VERONICA YVONNE COLLINS
Mi sveglio in una stanza diversa, sentendo un braccio che mi cinge la vita. Strizzo gli occhi e cerco di alzarmi senza svegliare il ricciolino che dorme accanto a me, il suo viso sereno. Oggi è sabato e sono le sei del mattino, lo vedo dall'orologio in legno appeso alla parete.
Nella mia solita vita da "babbana", a quest'ora sarei già fuori a correre, cercando di scappare dai miei pensieri, dalle mie "amiche" sempre pronte a giudicare, e da ogni paura che mi perseguita. Correvo perché, fermandomi, pensavo che tutte quelle cose mi avrebbero raggiunta.
Con delicatezza, tolgo il braccio di Mattheo dai miei fianchi, cercando di non svegliarlo. Ma, ovviamente, faccio un movimento di troppo e lui si sveglia. «Scusa...» mormoro timidamente, cercando di alzarmi, ma lui mi afferra di nuovo per la vita e mi tira giù, facendomi ricadere sul letto. Lo guardo sorridendo, innocente. «Che c'è?» chiedo con un'aria quasi angelica. Lui, ancora impastato dal sonno, mi guarda e con voce impastata mi sussurra: «Rimani.»
Non posso fare a meno di ridere piano. Mi giro verso di lui e gli do un bacio delicato sulle labbra. «Devo andare a correre» sussurro, guardandolo negli occhi. Lui sbuffa e chiude gli occhi con esasperazione. «Perché sei così testarda?» borbotta mentre mi alzo, prendo i miei vestiti e mi vesto in fretta, senza rispondere. Avrei voluto dirgli di chiedere a mia madre, ma lei non c'è più. E ogni volta che ci penso, tutti i ricordi di lei tornano a galla.
Sono quasi alla porta quando Mattheo mi chiama ancora una volta. Mi giro. «Nemmeno un bacio?» dice con un finto broncio. Sorrido e mi avvicino al letto, unendo di nuovo le nostre labbra in un bacio lento, con le lingue che si intrecciano. Mi stacco appena lui tenta di riportarmi sotto le lenzuola. «Avevi detto un bacio» sorrido, stuzzicandolo. Lui mi accarezza la guancia con la mano, sorridendo a sua volta, e io finalmente esco dalla stanza.
Attraverso il corridoio e vedo un vero disastro. Ragazzi e ragazze addormentati qua e là, alcuni sbronzi sugli scalini. Entro nella mia stanza, che per fortuna è vuota, e mi vesto per andare a correre: scelgo un completo leggero e una felpa. Mi faccio una coda alta e infilo le scarpe da ginnastica. Scappo fuori dal castello, correndo.
Amo quando riesco a sentirmi in contatto con la natura. È come se mi leggesse dentro, percepisse i miei pensieri e mi aiutasse a scacciarli via. Mentre corro, ripenso a ieri sera. Sorrido tra me e me, sperando che questa volta non ci sia sotto una scommessa o qualche altro gioco.
Quando ho finito di correre, mi dirigo verso il lago nero. Mi siedo vicino alla riva, guardando l'orizzonte e lasciando che la brezza fresca mi accarezzi il viso. All'improvviso sento dei passi dietro di me e mi alzo di scatto. Mi giro ed ecco Tom, vestito tutto di nero, che si avvicina con un'aria minacciosa. Lo avevo visto anche ieri sera tra la folla.
«Non avere paura» dice lui, avvicinandosi come un predatore che studia la sua preda. Rimango immobile, paralizzata. «Sono qui solo per ricordarti che il venticinque dicembre dovrai presentarti nell'ufficio di mio padre. Ha qualcosa di importante da dirti, anche se non ti piacerà...» dice, mantenendo quell'aria di mistero, e in un attimo mi torna alla mente la lettera.
«A cosa ti riferisci?» chiedo con una voce che cerca di essere ferma, anche se il mio corpo tradisce la paura. Lui sorride con aria beffarda, abbassando lo sguardo come a prendersi gioco di me. «Ti avevo chiesto una sola cosa e non l'hai rispettata. Come faccio con te?» mi sferza avanzando di un passo. Io indietreggio, sentendo l'acqua fredda che mi bagna le scarpe.
Tom continua a parlarmi, ma il suo tono diventa sempre più minaccioso. «Sai cosa facciamo a chi non ci rispetta?» mi chiede, aspettando una mia risposta. Faccio cenno di no con la testa, incapace di parlare. Lui sorride. «Crucio!» esclama, e in un istante un dolore lancinante mi trafigge lo stomaco. Cado nell'acqua, cercando disperatamente di tornare a galla, di trovare la terra sotto i piedi, ignorando la mia paura dell'acqua.
Quando finalmente riesco a uscire, sollevo la maglietta e vedo una cicatrice sul mio addome. Tom è sparito.
«Veronica! Veronica!» sento una voce familiare. Cedric corre verso di me, chinandosi preoccupato. «Che cosa è successo?» mi chiede, ma prima di poter rispondere, tutto diventa buio.
FLASHBACK
«Il mostro è andato via, mia bella bambina. È andato per la sua strada. E tua madre è qui con te.» Mi canticchiava così mia madre quando avevo sei anni, ogni volta che urlavo per la paura dei mostri sotto il letto. Mi accarezzava e, con quelle parole, mi sentivo al sicuro.
FINE FLASHBACK
Mi risveglio in infermeria, circondata dai miei amici. Mattheo è il primo a precipitarsi da me. «Stai bene? Cosa è successo?» mi chiede con un tono che non gli avevo mai sentito prima, pieno di preoccupazione. Puzza di fumo, segno che deve aver passato del tempo a fumare senza sosta.
«Sono inciampata e mi sono fatta male. Poi sono andata al lago per lavarmi, ma sono finita in una buca e quasi annegavo. Niente di grave» mento, cercando di rassicurare tutti. Ma so che nessuno mi crede davvero. Annuiscono, certo, ma Mattheo mi fissa intensamente, come se sapesse già tutto. Nei suoi occhi vedo rabbia, mentre io mi sforzo di sorridere e gli accarezzo la guancia mimando un "Sto bene.".
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Dark Hearts || Mattheo Riddle.
FanfictionVeronica Collins, una giovane anima segnata dall'ombra del padre, incontrerà Mattheo Riddle, figlio di Lord Voldemort, un essere che disprezza il sentimento e si diverte a manipolare gli altri. Egli scommetterà sulla vulnerabilità di Veronica, spera...