Alessio.
Mi sentivo svuotato, eppure mi sembrava di pesare duecento chili. Camminavo strisciando i piedi per terra, la schiena piegata in avanti, la mente sempre più buia, come un uomo a cui avevano strappato la voglia di vivere... privato del cuore. I ricordi sbiadivano da una parete all'altra del cervello. Afferrai al volo una fotografia e chiusi gli occhi per non lasciarla sfuggire, nel mentre che continuavo ad avanzare; eravamo io e Simone, in divisa, sorridenti, in una nave militare, il giorno in cui avevamo chiuso con il passato... nostro padre, nostra madre, la droga. Era il giorno della vita nuova.
La fotografia si dissolse e schiusi le palpebre. Attorno a me l'oscurità dominava uno scenario difficile da interpretare; volsi lo sguardo a terra, dietro di me, mi fermai un attimo e ripresi a camminare. Avevo una palla di cannone attaccata alla caviglia con una catena di ferro, e mi muovevo in fila indiana in mezzo a persone che non avevo mai visto prima. L'uomo di fronte ai miei occhi portava con sé soltanto la sua ombra, i quali bordi lumeggiavano di bianco.
"Che buffo" pensai.
Dopodiché, insospettito, mi girai e mi resi conto che anche l'uomo alle mie spalle non era altro che una macchia nera avvolta da un'aura biancastra. Dunque sporsi di poco la testa e intravidi un ammasso di ombre disposte in fila indiana, ognuna con una palla di cannone legata alla caviglia. Incredulo, arrestai i passi e mi osservai le mani.
"Sono uno di loro..." sussurrai. "Sono... morto. Ora ricordo. Andrea. No! Quella cosa dentro Andrea."
Una serie di immagini nitide saettarono nella mente in quell'istante. Adesso riuscivo a vederlo in maniera distinta; era lì, dentro di lei. Il demone emanava un'aura malvagia, e strisciava come una sanguisuga sulla pelle della gemella.
"Sono stato ingannato" pensai. "Sono stato uno sciocco."
Spinto dalla folla di anime impaziente, ripresi a camminare. Poi, a seguito di un fischio assordante ma breve, una voce possente si insinuò nella testa e disse: "Segui il sentiero e non smarrire la strada, Alessio. Stai per incontrare Osiride, sovrano e giudice imparziale del Regno dei morti, all'interno del Tribunale delle Tenebre, luogo in cui verrai giudicato idoneo o incapace di intraprendere il viaggio verso l'aldilà terrestre. Tieni a mente una sola cosa, Alessio: la paura può rendere schiavi o liberi, a seconda di come viene manipolata. Sconfiggila e spezzerai ogni catena!".
Quando le parole terminarono, un fischio acuto gracchiò nelle mie orecchie e la voce svanì nel nulla, come se fosse stata frutto dell'immaginazione. Tuttavia un brivido mi solcò il petto dalla parte del cuore e, anche se non riuscivo a vederlo né a toccarlo, sentivo di nuovo i suoi battiti. Sollevai gli angoli della bocca e continuai a pestare il pavimento duro, passo dopo passo, mese dopo mese, anno dopo anno.
"Ti trovi nel Regno dei morti da un giorno terrestre" aveva detto una voce crocidante all'altoparlante invisibile, al mio arrivo. "Ti trovi nel Regno dei morti da duecentoquarantadue giorni terrestri. Ti trovi nel Regno dei morti da millesessantanove giorni terrestri."
Nessun albore smorzò l'eterna notte, né un crepuscolo rosato rischiarato dalla luna, e sotto il cielo morto mi scortavano le ultime parole di Simone: "È colpa mia! Non lasciarmi! Dio, prendi me!".
In preda a stimoli di follia, alcune anime, d'un tratto, fluttuavano fuori dalla fila urlando. La palla di cannone non permetteva loro di allontanarsi più di qualche metro, prima che un vortice si aprisse al suolo risucchiandole chissà dove. Eppure di anime che tentavano la fuga disperata se ne vedevano a iosa, durante il giorno. Ma la curiosità si era infittita nel mio cuore invisibile, e dunque marciavo di buona lena, ed era come riavere la divisa e sentirsi nuovamente un uomo.
