Claire era seduta sul divano di pelle bianca, una coppa di champagne nella mano tremante e lo sguardo perso tra le luci della città che si riflettevano nella vetrata immensa. La casa era bellissima, un capolavoro di lusso e design, ma le sembrava vuota. Ogni parete, ogni mobile impeccabile le ricordava quello che non c'era più. La casa di quando era piccola, quella con il camino che il padre accendeva d'inverno e il profumo di caffè al mattino, era svanita, così come lui.
"Papà non c'è più," pensava, e ogni volta era come una pugnalata al cuore. Sua madre, così impeccabile e determinata, aveva fatto in fretta a voltare pagina: una nuova casa, un nuovo marito, una nuova vita. Tutto era successo così velocemente che Claire non aveva avuto il tempo di elaborare. Il lusso era sempre stato parte di lei, lo amava, lo desiderava, ma ora le sembrava quasi un'armatura vuota. Era un paradosso: aveva tutto, eppure le mancava ciò che contava davvero. Claire si era sempre sentita al centro del mondo, una regina in un regno tutto suo. Ma ora, nella sua nuova famiglia, era come se fosse stata relegata a un ruolo secondario in una pièce teatrale che non aveva scelto. Suo fratellastro, il figlio dell'uomo che sua madre aveva sposato, era una figura lontana, quasi irreale. Non l'aveva mai incontrato. Durante il matrimonio della madre, lui era all'estero, impegnato in un misterioso programma di studio o lavoro. Ne aveva solo sentito parlare distrattamente, come di qualcuno che faceva parte del contorno e che lei non era tenuta a conoscere.
Quella distanza le dava fastidio, come una presenza invisibile che la osservava senza mai farsi vedere. Si chiedeva che tipo fosse: forse freddo e calcolatore, come suo padre, o forse completamente diverso, un'ombra silenziosa che si muoveva fuori dalla scena familiare. Quanto al nuovo marito di sua madre, Claire non aveva dubbi: sua madre l'aveva sposato per i soldi. Non c'erano altre ragioni plausibili. La donna che le aveva insegnato a non accontentarsi mai del poco non avrebbe mai accettato di rinunciare al lusso, e quest'uomo le garantiva tutto. Ma per Claire, lui era solo una figura artificiosa, sempre impeccabile ma del tutto priva di autenticità. La casa era bellissima, ma dietro le mura scintillanti si nascondeva un vuoto che neppure il lusso riusciva a riempire. Claire si guardava allo specchio della sua stanza, avvolta nell'ovattato silenzio di quella casa troppo grande. Il riflesso le restituiva l'immagine di una ragazza perfetta: i suoi capelli biondi cadevano in morbidi riccioli, incorniciando un viso che sembrava scolpito per attirare sguardi. I suoi occhi verdi, luminosi e profondi, raccontavano una storia che però nessuno leggeva davvero. Claire si piaceva, non c'era dubbio. Amava il modo in cui la luce accarezzava la sua pelle, il suo corpo snello e le linee eleganti che sembravano disegnate apposta per abiti di alta moda.
Eppure, dietro quella perfezione, si sentiva vuota. Una solitudine pesante si aggrappava a lei, strisciando nei momenti di silenzio, ricordandole che non bastava essere bella per sentirsi viva. L'unico modo per scappare da quel vuoto era rifugiarsi nelle sostanze. Non c'era altro che la facesse sentire davvero bene, neanche per poco. Le droghe erano la sua valvola di sfogo, la chiave per spegnere i pensieri e fingere che tutto andasse bene. Guardandosi negli occhi, non vedeva solo la ragazza perfetta che tutti invidiavano: vedeva anche una persona che si stava perdendo, giorno dopo giorno, in una spirale di piacere effimero e dolore nascosto.
Non era la prima volta che ci passava. Qualche mese prima, sua madre l'aveva costretta a entrare in un centro di recupero. Claire non voleva andarci, ma l'ultimatum era stato chiaro: o accettava, o si ritrovava tagliata fuori dal denaro di famiglia. Durante quei tre mesi lontana da tutto, aveva raccontato ai suoi amici di essere in vacanza in qualche paradiso tropicale, "un posto dove si vive solo di bikini e sole", come diceva con il tono frivolo che usava per sviare domande scomode. Ma il centro non era né soleggiato né rilassante. Era un luogo freddo e sterile, dove ogni giorno le ricordavano le sue fragilità.
Uscita di lì, aveva promesso a tutti – e a se stessa – che era cambiata, ma dentro di sé sapeva che il vuoto era ancora lì, più forte che mai. E così, a ogni specchio che incontrava, Claire non poteva fare a meno di chiedersi quanto sarebbe durata prima che il castello di bugie crollasse del tutto. Claire lasciò la sua stanza in un turbine di emozioni. Scese le scale con passi decisi, il rumore dei tacchi che rimbombava nel silenzio della casa. Aveva bisogno di risposte, o forse solo di qualcuno su cui scaricare la rabbia che sentiva crescere dentro di sé. Si diresse verso il soggiorno, sapendo che avrebbe trovato sua madre lì, perfettamente composta, come sempre.
