Napoli, 1821. Nel ventre della città, sotto la superficie, si nasconde un'Accademia che forma streghe e guerrieri da sempre impegnati nella faida contro i seguaci del culto micaelico.
Azaria, una giovane di salute cagionevole, cresciuta in una famig...
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La mia corsa sfrenata mi condusse fuori dal bosco incolume. Nessun altro longobardo osò inseguirmi e attaccarmi né ne trovai qualcuno sul mio cammino.
Le nuvole si spostarono e la luce della luna tornò a brillare sull'intera area. Avevo il viso segnato dalle lacrime e ansimavo pesantemente per la corsa che avevo fatto. Ero distrutta. L'incontro con Arechi mi aveva lasciata tremante e ferita. Non aveva mai usato con me quel tono di disgusto e non riuscivo a smettere di pensare al suo sguardo, ai suoi modi. Potevo capire che non ero la migliore janara che potesse capitargli, soprattutto essendo lui un punto di riferimento all'interno dell'Accademia, ma sentivo di non meritare tutto quel disprezzo.
Mi fermai al limitare del bosco e indugiai lì. Cercai di asciugarmi le guance approfittando della solitudine che mi circondava. Non potevo farmi vedere in quello stato, non potevo mostrare quanto il Lupo mi avesse ferita.
Ripresi a camminare girando attorno al fitto bosco da cui ero uscita. Mi sembrava di scorgere la luce dei fuochi che le insegnanti avevano sospeso magicamente nell'aria. E non mi sbagliai. A mano a mano che mi avvicinavo si facevano più nitide diverse sagome di chi era già uscito dal bosco.
Le mani iniziarono a sudarmi e una sensazione di profondo disagio mi fece accelerare il battito cardiaco. Indossai l'arco a tracolla solo per avere entrambe le mani libere per asciugarle nervosamente sui pantaloni di pelle.
Le professoresse osservavano il bosco con attenzione, forse per essere pronte a intervenire nel momento in cui qualche strega potesse avere bisogno di aiuto. Ora che avevo sostenuto il rituale mi resi conto di quello a cui non ci avevano preparato. Io non ero neanche in grado di usare un arco e, come me, sicuramente molte altre, abituate a utilizzare la sola magia.
Oltre alle insegnanti distinsi un gruppo di persone. Alcune streghe si confortavano a vicenda, evidentemente non erano riuscite a trovare il proprio camfio; alcune presentavano delle ferite, come tagli sanguinanti sulle braccia o sulle gambe. Una delle professoresse si stava prendendo cura di tutte loro, risanando i loro tagli con il potere. Il gruppo in primo piano fu quello che mi colpì subito perché riconobbi dei volti familiari e loro riconobbero me.
Mi morsi nervosamente il labbro inferiore cercando di non abbandonarmi nuovamente al pianto. Avrei voluto tenere per me quello che era appena successo nel bosco ma sapevo che avrei dovuto giustificare alle professoresse e alla preside ciò che era accaduto.
Costanza, sorridente e raggiante, mi venne immediatamente incontro stringendomi la mano. Poi si adombrò nel rendersi conto che non ero seguita da nessun longobardo. Schiuse le labbra pronta a domandare, ma io riuscii a batterla sul tempo.
"Allora, è andata bene questa volta?" mi sforzai di mostrarle un sorriso.
"Sì, l'albero mi ha legata ad un giovane camfio, un Halfhundingas." Sospirò e mi strinse il braccio con fare divertito. "Sai che avrei preferito un lupo ma non mi posso lamentare, i cani sono imparentati."