Cap.36: New York

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La vita di Flaminia, dopo quell'incontro con Pietro, tornò alla normalità. Tornata a New York, era ripiombata nel vortice della sua carriera, che continuava a brillare con intensità accecante. Ormai era la stella indiscussa della compagnia, il nome su cui tutti i riflettori erano puntati. Ogni balletto di spicco, ogni coreografia innovativa vedeva lei come protagonista, senza alcuna esitazione da parte dei coreografi. Era come se nessuno avesse dubbi: Flaminia era il cuore pulsante di quella compagnia.

Ma questa sua innegabile superiorità creava delle crepe nel tessuto sociale del gruppo. I suoi colleghi, molti dei quali altrettanto talentuosi e con anni di dedizione alle spalle, cominciavano a mal sopportare quella disparità. La loro fatica, il loro impegno, sembravano sbiadire di fronte al carisma naturale e all'incredibile tecnica di Flaminia. E non si trattava solo della sua abilità fisica: c'era qualcosa nella sua presenza scenica, nella sua capacità di rendere ogni movimento un atto narrativo, che lasciava gli altri un gradino indietro.

Le audizioni per i ruoli principali, un tempo un momento di confronto e competizione per i ballerini, erano diventate una formalità. I coreografi non si preoccupavano nemmeno di organizzarle quando si trattava di scegliere la protagonista. Bastava il nome di Flaminia. Per gli altri membri della compagnia, questo era un colpo al loro orgoglio e alla loro motivazione. Le conversazioni nei camerini, un tempo piene di cameratismo e supporto reciproco, ora erano intrise di risentimento sussurrato.

"Non è giusto. Non è l'unica brava qui, ma sembra che per loro esista solo lei."
"Sì, ma guarda come si muove... è quasi disumano. Come fai a competere con una cosa del genere?"
"Competere? È impossibile! Non ci danno nemmeno la possibilità di provare."

Questi mormorii serpeggiavano tra i corridoi e le sale prove, come una corrente sotterranea di tensione che minava il clima di lavoro. E Flaminia? Lei sembrava ignara, o forse, semplicemente, immune. Si concentrava solo sulla danza, immergendosi totalmente in ogni ruolo che le veniva assegnato. Non parlava molto con gli altri, mantenendo sempre quel suo atteggiamento distaccato che molti scambiavano per arroganza. Ma la verità era diversa: Flaminia non aveva tempo per le polemiche. Il suo unico pensiero era il palcoscenico, e tutto ciò che accadeva dietro le quinte le sembrava secondario.

Ciononostante, Philipp, che continuava a seguirla da lontano, aveva ragione. Quel "mostro" che un tempo aveva visto in lei era ancora presente, più vivo che mai. Si nascondeva nei suoi occhi quando provava e riprovava una sequenza fino allo sfinimento. Si mostrava nei suoi movimenti perfetti, che sembravano scolpiti nella tensione. E si sentiva nelle notti solitarie in cui, pur avendo il mondo ai suoi piedi, Flaminia si ritrovava sola nel suo appartamento, circondata solo dai riflessi della città che non dorme mai.

Non c'era spazio per altro nella sua vita: né per l'amicizia, né per l'amore.

Eppure, ogni volta che le luci del teatro si accendevano e il sipario si alzava, Flaminia diventava un'altra persona. Sul palco, non c'erano mostri. C'era solo lei, con il suo talento ineguagliabile, la sua capacità di emozionare, e una forza che sembrava trascendere ogni limite umano. Il pubblico la adorava, i critici ne elogiavano la genialità, e i coreografi non facevano che chiedersi come avessero avuto la fortuna di lavorare con una tale icona vivente.

Sonia e Fabrizio sedevano in silenzio nel salotto di casa, avvolti in un'atmosfera carica di tensione e rimpianto. La televisione era accesa, ma nessuno dei due prestava attenzione alle immagini che scorrevano sullo schermo. Quel pomeriggio, per l'ennesima volta, avevano visto un servizio su Flaminia: un video di lei che ballava, accompagnato da commenti entusiasti sul suo talento e sulla sua capacità di rinascere dopo l'infortunio. I giornalisti parlavano di determinazione, passione e successo, lodandola come un esempio da seguire.

Fabrizio tamburellava nervosamente le dita sul bracciolo della poltrona, mentre Sonia si accaniva sul bordo della sua tazza di tè, stringendola così forte da far quasi sbiancare le nocche. "Flaminia questa, Flaminia quella," sbottò Fabrizio all'improvviso, la voce carica di frustrazione. "Come se fosse l'unica persona al mondo che ha imparato a ballare."

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