Sua madre era seduta sul divano di pelle bianca, con le gambe accavallate e lo sguardo fisso sullo schermo del telefono, come se il mondo reale fosse troppo noioso per meritare la sua attenzione. Claire si fermò sulla soglia per un momento, osservandola. Era bella, di una bellezza quasi irritante, il genere di donna che sapeva sempre come attirare gli sguardi senza fare sforzi. Ma dietro quella perfezione, Claire vedeva solo superficialità, una donna viziata che aveva sempre ottenuto ciò che voleva senza preoccuparsi delle conseguenze.
"Possiamo parlare?" chiese Claire, il tono già carico di tensione.
Sua madre alzò lo sguardo, infastidita. "Se è per un altro dei tuoi drammi, Claire, non ho tempo."
"Non è un dramma," ribatté lei, entrando nella stanza e fissandola con occhi accesi. "È di papà che voglio parlare."
Il nome di suo padre era come una bomba lanciata in quel salotto perfetto. La madre sospirò, posando il telefono sul tavolino con un gesto lento e studiato. "Claire, abbiamo già affrontato questa storia."
"No, mamma, tu l'hai affrontata. Tu l'hai superata in un batter d'occhio. È morto, e nel giro di pochi mesi eri già pronta a voltare pagina con un altro uomo."
La madre scattò in piedi, puntandole contro un dito accusatorio. "Non osare giudicarmi! Non sai cosa ho passato. E comunque, io ho fatto quello che dovevo fare per noi. Per te."
"Per me?" Claire rise amaramente. "No, mamma, tu hai fatto tutto per te stessa. Per il lusso, per la tua immagine. Papà era appena morto, e tu eri troppo occupata a scegliere i colori delle pareti di questa nuova casa per piangere davvero."
La tensione era alle stelle. La madre scosse la testa, il viso contratto dalla rabbia. "Non ti permetto di parlarmi così. Non puoi capire cosa significa perdere tutto e dover ricominciare."
Claire la fissò, sentendo una rabbia che quasi le bruciava il petto. "Non ho perso tutto, mamma. Ho perso papà. Ma evidentemente per te lui era solo un capitolo da chiudere. E io? Sono solo un peso per te? Qualcosa che rovina il tuo piccolo mondo perfetto?"
La madre rimase in silenzio per un momento, il viso rigido come una maschera. Poi, con un tono freddo che gelò l'aria intorno a loro, disse: "Non distruggere quello che ho costruito, Claire. Non te lo permetterò."
Claire si voltò e uscì dalla stanza, le mani che tremavano di rabbia e di dolore. Non c'era più niente da dire. Claire si rifugiò nella sua stanza, sbattendo la porta dietro di sé. Era stanca, esausta dalla lite con sua madre, e sentiva il peso di un vuoto che sembrava non poter essere riempito. La sua stanza era un rifugio di lusso e caos: il grande letto matrimoniale con lenzuola di seta bianca, le pareti dipinte di un tenue grigio perla, e abiti firmati sparsi ovunque. Sulla toeletta, un disordine di profumi costosi, trucchi e gioielli che riflettevano la luce soffusa della lampada.
Si lasciò cadere sul letto, le lacrime che le scivolavano lungo il viso mentre stringeva il cuscino contro di sé. Cercava di calmarsi, ma ogni pensiero riportava la lite con sua madre, il dolore per la perdita di suo padre, e quella sensazione opprimente di essere sola in mezzo a una vita apparentemente perfetta. Fu allora che sentì un colpo leggero alla porta, un suono appena percettibile, prima che si aprisse lentamente.
Si voltò di scatto, sorpresa, e rimase senza fiato. Davanti a lei, sulla soglia, c'era il suo fratellastro. Non lo aveva mai visto prima, e la sua presenza sembrava quasi irreale. Era un dio, bellissimo e magnetico, con occhi grigi profondi come il mare in tempesta e capelli castani che cadevano morbidi sulla fronte. Indossava una camicia bianca sbottonata al collo e jeans scuri, un look semplice che esaltava la perfezione dei suoi tratti.
"Scusami," disse lui con una voce bassa e calma, "non volevo disturbarti."
Claire lo fissava, incapace di trovare le parole. Aveva immaginato molte cose su di lui, ma mai un volto come quello, né una presenza che sembrava riempire la stanza. Cercò di asciugarsi le lacrime in fretta, cercando di ricomporsi, ma non riuscì a nascondere il dolore che si portava dentro. "Chi sei?" chiese, la voce rotta ma decisa.
Lui si appoggiò allo stipite della porta, osservandola con un'espressione che sembrava quasi... curiosa. "Sono il tuo fratellastro," disse semplicemente, come se quelle parole dovessero bastare. Ma per Claire, bastarono solo a creare altre domande.
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Ossessione proibita
RomantizmLe dita di Alex scivolarono lungo il braccio di Claire, lente, calcolate, quasi a voler marcare ogni centimetro della sua pelle. Era immobile, bloccata tra il muro freddo alle sue spalle e la sua presenza opprimente, calda e soffocante. "Perché cont...