Capitolo 60 - Adrenalina pura (R)

5.9K 667 20
                                    



Kephas.

"Adesso riposate, figli miei. Abbandonate ogni forma di tormento, illuminate il cuore di speranza e domani il giorno vi apparirà diverso."

L'alone castano emanato dal legno colorava la neve che cadeva copiosa nella notte, rendendo l'atmosfera ovattata e surreale. La dimora del Messia, costituita da un'unica grande stanza, si affacciava sul paesaggio attraverso una graziosa finestra ad arco. Infagottato in un lenzuolo davanti alla brace fievole del focolare, con un cuscino sotto la nuca, ascoltavo le note del vento che rotolavano giù dal camino; esse scandivano la melodia di una notte speranzosa, e preparavano i presenti all'immersione nel sogno.

Non mi sarei mai aspettato che il destino dell'universo dipendesse da Lux, che ella custodisse la capacità di assorbire a sé l'energia vitale di tutti gli umani deceduti, che raffigurasse il simbolo della rinascita, l'ultimo gioiello di Dio. Era in pericolo e nessuno poteva negarlo, ma finché il processo di assorbimento non fosse arrivato al termine, Satana non avrebbe potuto toccarla.

La mattina seguente, il sole sorse pigro e accarezzò il mio corpo accucciato lungo il pavimento, dentro il soffice lenzuolo di cotone. Schiusi gli occhi ancora assonnati, mi sollevai a mezzo busto da terra, e osservai la natura prendere vita al di là della finestra; il cielo era azzurro. Mi girai intorno e non vidi il Maestro, dunque mi levai in piedi e varcai la porta facendo slalom tra i corpi appisolati dei miei fratelli.

Con gli occhi ancora socchiusi e bassi camminai barcollando lungo la traballante passerella di legno, dopodiché strofinai le palpebre e scrutai il paesaggio. All'improvviso rimasi interdetto. L'orizzonte non era più un insieme di alture e avvallamenti innevati, ma accoglieva un numero inesauribile di colori. Dinnanzi a me, un giardino solcato da stretti sentieri di terra si snodava tra cespugli di lavanda e vitigni; il profumo della rugiada, del muschio e dell'aria fresca si mischiava in un'unica composizione dentro le narici, facendomi girare la testa.

Dov'era finito il luogo freddo e privo di vita che avevo trovato al mio arrivo?

Inebriato, imboccai uno di quei stretti sentieri, scrutando la bassa nebbiolina dell'alba. Allentai il passo dopo una ventina di metri e portai gli occhi al cielo; dunque abbassai le palpebre e respirai a pieni polmoni. In quell'istante mi accarezzò l'idea di essere l'unico uomo sveglio nell'attimo in cui la notte diventa giorno e tutto si trasforma. Lasciai che un brivido si fondesse al mio corpo e la voglia di sorvolare il paesaggio pulsò nelle vene.

Allora tesi polpacci e quadricipiti e diedi un colpo di reni, alimentando un movimento che trasferì uno slancio al tronco. Quasi senza accorgermene mi ritrovai a dieci metri da terra, in un'ascesa verticale. Assalito dalla paura mulinai le braccia e le gambe, come se cercassi di rimanere a galla nell'acqua profonda, e restai lì, sospeso nel vuoto, con lo sguardo strabordante di terrore misto a un principio di euforia. Da lì a breve, la paura di precipitare si sciolse come la neve sul paesaggio.

Soffocai le dita nel palmo delle mani e assottigliai le palpebre, quindi schizzai nel cielo accanto a una nuvola candida e paffuta, grande quanto un pugno, ma un senso di vertigine mi investì facendomi irrigidire a mezz'aria, quando ella si disgregò a causa del soffio di vento provocato dal mio arrivo. Rilassai i muscoli e feci qualche respiro profondo con gli occhi serrati; poi staccai le ciglia quasi incollate e guardai in basso; il nodo allo stomaco si allentò alla visione della natura magica vista dall'alto.

Aspettai che il senso di vertigine svanisse del tutto, dopodiché ripresi a volare con le braccia distese e lontane dai fianchi, urlando come un forsennato. La pressione dello spostamento diede origine a un rumore reboante nell'atmosfera, l'aura platino esplose intorno al corpo in forme seghettate di energia, un varco bianchissimo squarciava il cielo al mio passaggio. Saettai l'azzurro più veloce di un uccello, leggero come una piuma.

Ricordi di un mondo passato (Cartaceo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora