Roma – 5 giugno 2026
Kephas.L'estate era alle porte. Insipide gocce d'acqua cadevano ripide dal cielo picchiettando per terra; un turbinio di pensieri dolenti e infelici avevano dato il via a un triste risveglio. La giornata era da poco iniziata, e il gruppo di ingegneri era occupato a risolvere alcuni problemi, scaturiti dall'esplosione di uno dei due motori di avviamento della piattaforma temporale, emersi un paio di giorni addietro.
Per buona sorte il motore era esploso all'aperto, senza riportare danni al resto del lavoro svolto nei sotterranei di Palazzo Montecitorio. Questo incidente, tuttavia, aveva rallentato i lavori in modo considerevole. Tra l'altro, finora, Goethe non aveva voluto rivelarci come sarebbe dovuta avvenire, concretamente, la fase dello spostamento spazio-temporale, e questo faceva sì che il progetto risultasse ancora molto astratto.
Come ogni mattina mi ero messo in contatto con Andrea: con voce docile e allegra mi aveva comunicato che lo scienziato stesse insegnando loro una miriade di nozioni interessanti, con garbo e pazienza. Quando non studiavano, lei, Sofia e tutti gli altri godevano dei vari confort che il grattacielo offriva, passando giornate ricreative e rilassanti.
Parlare con lei scaricava gran parte della tensione accumulata nell'ultimo periodo, se non altro perché sapevo che i miei amici fossero al sicuro, in un luogo protetto e confortevole. Al contrario, quando era lei a chiedermi come stavo, mentivo... e mi chiedevo se stessi facendo la cosa giusta. I miei vestiti erano fradici. La tesa del mio cappello da cowboy, trovato in una stanza di Palazzo Montecitorio, grondava un rivolo d'acqua davanti al viso e un altro dietro la schiena. L'impermeabile gettava fiumi di pioggia sull'asfalto.
Osservavo da tempo, al centro della piazza di Montecitorio, i palazzi bianchi che sotto l'acquazzone erano diventati grigi, come se l'acqua del temporale anziché pulirli li stesse sporcando. Sulla città aleggiava una cappa triste. Pensai che il cielo stesse piangendo come il mio cuore. Per quanto ancora avrei dovuto ricordare i miei giorni più infelici? Alcuni passi risuonarono alle mie spalle, pestando con rapidità le pozzanghere.
"Giacomo mi ha detto che volevi parlarmi!" disse Kariot con tono severo, fermandosi al mio fianco, con un ombrello sopra la testa e lo sguardo fisso davanti a sé.
Lo guardai con la coda dell'occhio, sospirando.
"Ricordi quando ti ho parlato dei miei incubi?"
"Sì, certo. Ne abbiamo parlato parecchie volte."
"Sono tornati, Kariot."
Egli mi lanciò uno sguardo scettico.
"Non erano terminati molto tempo fa?" mi chiese, con tono più cupo.
"Sì!" risposi, preoccupato. "Esattamente il giorno in cui ci siamo incontrati e... il fatto che siano tornati... cosa vuol dire secondo te?"
Kariot accennò un sorriso.
"Incontrare me è stato positivo, no?" chiese, sarcasticamente. "Magari è un segno che le cose andranno meglio d'ora in poi... che ne so, sarebbe una fortuna se i lavori procedessero senza più interruzioni."
Mi voltai verso di lui, con il volto basso.
"Non so, Kariot. Ho una brutta sensazione."
Egli mi diede una pacca sulla spalla.
"Andrà bene, Kephas. Hai lottato per le tue idee e ci hai portati fin qui. Non devi temere di nulla, ormai il peggio è passato."
"Dici?" domandai, rialzando lo sguardo su di lui. "E allora perché gli incubi sono tornati a tormentarmi?"
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Ricordi di un mondo passato (Cartaceo)
FantasyIl romanzo è stato pubblicato da Lettere Animate in formato digitale e cartaceo. La versione su wattpad è completa e gratuita. Limitarsi a credere a ciò che i nostri occhi vedono, non è come sostenere che l'acqua esiste solo per dissetarci? Sin...