Napoli, 1821. Nel ventre della città, sotto la superficie, si nasconde un'Accademia che forma streghe e guerrieri da sempre impegnati nella faida contro i seguaci del culto micaelico.
Azaria, una giovane di salute cagionevole, cresciuta in una famig...
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Avevo perso il conto dei bicchieri di vino che Costanza era stata costretta a riempirmi dopo lo sbandamento ormonale che Arechi mi aveva causato, e che io avevo causato a lui. E quando anche la caraffa si era svuotata, mi ero alzata barcollante, ma determinata a rifornirmi personalmente al bancone.
Inutili furono le insistenze delle mie amiche nel convincermi a fermarmi. Le loro parole erano sempre accompagnate da sorrisini di puro divertimento, di sicuro compiaciute dalla mia inaspettata reazione. Io ne ero assolutamente angosciata, e avevo bisogno di spegnere sul nascere ogni sensazione corporea. In più, avevo l'urgenza di allontanarmi da quell'area. Manfrit e Arechi, dopo essersi torturati vicendevolmente, avevano lasciato il recinto per curare le ferite. Il timore che potessero ritornare nella zona dove sedevamo era concreto e io non volevo in alcun modo sentire di nuovo lo sguardo di Arechi su di me.
Avevo scoperto nel vino la cura che stavo cercando, dandomi una sensazione di leggerezza inaspettata. E le caraffe sul bancone erano ancora belle piene e sufficienti a farmi proseguire la serata in modo positivo. Finalmente il mio bicchiere fu di nuovo pieno e iniziai a sorseggiarlo lentamente, come se fossi un'intenditrice. A stento sapevo come fossi riuscita a rimanere in piedi fin lì.
Mi voltai, col bicchiere appoggiato sul labbro inferiore, e mi ritrovai schiacciata tra il tavolo e l'enorme corporatura di Brando. La sorpresa, nel ritrovarmelo davanti, mi fece trasalire e per poco non mi affogai col vino.
Aveva ancora il petto nudo, sudato e sporco, ma era stato risanato dopo gli ultimi combattimenti nel recinto. Il suo respiro era irregolare e confermava il turbamento che gli leggevo nello sguardo fiammeggiante e nella mascella serrata.
Schiacciata da quello sguardo, mi strinsi maggiormente contro il bancone alle mie spalle, dandogli modo di compiere un ulteriore passo verso di me. I suoi occhi scuri indugiarono sul mio bicchiere ricolmo.
"Mi stai evitando." Non mascherò la rabbia con cui mi rivolse quella conclusione.
Allontanai il bicchiere dalle labbra e presi a rigirarlo nervosamente tra le mani.
"Non è così..." non feci in tempo a continuare.
Lui avanzò di un altro passo, troneggiando su di me con i suoi occhi infuocati.
"Mi stai evitando." Ripeté con più determinazione, soffocando un ringhio. "E lo trovo insopportabile."
"Io trovo insopportabile non potermi avvicinare." Sbottai, il vino non riuscì a farmi trattenere.
Il suo corpo era così vicino al mio che ne sentivo l'odore forte dovutoalla lotta e al sangue, suo e di altri.
"C'è sempre Silvia al tuo fianco." Dissi senza pormi alcun problema. "E quando non c'è, vi cercate con lo sguardo. È troppo per me."
Sostenni i suoi occhi furiosi e aggrottai le sopracciglia. Ero indignata, gelosa, e ferita dalla sua mancanza. Da quando Silvia era comparsa nella sua vita, mi sentivo sempre messa in secondo piano.