Napoli, 1821. Nel ventre della città, sotto la superficie, si nasconde un'Accademia che forma streghe e guerrieri da sempre impegnati nella faida contro i seguaci del culto micaelico.
Azaria, una giovane di salute cagionevole, cresciuta in una famig...
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Mi ero addormentata senza neanche rendermene conto e, ora che riaprivo lentamente gli occhi, la stanza era avvolta dall'oscurità della sera. Non avevo idea di che ore fossero. Il pensiero tremendo di trovarmi nuovamente in uno dei miei incubi mi colse all'improvviso ed il cuore iniziò la sua corsa frenetica nel petto. Per mia fortuna, però, non era così. Me ne resi conto pian piano, non appena i miei occhi iniziarono ad abituarsi all'assenza di luce e riconobbi il mobilio della mia stanza.
Con mia enorme sorpresa ero riuscita a riposare serenamente. Mi abbandonai ad un lungo sospiro.
Mi ritrovai a fissare il soffitto e, come una valanga, tornarono a ripresentarsi tutti i pensieri negativi che ero riuscita a mettere da parte prima di addormentarmi. Ero tremendamente stanca di vivere la mia vita rinchiusa in quelle quattro mura. Non ricordavo neanche più l'ultima volta che ero riuscita a godermi una passeggiata per i vicoli della mia città. Quelle che consideravo "amiche" avevano smesso di farmi visita molto tempo prima, quando vedendo peggiorare il mio stato di salute, avevano temuto potesse essere contagioso. Ero rimasta sola.
La vista del soffitto si offuscò perché le lacrime si stavano assiepando davanti agli occhi impedendomi di vedere con chiarezza.
Cercai di riscuotermi. Non avevo alcuna voglia di lasciarmi andare all'ennesimo pianto disperato e inutile. Ne sarei uscita solamente con un umore peggiore e il mio stato sarebbe comunque rimasto quello attuale.
Mi asciugai gli occhi con la manica della camicia da notte e, subito dopo, cercai goffamente di sollevarmi facendo leva su entrambe le mani. Dovetti provare più volte perché i muscoli, oramai inesistenti, non mi permettevano di sorreggermi. Ero spossata, debilitata, forse a breve non sarei più riuscita ad alzarmi dal letto senza l'aiuto di qualcuno. Mi feci forza e, finalmente, riuscii a poggiare la schiena contro il legno rigido della spalliera. Ero al centro del grande letto matrimoniale che occupava gran parte della mia stanza. Davanti a me avevo lo scrittoio perfettamente ordinato, con pennino ed inchiostro e fogli di carta bianca che non usavo da molto tempo, e lo specchio in cui riuscivo già a scorgere la mia sagoma bianca come un cadavere. Indirizzai gli occhi altrove immediatamente.
Fu per pura casualità che li posai sulla porta. Stranamente, mi resi conto che non era chiusa come al solito ma poggiata contro lo stipite. Me ne accorsi perché, dallo spiraglio lasciato aperto, riuscivo a scorgere una luce tremolante di candela proveniente da una delle stanze lungo il corridoio. Qualcuno della mia famiglia doveva essere ancora sveglio evidentemente. Trattenni il respiro per alcuni istanti e cercai di ascoltare se dall'esterno della mia stanza provenisse qualche rumore.
Il silenzio attorno a me si fece a dir poco assordante e mi ci volle parecchio tempo per riuscire a distinguere un lieve brusio proveniente dall'altro lato della porta. Ero terribilmente incuriosita e, come se non mi fossi neanche resa conto delle mie azioni, mi ritrovai a spostare le lenzuola e scivolare lentamente fuori dal letto. L'aria pungente della sera mi causò non pochi brividi sulla pelle eppure mi spostai a piedi nudi per la stanza, raggiungendone il centro. Riuscivo a stare in piedi nonostante la debolezza del mio corpo e questo per me fu già motivo di profondo orgoglio.