Roma – 6 giugno 2026
Kephas.Schiusi le palpebre. Il suono fastidioso di un ecocardiografo dettava in maniera regolare le mie funzioni vitali, e trasmetteva a video un'ombra che si agitava fra macchie brillanti. Mi trovavo disteso su un letto dal materasso morbido, con una flebo attaccata al braccio sinistro e strisce di garza avvolte su gran parte del corpo. I colori dondolavano davanti agli occhi, mischiandosi, e sentivo un dolore dietro la testa.
All'improvviso ebbi un flashback: un'enorme quantità di fuoco si stava sprigionando dalla Volkswagen Polo, a seguito di un'esplosione. Il mio corpo si librava fuori dalla macchina, a causa di un tamponamento, e rimbalzava al suolo con un tonfo. Lo sguardo al cielo, il busto intorpidito. Fischi assordanti, scintille, grida soffocate, e ancora fuoco. Chiusi gli occhi e scossi la testa di lato come per fuggire da quello scenario, invano. La mia famiglia era disegnata in alto dalle nuvole, dopodiché di nuovo incubi, ancora passato, l'abisso in ricordi infelici.
Schiusi le palpebre. Sentivo prurito nella pelle e speravo di non assomigliare a una mummia cosparsa di scottature e avvolta da rotoli di garza. Mossi le dita delle mani, poi quelle dei piedi. La vista era un po' annebbiata. Sollevai il capo spingendo i gomiti sul materasso: mi trovavo all'interno di una stanza quadrata dalle pareti bianche. Vi erano macchinari ospedalieri, un armadio di metallo scuro, quadri con versi biblici o raffigurazioni di momenti della vita di Cristo, una porta bianca alla mia destra e una finestra spalancata, grande quanto la porta, alla mia sinistra.
A parte il suono fastidioso dell'ecocardiografo, non vi era nessun altro tipo di rumore. Il sole era appena sorto; raggi giallo zolfo scendevano obliqui da un cielo fresco e azzurro. Alcuni mazzetti di rose canine si affacciavano al davanzale della finestra. Di colpo trasalii. Ero rimasto tutta la notte lontano da Palazzo Montecitorio?
Scesi dal letto con solo un paio di boxer addosso e alzai lo sguardo sul tetto, individuando una telecamera sopra la porta della stanza che si muoveva dal basso verso l'alto e viceversa. All'improvviso dei passi pestarono il pavimento al di fuori della stanza, e il tonfo divenne sempre più forte e profondo, fino a quando un uomo spalancò la porta, puntandomi una pistola in fronte.
"Chi ti ha mandato?" urlò.
L'uomo era giovane, ma aveva sul volto la stanchezza di una persona più anziana. Indossava una tunica bianca e un turbante dello stesso colore. Una catenina d'argento con un crocifisso appeso gli scendeva sul petto. La barba era un cespuglio nero, gli occhi due nocciole chiare, e alcuni riccioli scendevano da sotto il turbante.
"Nessuno!" risposi. "Perché avrebbe dovuto mandarmi qualcuno?"
Il mio corpo era immobile. Lo sguardo fisso sui suoi occhi.
"Qui le domande le faccio io!" urlò ancora, premendomi la canna della pistola sulla fronte. "Perché sei qui?"
Una cicatrice frastagliata pulsò sul lato destro del suo collo.
"Ho seguito il suono della vostra campana" risposi. "Non pensavo ci fossero ancora sopravvissuti."
"Quale campana?" sussultò lui. "Non le suoniamo da anni. Ti stai prendendo gioco di me? Qual è il tuo nome?"
"Mi chiamo Kephas" replicai, sorpreso, "e vi giuro che ho sentito una campana, altrimenti non sarei mai venuto fin qui."
L'uomo fece due passi indietro e abbassò l'arma. Lo sguardo accigliato e severo.
"Kephas..." disse, mordendosi le labbra. "Che strano nome... e che bizzarra storia, la tua. Ringrazia Dio se non ti hanno ucciso lì fuori o non sei morto nell'esplosione. Ringrazia Dio per essere stato così favorito dalla vita."
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Ricordi di un mondo passato (Cartaceo)
FantasíaIl romanzo è stato pubblicato da Lettere Animate in formato digitale e cartaceo. La versione su wattpad è completa e gratuita. Limitarsi a credere a ciò che i nostri occhi vedono, non è come sostenere che l'acqua esiste solo per dissetarci? Sin...