Pietro rimase a New York con Flaminia più a lungo di quanto inizialmente avesse previsto. Non fu una decisione sofferta: c'era una naturalezza nei loro gesti, un senso di giusto nel condividere quel momento di transizione. La città, con il suo caos ordinato e il ritmo incessante, sembrava quasi rallentare per accogliere il loro nuovo equilibrio.
I giorni passavano tra scatoloni e pacchi, catalogazioni e decisioni su cosa portare e cosa lasciare indietro. Flaminia aveva deciso di fare un trasloco radicale, portando con sé solo ciò che era essenziale. Pietro la aiutava con dedizione, caricando i pacchi più pesanti, smontando mobili e trovando soluzioni creative per ottimizzare lo spazio. Ogni gesto di lui era accompagnato da una battuta, un sorriso, o un'occhiata complice. Era come se quei due anni di lontananza non fossero mai esistiti.
Nella confusione del trasloco, avevano trovato una routine che somigliava a una convivenza. Condividevano i pasti, le serate, e persino i piccoli rituali quotidiani. La mattina, mentre Pietro preparava il caffè, Flaminia si dedicava agli esercizi di danza nel salotto, dove aveva ricavato un piccolo spazio per la sbarra e lo specchio. Non era la sua routine rigida e intransigente di sempre, ma una versione più morbida, più umana. Faceva gli esercizi con disciplina, sì, ma senza l'ossessione che la consumava.
Pietro la osservava spesso, seduto sul divano con la tazza di caffè caldo tra le mani. La guardava muoversi con quella grazia che lo aveva sempre lasciato senza parole, i muscoli che si allungavano e si contraevano come se stessero raccontando una storia. Ma c'era qualcosa di nuovo in lei: una serenità che prima mancava. Flaminia non stava più combattendo contro il tempo o contro se stessa. Stava semplicemente danzando.
Quando finiva, lei si lasciava cadere accanto a lui sul divano, il viso arrossato dallo sforzo ma rilassato. Pietro le porgeva un asciugamano o una bottiglia d'acqua, e spesso le passava una mano tra i capelli. Non dicevano molto; non ce n'era bisogno. C'era un'intesa tra loro, una quieta accettazione di quel momento di normalità, come se fosse sempre stato così.
Le serate erano un mix di risate e ricordi. Spesso finivano a cucinare insieme, con Pietro che insisteva per provare ricette assurde e Flaminia che si lamentava scherzosamente della quantità di burro e olio che usava. Cenavano al tavolo, con le scatole del trasloco impilate negli angoli della stanza, e si perdevano in conversazioni che spaziavano dai progetti futuri ai ricordi più dolci del passato.
C'era qualcosa di catartico nel lavorare insieme per il trasloco. Per Flaminia, rappresentava un momento di pausa dalla danza, un'opportunità per guardarsi intorno e apprezzare tutto ciò che aveva costruito. Certo, non passava un giorno senza che eseguisse almeno qualche esercizio, ma lo faceva con un ritmo diverso, meno ossessivo.
Per Pietro, invece, quel periodo era un modo per riconnettersi con lei, per riscoprire la persona che non aveva mai smesso di amare. Ogni gesto, ogni parola scambiata, ogni risata condivisa sembrava cancellare un po' di quella distanza che li aveva separati.
Le notti erano altrettanto intime. Si addormentavano uno accanto all'altra, spesso parlando a bassa voce fino a tardi, come due adolescenti che si confidano segreti sotto le coperte. La presenza dell'altro era un conforto, un promemoria che, nonostante il tempo e la distanza, erano ancora Pietro e Flaminia.
Mentre i giorni passavano e i pacchi si accumulavano, Flaminia cominciava a sentire una strana eccitazione per il futuro. L'idea di andare a Mosca con Pietro al suo fianco, di avere qualcuno con cui condividere non solo il suo spazio, ma anche i suoi sogni, la riempiva di una nuova energia.
E Pietro, vedendo quella luce nei suoi occhi, sapeva che ogni scatolone spostato, ogni sacrificio fatto per restarle accanto, era valso la pena. Perché, in fondo, loro non avevano mai davvero smesso di essere Pietro e Flaminia. E ora, insieme, stavano costruendo qualcosa di nuovo.
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OBSESSION
FanfictionFlaminia: " l'ambizione batte il talento" TrigNo: " sei bella anche quando t'incazzi Ti giuro che vorrei, ma non riesco ad odiarti"