Napoli, 1821. Nel ventre della città, sotto la superficie, si nasconde un'Accademia che forma streghe e guerrieri da sempre impegnati nella faida contro i seguaci del culto micaelico.
Azaria, una giovane di salute cagionevole, cresciuta in una famig...
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La mattina del Foedus era arrivata e ne percepivo la tensione in tutto il corpo. Avevo ancora dolori articolari che non facevano che aumentare da quando Arechi aveva preso il posto di Giulia negli allenamenti. Insieme agli arti, anche il mio orgoglio soffriva ogni volta che finivo di schiena sul tappeto o quando, all'ultimo secondo, il mio pugno mancava lo zigomo del Lupo. Ero frustrata, ma quella mattina avevo ben altri pensieri per la testa.
Volevo assolutamente parlare con Brando e desideravo farlo nella mia stanza, dove non avremmo avuto orecchie indiscrete ad ascoltarci.
Seduta sul letto della mia piccola stanza, avevo fissato a lungo la fibula che mi aveva regalato. Con il pollice ne avevo carezzato con delicatezza la superficie, gli intagli, le pietre preziose incastonate a creare il disegno di un orso.
Mi aveva detto che se avessi avuto bisogno di lui lo avrebbe percepito grazie a quella spilla e speravo davvero che il mio richiamo gli arrivasse. Mi sentii molto stupida mentre ci provavo.
Il suono della mia voce, intento a chiamare il suo nome e la successiva richiesta, mi avevano fatto arrossare in viso. Per questo, riprovai più volte con degli appelli mentali, sperando potesse bastare.
Erano passati una ventina di minuti e lui non si era ancora presentato. Sospirai, ero certa che stavo sbagliando qualcosa. Quindi mi alzai dal letto e iniziai a vestirmi.
Avevo appena infilato i pantaloni di pelle e una casacca bianca quando un suono alla porta mi fece trasalire. Mi affannai a legare i fili che permettevano alla scollatura della casacca di stringersi e mi avvicinai immediatamente alla porta.
Quando la aprii mi ritrovai l'Orso davanti. Indossava già gli abiti da combattimento che avrebbe dovuto avere quella sera per il rituale: un completo di pantalone e casacca neri. Anche lui non aveva una janara al suo fianco e forse quella sera l'avrebbe trovata. Forse sarei stata io. Quel pensiero mi fece venire le vertigini e il sorriso delicato che Brando mi riservò mi fece accelerare il battito.
"Finalmente hai deciso di usare quella spilla e di invitarmi nella tua stanza..." alluse, inarcando un sopracciglio mentre vedevo che gettava un'occhiata al piccolo alloggio alle mie spalle.
Era tutto perfettamente in ordine. Sulla scrivania erano impilati, in base agli argomenti, tutti i volumi che Arechi mi aveva assegnato da studiare. Il letto era rifatto e il corpetto di pelle che giaceva al centro del materasso, era l'ultimo pezzo che avrei indossato prima di lasciare la stanza.
"Certo, avresti potuto scegliere un orario un po' più consono a un incontro." Continuava a scherzare e io sbuffai divertita.
"È l'orario adatto per parlare." Dissi, spalancando la porta per permettergli di entrare.
"Accidenti, sono già nei guai?" pronunciò quelle parole mentre entrava ad ampie falcate nella stanza.
Risi, Brando sembrava di ottimo umore quella mattina e per alcuni istanti mi dimenticai i reali motivi per cui lo avevo chiamato. Chiusi la porta e mi ci appoggiai contro, prendendomi qualche secondo per osservarlo.