Cap.40: The Bolshoi Theatre

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Le settimane successive alla nomina di Flaminia come stella emergente del panorama della danza classica furono un turbine inarrestabile di impegni e attenzione mediatica. Da giovane promessa a icona indiscussa, il suo nome rimbalzava da un capo all'altro del mondo della danza, diventando sinonimo di talento, disciplina e determinazione. Ogni rivista specializzata desiderava una sua intervista, ogni programma dedicato alle arti performative chiedeva una sua presenza. Le fotografie in pose plastiche e avvolte da luci teatrali illuminavano le copertine di prestigiose pubblicazioni, mentre critici e spettatori lodavano il suo stile unico, che riusciva a fondere grazia e forza con una sensibilità rara.

Flaminia, tuttavia, sembrava quasi immune a tutto quel clamore. Accettava gli impegni con professionalità, ma senza mai lasciarsi coinvolgere realmente dalla gloria. Il suo pensiero era rivolto a una sola cosa: il prossimo passo, il prossimo palcoscenico. La stagione ufficiale della compagnia si era conclusa, eppure per lei il lavoro non si fermava. Numerosi teatri, da Parigi a Tokyo fino a  Londra, inviavano offerte, cercando di accaparrarsi quella che ormai era considerata la ballerina più luminosa del momento. Ogni proposta era lusinghiera, ogni invito un riconoscimento del suo valore. Ma Flaminia, con la determinazione che l'aveva sempre contraddistinta, aveva già scelto il suo obiettivo.

Il Bolshoi.

Per lei, non c'era altro che il Bolshoi. Quel teatro leggendario, tempio della danza classica, rappresentava il culmine di una carriera, il sogno che pochi riuscivano a realizzare. Quando l'offerta finalmente arrivò, un invito ufficiale per unirsi alla compagnia per una stagione completa, Flaminia non esitò nemmeno un secondo. Con un respiro profondo e un sorriso che finalmente lasciava intravedere un'emozione autentica, accettò.

Quando comunicò la notizia a Madame Thomas, la donna si commosse. La direttrice della scuola, che per anni aveva seguito Flaminia come una madre adottiva, si lasciò andare a un applauso silenzioso, gli occhi lucidi di orgoglio. "Flaminia," disse con voce tremante, "hai appena conquistato ciò che molti di noi hanno solo osato sognare. Il Bolshoi non è solo un teatro. È una consacrazione. È l'Olimpo."

Flaminia, in quel momento, sentì un misto di emozione e gratitudine. Sapeva quanto quella vittoria fosse anche un tributo a Madame Thomas, che aveva sempre creduto in lei, anche nei momenti più bui.

"Grazie, Madame," rispose Flaminia, abbassando lo sguardo per un istante, quasi a nascondere un lampo di umiltà. "Se sono qui, è anche grazie a lei."

Madame Thomas scosse la testa con un sorriso dolce. "Sei qui perché lo hai meritato. Ma lasciami darti un consiglio, Flaminia, ricordati che anche una stella ha bisogno di riposo. Non bruciare troppo in fretta, perché il mondo ha bisogno della tua luce per molto, molto tempo."

Flaminia sorrise timidamente, un gesto raro per lei, ma le parole di Madame Thomas toccarono corde profonde nel suo cuore. La direttrice si prese un momento per riordinare i pensieri, poi si avvicinò alla giovane étoile e le posò una mano sulla spalla. "Sai," disse con voce tremante, "il Bolshoi è stato anche il mio sogno, molti anni fa. Ma per me è rimasto solo un sogno. Vedere te arrivarci... è come se una parte di me fosse lì con te. E per questo ti ringrazio."

La notte di New York vibrava di luci e suoni, un turbinio di colori che avvolgeva Flaminia mentre si fermava al centro di Times Square. Il cielo sopra di lei era scuro, ma le insegne luminose rendevano l'ambiente quasi irreale, come se fosse intrappolata in un sogno. La folla continuava a scorrere attorno a lei, un flusso incessante di volti e vite che si incrociavano senza mai fermarsi. Eppure, lei si sentiva sola, immersa in un silenzio tutto suo, come se la città si fosse spenta per lasciarle spazio ai suoi pensieri.

Il cuore le batteva forte, non per l'emozione delle luci o della folla, ma per qualcosa di più profondo. Ce l'aveva fatta. Il suo sogno, quello che aveva inseguito con ostinazione, sacrificio e dolore, si era finalmente realizzato. Era salita su quel palco, aveva danzato davanti al mondo e sentito il pubblico applaudire non solo per la sua tecnica ma per la sua anima. Eppure, ora che tutto si era concretizzato, si sentiva vuota, come se il traguardo fosse stato solo un'illusione, una tappa su un cammino che sembrava non avere mai fine.

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