Capitolo 43 - Osiride ha parlato! (R)

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Kephas.

"Andrea, cosa sai?"

"Non moltissimo veramente. So che Alessio dovrà affrontare una prova, prima di lasciare il Regno dei morti. So che Osiride ha protetto l'anima di Sofia con una sorta di incantesimo, e adesso si trova nell'aldilà terrestre insieme a Federico. Non so niente di Kariot e nemmeno di Lux. So che il sacrificio di Federico era importante. Osiride ha precisato che io dovevo tornare da voi... a ogni costo. Che insieme avremmo scoperto la verità."

Intensi frammenti frastagliati di carminio e arancio lucente scheggiavano il cielo, e una lieve scossa fece tremare il suolo. Uno stormo di uccelli si alzò in volo con un grande strepitio d'ali, abbandonando la culla ondeggiante della foresta che dapprima si era contraddistinta per la sua totale quiete.

"Osiride?" domandò Tommaso.

"Pensavo fosse solo una leggenda!" esclamò Simone.

"Lo pensavo anch'io" rispose Andrea.

Il silenzio franò su di noi. Girai gli occhi intorno e vidi una decina di volti mascherati da un pallore spettrale; a ogni mistero risolto, ne giungeva sempre un altro di uguale o maggiore astrusità. L'unico fattore costante era l'effetto sorpresa, che sembrava godere della nostra impotenza innanzi a certi episodi.

"Io le credo!" esclamò Simone con tono fermo. "Dobbiamo reagire! Leggere tra le righe, non tralasciare i dettagli, aprire la mente a ogni eventualità."

Mi voltai di scatto e lo osservai con aria sorpresa. Un brivido mi fece rizzare i peli delle braccia; un tremito distinto tra eccitazione e timore.

"Come?" chiese Andrea, inarcando le sopracciglia. "Tu... mi credi?"

Simone annuì più volte, poi piegò il mento sul petto e strinse i pugni lungo i fianchi. Gli occhi intrisi di un velo di rabbia e disperazione.

"Ho fatto un sogno prima che Alessio mi lasciasse, ma non vi ho raccontato tutta la verità. Ricordo che c'era un tornado gigantesco che turbinava, con una potenza tale da spazzare via l'intera città; ogni casa, palazzo, edificio dentro le sue fumose pareti grigiastre. Scappavo, correvo veloce, con tutte le forze, ma mi risucchiava a sé e non potevo fare nulla.

Avvilito, chiusi gli occhi; turbinai con esso fino a non sentire più il mio corpo e fui scaraventato in una dimensione buia. Ricordo che mi girai intorno per capire dove fossi finito, ma l'unica cosa che vedevo era l'ansia avventarsi su di me. Dunque cominciai a correre ansimando, prima piano, poi sempre più veloce, senza mantenere una rotta precisa; destra, sinistra, ancora destra, ma più correvo più mi mancava il respiro.

Mi ritrovai a strisciare per terra, senza fiato, e stavo per abbandonarmi all'inerzia quando una voce maestosa esclamò: 'Alzati, Simone!'. Un brivido pauroso mi attraversò la schiena e volsi gli occhi dappertutto. Gli chiesi: 'Chi sei e cosa vuoi da me?'. In quell'istante, egli si mostrò come un bagliore di luce accecante dalle forme piramidali. Rispose: 'Alessio affronterà una prova, sconfiggerà la sua paura più grande, diventerà luce!'. Egli svanì in un baleno e mi svegliai un attimo dopo."

Andrea si avvicinò al militare e gli avvolse i pugni stretti con i palmi delle mani. Lui sciolse la tensione delle dita e alzò lo sguardo, e gli occhi apparvero brillanti alla luce del sole.

"C'è ancora una speranza!" disse Andrea. "Tutti noi siamo qua per un motivo, per comporre un puzzle da migliaia, milioni o addirittura miliardi di pezzi. Non riusciamo a vederli perché si trovano sotto i nostri occhi, ci camminiamo sopra, li calpestiamo, ma sono qui. Basterebbe poter volare per riuscire a vederli e completare il puzzle. Dobbiamo saper volare."

Giacomino richiamò su di sé l'attenzione con un colpo di tosse. Si grattò la tempia con l'indice e aggrottò le sopracciglia. Tutti noi ci girammo a guardarlo.

"Il fatto di volare..." pronunciò, schiarendosi la voce. "È una metafora, vero?"

Nessuno ebbe il coraggio di rispondere alla domanda, che finì per essere dimenticata in fretta. Andrea abbandonò le mani di Simone e prese a camminare avanti e indietro lungo la parete riflettente, con aria pensierosa. Tommaso diede a Giacomino un paio di pacche sulla schiena facendo più cenni con la testa, che scosse un paio di volte con gli occhi chiusi. Le gote di Giacomino tinte di rosso fragola.

"Comincio a pensare che non avrei mai dovuto parlarvi del sogno premonitore" meditai ad alta voce. "Il viaggio temporale ha portato solo morte e distruzione."

Giovanni mi si avvicinò al fianco e corrugò la fronte.

"Kephas, non vorrai mica cominciare con l'autocommiserazione?"

"Chissà cosa staranno facendo Kariot e Lux, in questo momento..." rifletté Filippo.

"Ti ci metti anche tu?" brontolò Giovanni.

"A loro due" disse Andrea, fermandosi un momento, "sembrerà che Sofia sia morta nel sonno. Non conosceranno mai la verità. Spero solo che le daranno una degna sepoltura."

Seguì un periodo di silenzio coperto soltanto dai suoni della natura.

"Tommaso!" urlò Matteo all'improvviso, stringendo le palpebre. "Come hai fatto a bloccare il coltello?"

"Già, è vero!" proseguì Bartolomeo, con aria intimidatoria. "Il demone ha cercato di ucciderti, credevo che il coltello ti avesse squarciato il collo, invece quel forte bagliore luminoso lo ha fermato. Come ci sei riuscito?"

Tommaso alzò le spalle e spinse in fuori le labbra.

"Non ne ho idea."

"Magari è stato Osiride" suggerì Giacomo. "Non era arrivata la sua ora ed è intervenuto."

Simone e Andrea vollero sapere cosa era successo nell'intervallo di tempo tra la morte di Alessio e la fine dell'esorcismo, e così i due amanti gli raccontarono ogni cosa. A distanza di mezz'ora, il corpo di Federico si illuminò di un'aura celeste, brillando a intermittenza per una dozzina di secondi, come se volesse comunicare con noi dall'aldilà terrestre.

A trenta metri di distanza, in una porzione dell'antichissima foresta avvolta nella penombra, un maestoso e rigoglioso albero mai visto prima, bianco come neve, si accese come una lanterna. Nodose radici candide affioravano dal terreno; le foglie argentee, i rami lattescenti colmi di fiori e frutti di ogni colore.

Nel tronco, ricoperta da una rugosa corteccia bianca e marrone, era stata intagliata una porta, grande quanto un uomo di statura media. Adesso, l'albero gigante sembrava distante chilometri, e la foresta mutava come per magia; ciò che prima era un fiore diventava un ciottolo dello stesso colore, e ciò che prima era un ciottolo diventava un ramo, una pianta o un giovane albero.

"Credete sia Federico a fare tutto questo?" domandai, sbalordito.

"Lui è la nostra chiave!" rispose Andrea, avvolgendo un braccio intorno al mio bacino.

Ricordi di un mondo passato (Cartaceo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora