Napoli, 1821. Nel ventre della città, sotto la superficie, si nasconde un'Accademia che forma streghe e guerrieri da sempre impegnati nella faida contro i seguaci del culto micaelico.
Azaria, una giovane di salute cagionevole, cresciuta in una famig...
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
L'appartamento signorile dove viveva Gisulf occupava l'intero primo piano di un palazzo nobiliare situato al centro di Napoli. Era uno dei pochi ad occupare la palazzina che appariva all'esterno abbandonata all'incuria e al passare del tempo. Il massiccio portone che affacciava su una delle stradine era costantemente chiuso, proteggendo il cortile da occhi indiscreti.
Dalle ampie finestre che illuminavano il soggiorno ero riuscita ad osservare tutto questo e non solo. Una delle aperture dava anche sulla strada principale permettendomi di guardare, a debita distanza, la vita quotidiana dei popolani che affollavano i tipici vicoletti della mia città. Il vociare diffuso, unito alle urla degli abitanti che richiamavano l'attenzione sulle proprie merci, arrivava ben distinto alle mie orecchie e io mi intrattenni per diverso tempo ad osservarli.
L'infuso aveva migliorato le mie condizioni fisiche in soli due giorni, con mio enorme stupore. Avevo ancora il volto pallido e gli occhi erano ancora scavati da occhiaie profonde ma almeno adesso riuscivo a stare in piedi e la febbre era definitivamente scesa.
A differenza dell'esterno, l'appartamento di Gisulf era curato nei minimi dettagli. Le stanze erano ampie e luminose, le carte da parati erano differenti per ogni ambiente e il parquet era impeccabile nella sua lucentezza.
Un suono di passi alle mie spalle mi costrinse a smettere di seguire il battibecco concitato a cui si erano lasciate andare due popolane lungo la strada. Mi voltai con lentezza, ero certa che quel suono di passi appartenesse a Matilde, la donna che si stava prendendo cura di me con tanta attenzione.
"È l'ora dell'infuso, signorina Azaria." La sua voce dolce mi portò a piegare le labbra in un accenno di sorriso.
Matilde aveva tra le mani la solita tazzina di porcellana con l'infuso che poggiò garbatamente sul tavolino di legno, accanto alla chaise longue. Quella su cui ero svenuta diversi giorni prima e su cui avevo faticato a riprendermi dalla febbre.
"Grazie, Matilde." le dissi, senza allontanarmi ancora dalla finestra. "Il signor Gisulf è rientrato?"
Dopo l'incontro che avevo avuto con la donna dai capelli ricci, il massiccio Ulfari ed il padrone di casa, due giorni prima, quest'ultimo si era completamente dileguato. Mi aveva lasciata sola con mille domande a cui l'infermiera si era categoricamente imposta di non rispondere. Matilde mi osservò per alcuni istanti e alla fine scosse lentamente la testa in risposta alla mia domanda. Mi abbandonai ad un sospiro pesante e ritornai a guardare fuori dalla finestra con aria annoiata. La vita continuava a svolgersi normalmente a pochi metri da me. Avevo solamente cambiato ambiente ma la mia condizione da reclusa era la medesima: malata ero e malata ero rimasta.
"Non sarò Gisulf Lotario ma credo di poter rispondere ugualmente alle tue domande."
Una voce alle mie spalle interruppe nuovamente il flusso dei miei pensieri costringendomi a voltarmi di scatto. Nella stanza non c'era più traccia dell'infermiera Matilde ma, al suo posto, vi era la donna dai capelli ricci che avevo incontrato qualche giorno fa. La donna mi osservò indugiando per alcuni istanti sulla soglia del salotto, il volto sembrava sereno e poco dopo accennò ad un sorriso. Adocchiò quasi subito la tazzina fumante sul tavolino e fece per indicarmela con la mano.