erano solo le nostre labbra che facevano l'amore tra di loro. Non capivamo perché, ma forse di una cosa aveva ragione, eravamo come due calamite, la nostra attrazione era fatale.

Il campanello mi riporto alla realtà.
Mi alzai contro voglia dal divano dove ero sdraiato per aprire al corriere.

"Buonasera, quanto le devo?" Dissi distaccato prendendo il borsellino dalla tasca.

"Ho già pagato io" disse una voce divertita.

Alzai gli occhi incredulo dal suono di quella voce che pensavo fosse frutto della mia immaginazione.

"Cos..a ci fai qui?"

"Se mi fai entrare ti spiego" disse divertito alzando la scatole delle pizze (?)
"Perché sono due?" Dissi prendendo le scatole e andando verso la cucina ancora incredulo.

"Ti preoccupi più per le pizze ché di me?" Mi domando divertito.

"E ché...."

Lui mi diede un pizzicotto sulla guancia e sorrise "Stefano ha chiamato Marta. Gli ha detto di avvertirmi che probabilmente non saresti riuscito neanche stavolta a prendere l'aereo. Sapeva ché ci saresti rimasto male.." Disse prendendo posto sul divano e continuando il suo discorso.
"Quindi mi son detto, perché non farci un salto direttamente io? Alla fine che c'è di male? Sono libero." Disse stiracchiando le braccia.
"Poi ho visto che non hai risposto al mio messaggio quando sono atterrato..quindi con l'aiuto di Stefano e dell'altro tizio ho preso quelle." Spiegò alzando le spalle.

"Non dovevi... E se ti beccano?" Dissi turbato.

"Mezza Italia già se lo immagina, che vuoi che sia? Se ci beccano basta dire che siamo amici intimi, no?" Disse scherzando.

Lo guardai male "Non è divertente."

Mi venne incontro prendendomi per i fianchi e avvicinandomi a sé.

"È strano ritornarmi qui." Disse ad un tratto guardandosi intorno e il suo sguardo si fermò su un quadro appeso al muro e sospirò. "C'è l'hai ancora?" Chiese incredulo.

"È un regalo. Non si buttano via i regali. E poi è da parte di un mio fan." Dissi serio guardando anche io il quadro pensieroso.

"Ho fatto di tutto per conquistarti..." Disse quasi malinconico.

"Che vuoi dire?" Ecco la mia ansia che prendeva posto su di me.

"Che sono incredulo. Non ci credo che siamo qui senza discutere, oppure dirci stavolta è l'ultima." Disse serio.

Il suo sguardo non si spostava da quel quadro. Era come ipnotizzato da esso.
Ne approfittai per dargli un occhiata, il suo viso era molto più sciupato, le sue occhiaie più marcate, indossava una tuta grigia e un capello nero L.A. e le sue solite Nike.

"Mi sa che te né regalo un altro." Disse all'improvviso.

"Per quale motivo?" Chiesi quasi infastidito, era il mio quadro preferito.

"Per averlo anche a Milano.." si girò verso di me sorridendo come un bambino.

"Allora potrei accettarlo molto volentieri." Sorrisi anche io.

Era bello stare così con lui, senza sentirci obbligati a far finta di non vederci.
Perché la nostra vita per qualche anno fù  così, volevamo fosse così. Era meglio soffrire immaginandoci nei letti degli altri ché soffrire e litigare come al nostro solito fuori da un locale.

"Mi è mancata la pizza napoletana." Disse contento infilandosi in bocca l'ultimo pezzo della sua pizza.

"Ho notato." Dissi ridendo e guardando la mia che stava a metà.

"Tra poco è il compleanno di tua mamma, giusto?" Disse pensieroso.

"Si, sto pensando di farle qualcosa." Dissi serio.

"Sai cosa potrei regalarle?" Disse imbarazzato.

Lo guardai divertito "Sicuramente non un libro di cucina" dissi ridendo.

"Mi son dovuto prendere le colpe per colpa tua e del tuo scherzetto." Disse scontroso.

"Lo so, ma era una scena divina, non ti ho ancora ringraziato vero?" Dissi ridendo a crepapelle.

Lui fece una smorfia "Prima o poi già riuscirò a vendicarmi".

Sorrisi, sembrava che fossimo tornati spensierati come quelle poche volte in cui cercavamo di tornare insieme e invece, un caffè, un bacio e un arrivederci, erano diventati i nostri addì silenziosi. Sarebbe stato così anche stavolta?

Sicuramente la mia testa non avrebbe sopportato. Avevo bisogno di sicurezze e non un continuo addio scambiato per un arrivederci.

Alzai il mio sguardo su di lui, notaio che il suo era puntato su di me, non sapevo come interpretarlo, sembrava quasi come sé mi stesse spogliando, sentivo un fuoco scendermi lungo la colonna vertebrale.

Forse era quello di cui avevo bisogno? Sentirmi stretto tra le sue braccia?

RAPIDE (Mahmood&Mengoni)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora