Capitolo 71 - Che la battaglia abbia inizio (R)

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Stella di David - Giorno Due

Andrea.


Il sole sorse pigro dalla cresta dei monti. Fulgidi raggi scendevano obliqui dal cielo e scintillavano dalla finestra, sfiorando i piedi nudi dei corpi rannicchiati sul pavimento e infagottati in soffici lenzuola di seta. Una voce calda e piacevole vibrò nella stanza.

"Il destino vi attende" disse il figlio di Dio.

Sollevai la testa spalancando le palpebre, i gomiti poggiati sul legno, e feci per cercare la sua voce. Il Maestro era ritto al mio fianco, un braccio proteso con la mano aperta, con i denti bianchi scoperti in un sorriso. Stropicciai gli occhi ancora assonnati e stavo quasi per afferrare la sua mano e alzarmi in piedi, quando un odore intenso, quasi nauseabondo, mi pervase le narici, e mi costrinse a ritrarre le dita per tappare il naso.

Dunque mi voltai intorno e, mentre i miei fratelli si andavano svegliando uno dopo l'altro, sollevandosi a mezzo busto, a prima vista storditi, individuai la causa del mio sconcerto improvviso. Sopra piccole e quadrate tovaglie di carta vi erano undici scodelle colme fino all'orlo di brodo di pesce, e quattro cubetti di pane accanto a ogni scodella.

"Ma non si mangia altro in questo posto?" domandai, con la voce distorta dal naso serrato.

Il figlio di Dio scoppiò in una buffa risata, ma tornò subito serio e contrasse le sopracciglia.

"Per caso non apprezzi la mia cucina?"

Quella domanda, insieme alla sua espressione di finta minaccia, suscitò l'ilarità generale. L'alba del nuovo giorno germogliava stranamente serena.

"Bevete il brodo fino all'ultima goccia," disse poi il Messia "e mangiate il pane sino all'ultima briciola. Ci rivedremo fuori non appena avrete finito."

Il Maestro si smaterializzò lentamente; la sua sagoma divenne sempre più sbiadita e astratta, fino a scomparire nel nulla.

"Pesce a colazione?" pensò Tommaso ad alta voce. "Non l'ho mai mangiato, ma se questo dovesse essere il mio ultimo pasto, allora non mi tirerò indietro."

Acchiappò con foga la scodella e la vuotò giù per la gola, tutta d'un fiato. Poi agguantò una fetta di pane e le diede un morso. Ebbi il tempo di fare cinque o sei respiri, e lui aveva fatto piazza pulita.

"Ti sei proprio sforzato!" disse Giacomino. Aveva un sopracciglio alzato e le palpebre tese. "Accanto a te c'è qualche ceppo di quercia, se gradisci il dolce."

Tommaso finse una risata senza allegria.

"Ah ah! Sono a posto, grazie."

I due si battibeccarono tra un boccone e l'altro di Giacomino, e del resto dei presenti. Al termine della colazione, mi avvicinai alla finestra con lo sguardo pensieroso, e un moto d'ansia sorse nel petto. La neve si era sciolta, il giardino e le valli si affacciavano al cielo azzurro striati di mille colori, le poche nuvole bianche sembravano ciuffi di zucchero filato, e gli uccelli cavalcavano le onde del vento con le ali spiegate.

"Sono pronto!" esclamò Pietro, alle mie spalle. "E voi?"

Mi voltai, increspando la fronte, curiosa di guardare la sua faccia. Le braccia erano contratte davanti al corpo, i pugni stretti, lo sguardo di sfida di chi non ha paura.

"Io non vedo l'ora di combattere!" disse Simone, assumendo la stessa posa.

E così fecero anche gli altri, uno dopo l'altro, come se avessero studiato quella postura il giorno prima.

Ricordi di un mondo passato (Cartaceo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora