Capitolo 73 - Piano d'attacco (R)

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Antico Egitto - Giorno Due

Andrea.


Nella luce grigia della falsa alba di Saqqara, la temperatura sforava i trenta gradi, e il sole era nascosto dietro un muro di nubi; l'aria ferma, umida e appiccicosa non avrebbe di certo reso più piacevole lo scontro. Sulla vasta necropoli, il terrore impresso negli occhi di migliaia di schiavi, che seguivano la scena ammutoliti, sfociò in un bisbiglio di meraviglia. Non avevano idea di cosa stesse per accadere, né loro né gli abitanti di ogni necropoli o città limitrofa. Da lì a breve, ogni uomo sarebbe fuggito via dalla paura.

Nel frattempo, però, la moltitudine variopinta di occhi, orecchie e bocche si era sistemata intorno alla piramide di Djoser, invadendo ogni spazio disponibile. Dall'alto pareva un'enorme macchia composta da tanti cuori che battevano all'impazzata e poi, a tratti, si fermavano di colpo, assorti nel capire perché ci fossero nove persone sbucate dal nulla e sospese nel cielo, e altre tre dirimpetto in groppa a cavalli volanti. La tensione era palpabile.

"Rilassati..." disse Simone, al mio fianco. "Sgombra la mente e concentrati su ciò che devi fare. Su ciò che dobbiamo fare."

Inspirai lentamente, guardando Goethe con tutto il disprezzo che potessi esprimere con gli occhi. Dovevo rimanere calma e organizzare un piano d'attacco efficiente, Simone aveva ragione. Mi concentrai sulla forza vitale dei tre cavalieri dell'apocalisse: era pazzesca. Ma noi eravamo di più, e dividerli e allontanarli l'uno dall'altro sarebbe stato il primo proposito. Goethe sorvolò l'aria in groppa al suo cavallo bianco, ponendosi davanti agli altri cavalieri.

"Ne è passato di tempo!" disse.

La sua voce era dura e colma di beffarda ironia.

"Le cose sono molto cambiate da allora" risposi con tono risoluto.

Fulmini color rosso fuoco squarciarono il cielo, disegnando radici di imponenti querce.

"Sembri molto sicura di te, Andrea!" ribatté con un risolino sinistro. "La morte dei tuoi amici ti ha reso più forte? O è stata quella di tua sorella? Sofia, si chiamava, se non sbaglio. Sono talmente tante le persone che ho ucciso... avrei dovuto segnarle su un taccuino. Comunque mi dispiace che lei non possa assistere alla tua, di sofferenza."

Arricciai le labbra in una smorfia di disprezzo, il sangue era caldo e strisciava nelle vene. Sentivo le tempie pulsare. Un tuono devastante sbottò all'improvviso tra le nuvole e la popolazione si inginocchiò impaurita, con le mani incrociate sopra la testa in segno di preghiera.

"Il tuo penoso sarcasmo non mi tange minimamente, Goethe, ma scivola nel piano dell'indifferenza, dissolvendosi come neve rischiarata dalle prime luci del mattino. Forse non ci crederai, ma io la sento ancora qui con me. Da qualche parte nell'universo, Sofia vive e mi sostiene. Tu sei solo un burattino, uno schiavo, non hai più un cuore, e ormai non sai nemmeno più di che parli."

"Dovresti temere proprio questo, Andrea. Perché fra pochi istanti, io seguirò alla lettera i miei ordini e non avrò nessuna pietà. E come me, anche Erode e Djoser."

Le preghiere della popolazione continuavano a sollevarsi dalla piramide, e sembravano lamenti continui, monotoni e tediosi. Djoser, con la sua armatura color cobalto, era in sella al suo cavallo nero, e impugnava uno scudo e una frusta. Erode, in groppa al suo cavallo rosso, indossava un'armatura bronzea e stringeva uno scudo e una balestra.

"Perché mai dovrei preoccuparmi?" domandai con un ghigno di superiorità. "Noi rimetteremo a posto le cose, vinceremo questa guerra, renderemo nullo il vostro disegno. Le vittime del Male torneranno a vivere in un futuro diverso da quello deformato dal vostro paranoico Principe, e il Bene sorriderà ancora."

Ricordi di un mondo passato (Cartaceo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora