Capitolo 41 - Un triste risveglio (R)

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Kephas.

Un nuovo sole sorgeva nell'antica valle abitata da creature preistoriche. Il cielo cupo e temporalesco si era schiarito con le prime luci dell'alba, e una tela celeste striata di bianco abbracciava l'orizzonte. Raggi ambrati attraversavano gli oblò e si poggiavano delicati sui corpi scossi e infreddoliti dei Viaggiatori.

Mi chinai sulle ginocchia, stremato, e abbassai le palpebre di Federico con le dita tremolanti, mentre il resto dei presenti piangeva intorno al suo corpo. Simone era seduto distante e lo fissava con uno sguardo vuoto e arrossato, ma non aveva più lacrime da versare; Andrea dormiva ancora, fastidiosamente, e avrei tanto voluto che aprisse gli occhi per non ritenere vano il sacrificio del nostro eroe. Abbassai il volto e scoppiai in lacrime.

"Avrei dovuto dirvelo!" esclamai a denti stretti. "Forse c'era un altro modo, forse non era questo il suo destino. Non so perché l'ho fatto. Era convinto che Andrea, nel Regno dei morti, avesse scoperto il modo di fuggire da questo posto, così come credeva che, compiuto il sacrificio, lui e sua moglie si sarebbero ricongiunti."

Giacomo mi strinse forte a sé, conficcandomi le dita nel braccio. Tirò su col naso e asciugò le lacrime da sotto gli occhi.

"Lo ha fatto per Alessio, per Andrea e per tutti noi. Era il suo desiderio, conosceva le conseguenze, e ha deciso di lasciarci così, con una speranza."

"Non lo dimenticheremo mai..." disse Filippo, con la voce rotta dalla commozione.

"Mai..." continuò Giovanni, togliendosi gli occhiali inumiditi.

"Che il suo coraggio sia fonte di ispirazione per tutti noi" esclamò Taddeo, portando una mano alla bocca.

"Ricordo ancora quando è arrivato nella spiaggia di Mondello..." meditò Matteo a bassa voce.

"Mezzo nudo, spossato, ferito, ma pieno di vita..." sospirò Bartolomeo, con un accenno di sorriso.

"Eravamo ancora degli sconosciuti, eppure non avevamo nessun dubbio che sarebbe stato per sempre..." rifletté Giacomino, stringendosi nelle spalle.

"Ero intrappolato in quel gioco mortale e lui mi ha tirato fuori" disse Tommaso, incurvando un angolo della bocca.

L'atmosfera della sala si placò in un grande silenzio contemplativo. Le ultime lacrime scesero deboli e si asciugarono sulle guance rigate e arrossate. Gli sguardi bassi e assorti. Osservai Simone con la coda dell'occhio: i capelli brizzolati gli cadevano spettinati davanti alle iridi spente, la folta barba dalle ciocche nere e grigie era macchiata di sangue e di terra; i due occhi castani aridi come un deserto. Mi sollevai da terra premendo il palmo della mano sul ginocchio e mi gettai al suo fianco.

"Alessio!" sussurrò secco il militare. "Non c'è più."

Avvolsi le sue spalle con un braccio e lo scossi con delicatezza, per tentare di farlo rinsavire dallo stato di alienazione.

"Hai detto che volevi fossimo tutti presenti per coprire la sua tomba" dissi. "Seppelliremo Federico accanto a lui, se per te non è un problema."

Simone scosse la testa, con gli occhi fissi sul pavimento.

"Prendi Andrea!" esclamai, spostando lo sguardo su Giacomo. "La porteremo con noi. Nessuno rimarrà mai più solo."

Volsi gli occhi intorno e sospirai, amareggiato.

"E qualcuno trasporti Federico, così com'è. Una o più persone. Non abbiamo niente per avvolgerlo."

Mi alzai in piedi e percorsi la sala comandi con passo timoroso; presi lo zaino, le armi e pigiai il pulsante che sganciò la rampa di scale verso l'esterno. Alle mie spalle, i Viaggiatori presero l'occorrente per il viaggio. Giacomo si caricò in spalla Andrea, i due amanti e Tommaso sollevarono in alto Federico come fosse dentro una bara, mentre Simone si incamminava solitario nell'arida pianura.

Varcai il portellone e lo raggiunsi; gli diedi una pacca sulla spalla, poi gli strinsi il collo, e speranzoso mi voltai un attimo. La gemella dormiva ancora beata con le braccia penzoloni, e il suo respiro era silenzioso quanto quello dei presenti. Il suono dei nostri passi scandì il tempo.

Giungemmo al fiume; l'acqua limpida scorreva lenta, con un ritmo sonnolento e regolare, aggirando rocce e massi per lambire le rive con un debole sciabordio. Lo attraversammo in un tratto in cui il livello era più basso, sopra un sentiero naturale di ciottoli duri e colorati, e l'acqua scrosciò sotto le scarpe. Dopodiché scese di nuovo l'amaro silenzio.

Tutto pareva essersi ammutolito; un rigoglioso manto d'erba umido di rugiada attutiva il rumore dei passi, i rami più piccoli erano stati spazzati via dal vento la sera prima, le foglie sugli alberi erano immobili al nostro passaggio, e gli steli dei fiori si piegavano senza spezzarsi.

Da lontano vidi la parete riflettente che si estendeva senza confini e riversava in ogni direzione una luce astrale. A pochi passi dal portale per la foresta incantata, vi era una fossa profonda. Matteo, Bartolomeo e Tommaso poggiarono delicatamente il corpo di Federico sull'erba, e a seguire Giacomo fece lo stesso con Andrea. Quando Simone giunse davanti alla fossa per primo, le sue gambe cedettero e le ginocchia si schiantarono al suolo. Gli occhi sbarrati dentro la tomba vuota.

"Cristo Santo!" esclamai, terrorizzato.

"Alessio?" balbettò Simone.

"Dov'è finito?" domandò Taddeo, indietreggiando.

"Sei sicuro di averlo lasciato qui?" ribatté Giacomino, fissando il militare.

"Alessio?" balbettò Simone.

"È sparito!" urlò Taddeo. "Il suo corpo è sparito."

"Ma come può essere sparito?" replicò Filippo, scuotendo la testa.

"Non può!" contestò Giovanni, inarcando le sopracciglia. "È pura follia."

"Alessio?" balbettò Simone, immobile.

Un nodo mi strinse lo stomaco; le palpebre dilatate e il respiro ansante. All'improvviso una voce femminile fece il suo ritorno alle nostre spalle.

"So io dov'è Alessio!" esclamò Andrea, con uno sguardo serio e impenetrabile.

Ricordi di un mondo passato (Cartaceo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora