Capitolo 45 - L'antico sepolcro (R)

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Kephas.

"Che posto è questo?" domandò Tommaso, una volta fuori dall'acqua.

"Brrr! Che freddo!" tremò Giacomino.

"Sembrerebbe una grotta sotterranea" rifletté Andrea. "Ma perché Federico voleva portarci qui?"

"Deve esserci per forza un motivo" disse Simone.

Il militare distese il corpo del bodybuilder sul selciato roccioso e si alzò in piedi, ispezionando il luogo gelido insieme ad Andrea, che nel mentre aveva afferrato la torcia appesa alla parete. La fiamma che fluttuava dall'intreccio di stoppa e resina diede un volto al buio.

Il soffitto della grotta sembrava la cupola di una chiesa costruita dall'acqua, infiltratasi nelle rocce attraverso i secoli. Tutt'intorno, una selva di stalattiti e stalagmiti dalle forme poetiche, che rievocavano le colate di cera delle candele, i bignè ripieni di crema, e gigantesche alghe pietrificate, brillavano di rosa sotto lo scintillio del fuoco. Mi avvicinai al fianco di Andrea e osservai le pareti. L'unico suono percepibile in questo luogo claustrale era il gocciolio delle formazioni calcaree che picchiettava sul fiume, risuonando come un'eco pungente. La gemella spinse avanti la testa e portò verso l'alto la torcia.

"E quello cos'è?" domandò, stringendo le palpebre.

Fece per camminare, ma la afferrai bruscamente per il gomito.

"Aspetta!" dissi. "C'è qualcuno qui dentro." Mi voltai con uno scatto; piegai la testa verso destra, poi verso sinistra. Osservai i volti dei presenti. "Non lo sentite anche voi?"

Nessuno diede conferma alle mie parole, così Simone mi prese per il braccio e schiacciò il bicipite.

"Kephas, cosa stai facendo?" sussurrò, rauco. "Dobbiamo reagire, reagire!"

Chinai il volto, abbassai lievemente le palpebre, ed egli abbandonò la presa.

"La foresta!" esclamai. "Era verde, poi è diventata di tanti colori. La gemma con le nostre facce stampate sopra. La pioggia di meteoriti. L'albero bianco. La porta. Questa grotta. La torcia si è accesa da sola. E quello? Cos'è quello?"

Mi voltai con uno scatto e portai via la torcia dalle mani di Andrea.

"Ehi!" urlò lei. "Ma cosa ti prende?"

"Niente domande!" farfugliai.

Senza perdere tempo, alzai la torcia al di sopra della testa e mi incamminai verso quello che sembrava essere un sepolcro ostacolato da un masso gigante. Al mio arrivo, il fuoco prese a zampillare contro la parete rocciosa, e il riverbero delle fiamme fece apparire, tra i vari spigoli calcarei, una serie di simboli antichi. Alle mie spalle, si levarono numerosi versi di stupore.

"Cosa vorranno dire quelle scritte?" chiese Matteo.

"E quelle figure?" continuò Bartolomeo. "Cosa raffigurano?"

Lux ce lo avrebbe saputo dire...

Uno strano ronzio giunse alle mie orecchie e così mi girai, trascinando nel movimento la torcia, le cui fiamme si piegarono per poi innalzarsi nuovamente. I Viaggiatori fissavano le acque del fiume, luogo da cui sembrava provenire il canto di una preghiera. Un coro di voci sommesse echeggiò da ogni cavità della grotta.

"Chi siete?" domandai, volgendo gli occhi dappertutto.

Le acque si incresparono, divennero torbide, ribollirono, evaporarono in superficie. Vidi un cono aprirsi nel fiume e una palla di fuoco salire, roteando e avvolgendosi su se stessa in gomitoli d'oro. Le onde si ripiegarono e agitarono sopra la sfera incandescente, ma senza alterarne la consistenza.

"Cos'è quella cosa?" rabbrividì Taddeo.

Il coro crebbe di intensità, la preghiera venne urlata, e pensai che un gruppo di anime stesse per emergere dalle acque da un momento all'altro.

"E se non fosse stato Federico a portarci qui?" tremò Giacomo.

Simone si lanciò sul corpo del bodybuilder, lo avvolse tra le braccia e se lo issò sulla spalla.

"Goethe!" biascicai.

La corrente divenne più forte, le onde combatterono tra di loro, poi si infransero con un ruggito sugli scogli, sollevando una nube di spruzzi. La grotta tremò. La palla di fuoco si mosse verso di noi, fluttuando sopra il selciato roccioso, avvolse il masso posto davanti al sepolcro, e lo fece diventare un tutt'uno con essa. Poi ripercorse la strada di ritorno, trascinandolo dentro di sé con una semplicità allarmante; si immerse nelle acque e tutto tornò alla normalità. Il fiume placò la sua ira e le preghiere terminarono.

"Kephas, fai luce!" esclamò Simone.

"E se fosse opera di Goethe?" domandò Taddeo.

"No!" urlò Andrea. "Non è così."

Mi avvicinai al varco creatosi dinanzi al sepolcro, portai la torcia davanti al corpo, e subito presero forma strani dipinti di animali satanici, sulla parete sinistra, e guerrieri divini armati di oggetti magici, sulla parete opposta. Varcai l'entrata, strisciai le scarpe sopra la roccia dura e levigata, accarezzai quei disegni e mi sembrò di aver vissuto, in un passato remoto, la battaglia raffigurata su quelle mura. Spinsi indietro il collo e osservai la cupola del sepolcro: un'indecifrabile scritta era stata incisa nella pietra.

"Cosa vedi?" mi domandò Andrea.

"Qui dentro non c'è nulla" risposi. "Nulla di importante."

Senza darsi per vinti, i Viaggiatori entrarono nel sepolcro uno dopo l'altro e scrutarono l'ambiente freddo. Un'improvvisa scossa di terremoto ci fece cadere per terra contro la roccia dura, e una stalattite si staccò dalla volta della grotta e precipitò nell'acqua con uno scroscio. Una luce abbagliante esplose dal corpo di Federico e illuminò il monumento funebre fino ad accecarmi.

"Ma cosa succede?" strepitò Taddeo.

Strinsi le palpebre e un brivido caldo mi percorse la spina dorsale. Quando il bagliore si affievolì in uno sbuffo di vapore grigiastro, e potei riaprire gli occhi, mi accorsi che la torcia era scomparsa dalle mie mani.

"Dov'è finito Federico?" urlò Simone. "Che fine ha fatto? Era tra le mie braccia."

Un lampo attraversò la volta del sepolcro e sollevai lo sguardo d'istinto. L'indecifrabile scritta incisa nella pietra si era trasformata in una dicitura comprensibile, e recitava: "Luogo dello spirito e del tempo – 33 d.C.".

Una strana vibrazione fece tremare le pareti, un suono sordo si infilò nelle orecchie, il gorgoglio delle acque echeggiò nella grotta, e un lampo cristallino mi travolse lasciandomi senza fiato. Mi ritrovai in piedi dentro una scatola quadrata, di cui due lati lampeggiavano mentre le pareti erano due giganti occhi ammiccanti, che turbinava nelle vertigini di un tunnel caleidoscopico. Vinto dall'emozione, persi i sensi. Al mio risveglio, spalancai le palpebre sopra un vasto terreno sabbioso.

"Vi stavo aspettando!" esclamò con voce calda un uomo avvolto dalla penombra.

Ricordi di un mondo passato (Cartaceo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora