Capitolo 79 - La furia di Goethe (R)

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Antico Egitto - Giorno Due

Andrea.


"Non posso credere che sia morto davvero" disse Simone, sforzandosi di regolare il respiro. "Se solo fosse riuscito a sopravvivere..."

"Avremmo fatto una brutta fine" continuò Giovanni, piegato su stesso, allo stremo delle forze.

Le vibrazioni del tuono magistrale generato dall'esplosione della fenice tardavano a svanire; il cielo tremava e così anche i nostri corpi sospesi ad alta quota, e i frammenti dell'armatura di Goethe continuavano a schiantarsi al suolo, creando enormi avvallamenti su Saqqara. Alla fine, su quella zona disastrata non rimase altro che un gran polverone, e il silenzio scese come una cappa viscida a coprire anche i respiri.

"Tocchiamo terra" dissi. "Restare qui sopra richiede energie, e le mie stanno svanendo del tutto."

Simone e Giovanni annuirono, poi il vento soffiò per un istante, e il suo fischio fu l'unico suono a echeggiare sulla necropoli. Scendemmo di quota, mentre le nostre aure andavano placandosi fino a dissolversi; quella color porpora si spense come una candela nella corrente d'aria, quella color latte, che faceva da armatura ai nostri corpi, e che il Messia ci aveva dato in dono per la battaglia, rimase accesa, viva, palpitante.

Quando io e i miei fratelli toccammo il suolo, risuonarono tre schiocchi secchi. Mi sentivo sfinita, senza più alcuna briciola di energia in corpo, e l'unica cosa che mi teneva in piedi era l'adrenalina, e un senso di eccitazione per avere sconfitto Goethe. A custodire l'entrata della piramide di Saqqara vi era il maestoso cavallo bianco del dottore, i cui occhi tenebrosi parevano non avere pupille.

A un tratto la terra tremò, e dovetti contrarre i muscoli per non cadere. Distolsi l'attenzione dal cavallo e il mio sguardo si proiettò nella battaglia fervente tra Erode e i Dominatori della terra, dove Bene e Male si battevano a suon di sfere energetiche, la cui esplosione produceva un rumore agghiacciante che si andava mescolando alle urla di guerra. L'equilibrio tra le due fazioni era assoluto. Dall'altra parte, invece, nello scontro tra Djoser e i Dominatori dell'acqua, il faraone sembrava avere la meglio.

"Riprenderemo il fiato" dissi allora, guardando Simone e Giovanni. "Poi andremo ad aiutare i nostri fratelli."

All'improvviso gli occhi del maestoso cavallo bianco si accesero di rosso, e un'aura color porpora si cosparse lungo i muscoli delle gambe e della schiena, fino a ricoprire il corpo per intero. La folta criniera era sollevata verso l'alto e ondeggiava nell'aria.

"Tutto questo non prospetta nulla di buono" sussurrò Simone.

"La sentite?" disse Giovanni, guardandosi attorno. "L'oscurità è di nuovo in mezzo a noi."

Una folata di vento soffiò sulla necropoli e una macchia di piccole creature, simili a calabroni, si materializzò dal nulla sopra la piramide. Era un brulicare di ali rosse che rendevano l'atmosfera assordante e sinistra; sembrava un mulinello evanescente che lentamente si andava accorpando in una soluzione solida. E così quella sostanza divenne una sagoma, e poi ancora un'armatura, e infine apparve Goethe, in carne e ossa, e la sua aura porpora pulsava intorno al corpo più devastante di prima.

Lo fissai a bocca aperta, mentre l'angoscia mi stringeva il cuore in una morsa d'acciaio. Non vi era alcuna certezza, e non avevo alcuna prova concreta, ma in quell'istante un pensiero aprì uno squarcio nella mia mente. E se il segreto della sua sconfinata forza fosse racchiuso in quel cavallo? Se fosse stato lui a riportarlo in vita?

Non può essere, Andrea. Ma sì, che può essere. Altrimenti cosa ci farebbe qui? Deve avere pure un ruolo, quel cavallo, un'influenza nel Disegno di Satana.

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