Non ricordo di preciso quando, forse a tre anni terrestri dal mio arrivo, un antico cancello di ferro battuto, dipinto di bianco, apparve davanti ai miei occhi. Prima di varcarlo, un braccio pallido e muscoloso sbucò dal suolo caliginoso, sganciò la palla di cannone dalla mia ombra e mi afferrò la caviglia. Non appena giunse il mio turno, il braccio mi trascinò ai piedi del brillante trono di Osiride, una creatura divina avvolta da una coltre bianchissima.
"Alessio!" pronunciò Osiride con un tono di voce solenne. "Ti stavo aspettando."
Una corona bianca, con due piume di struzzo ai lati e delle corna di ariete alla base, gli adornava la testa, e le mani verdastre, dello stesso colore del viso, impugnavano uno scettro e un flagello. Un tavolo in bronzo, con sopra una pergamena lunga chilometri, divideva i nostri corpi. Il braccio pallido e muscoloso mi trascinò per terra e caddi in ginocchio.
"Prepara la mente a udire le mie parole," proferì Osiride "affinché tu possa trovare la forza per affrontare le tue paure. Adesso, abbassa gli occhi e rispondi a modo."
Chinai il volto e, a seguito di un fischio assordante ma breve, una voce possente si insinuò di nuovo nelle orecchie e mi suggerì le parole da pronunciare, e così dissi: "Osiride, sovrano e giudice di questo regno, sono pronto ad affrontare il processo istituito secondo le tue leggi, in onore di Simone, mio fratello, e di tutti i miei cari amici ancora vivi sulla Terra".
La divinità egizia agitò più volte il flagello e disse: "Secondo quanto riportato nelle sacre scritture del Libro dei morti, a questo punto dovrei procedere con la pesatura del tuo cuore, deponendolo su uno dei due piatti della bilancia adagiata alle mie spalle; in seguito dovrei poggiare una piuma sul piatto opposto e proseguire con la confessione dei tuoi peccati. Se al termine di questa fase, il tuo cuore emergesse più pesante della piuma, saresti condannato a vagare in eterno nel Regno dei morti; in caso contrario, saresti trasportato sulle acque del fiume Nilo, luogo in cui avresti la possibilità di liberarti della tua più grande paura, e di giungere, infine, nell'aldilà terrestre. Tuttavia, dal momento che una persona a me cara si è fatta viva dopo molto tempo, per oggi lascerò perdere i convenevoli".
In quell'istante, con lo sguardo chinato verso terra, aggrottai le sopracciglia e riflettei con aria assorta.
"Cosa accadrà sulle acque del Nilo?" chiesi, e la voce possente mi sgridò, trasmettendomi tre fischi assordanti e prolungati nelle orecchie.
Osiride innalzò lo scettro e disse: "La tua mente elaborerà una simulazione realistica della paura".
Mi strinsi nelle spalle e scossi la testa.
"In questo momento sono pieno di paure..." sussurrai.
L'estremità dello scettro diffuse una luce di colore verde smeraldo.
"Quella che affronterai è nascosta tra i ricordi dell'infanzia" tuonò Osiride. "Non hai mai superato l'abbandono dei tuoi genitori, Alessio. Ti sei sentito per tutta la vita un orfano. Sin da piccolo, hai sempre desiderato essere come tutti gli altri bambini; quelli che, con la loro bicicletta, giravano sorridenti nei parchi insieme al loro padre, o che parlavano della loro prima cotta amorosa con la madre. Avresti fatto di tutto pur di vedere i tuoi genitori a una tua recita scolastica, eppure loro ti hanno abbandonato. Loro non ti hanno amato."
Una lacrima scese sul mio viso e si sfaldò al suolo, nell'oscurità. I ricordi più tristi della mia vita sbocciarono nella mente, facendo riaffiorare un'immortale malinconia che credevo di aver sotterrato da tempo.
"Sconfiggi la tua più grande paura, Alessio!" esclamò Osiride. "C'è chi crede in te."
Dal suo scettro esplose un luminoso e incandescente raggio sottile che mi perforò il petto, mi sollevò in aria e, alla velocità della luce, mi catapultò sopra una zattera di legno, sulle acque avverse del Nilo.
"Gettatelo nel fiume!" esclamò un cavaliere.
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Ricordi di un mondo passato (Cartaceo)
FantasyIl romanzo è stato pubblicato da Lettere Animate in formato digitale e cartaceo. La versione su wattpad è completa e gratuita. Limitarsi a credere a ciò che i nostri occhi vedono, non è come sostenere che l'acqua esiste solo per dissetarci? Sin...