Capitolo 33 - La foresta indemoniata (R)

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AnDrEa.

Non credo esista una definizione esatta di ciò che io sia. Essere l'unica figlia rimasta in vita di Lilith, la vergine nera, non fa di me un demone puro, ma neppure un'ombra del Regno dei morti. Sulla Terra mi classificherebbero come un vampiro, una creatura delle tenebre che vive privando la vita agli esseri umani. Una piaga concepita nell'orrore della notte, che sparge un'immonda razza per il mondo con la sua sete di sangue. Un mostro in grado di vivere per secoli, in alcuni casi per l'eternità, in una condizione di non vita, costretto a esistere nell'ombra della società di cui si ciba, e di cui un tempo ne faceva parte. Un animale della notte incapace di operare alla luce del sole perché rinato nelle tenebre; un essere dall'enorme potenziale utilizzato per fini egoistici. Mi rattrista pensare che io sia solo questo; dopotutto il vampiro sfrutta gli esseri umani per necessità, al contrario il demone li uccide per divertimento, passando da un corpo a un altro come se niente fosse, e con una maggiore adattabilità alla luce.

Rientrai nella navicella temporale, dopo una lunga mattinata di lavoro fisico: avevo passato ore e ore sotto i raggi solari per abituarmi allo stress che imprimevano sul corpo. Il test era andato a buon fine, tuttavia il sole aveva raggiunto il punto più alto nel cielo, e non era il caso di continuare a sforzarsi come primo giorno di adattamento. Mi avvicinai a un oblò e vidi alcune sagome muoversi sul sentiero che portava alla piattaforma. Asciugai il sudore e mi sedetti sul pavimento, poi il portellone si aprì.

"Ehi, Andrea!" esclamò Kephas, sorridendo. "Ti sei presa un po' di sole? Hai fatto bene, eri un po' pallida questa mattina."

Uno dopo l'altro, i Viaggiatori entrarono nella piattaforma con i loro zaini straripanti di frutti colorati, che poggiarono con cura ai piedi delle poltrone.

"Abbiamo scoperto un posto magico!" esultò Federico. "E quando dico magico, intendo dire magico! C'è una specie di portale a specchio luccicante, e poi una foresta incantata..."

"Devo portarti lì immediatamente" continuò Alessio, porgendomi la mano come per farmi alzare da terra.

Lo guardai con stupore, dopodiché sorrisi delicatamente e, afferrando la sua mano, gli balzai sul petto con un'espressione di finto imbarazzo. I suoi occhi erano lucidi e pieni di gioia; pensai che mi sarebbe bastato davvero poco, con il corpo di Andrea, per ammaliarlo e ucciderlo.

"Vengo con molto piacere..." risposi con un filo di voce.

Feci scivolare una mano dal suo torace fino al basso addome; il Male stava lentamente germogliando tra gli umani. Simone si avvicinò con passo deciso e afferrò il fratello per il collo, trascinandolo lontano da me.

"Avevo detto di no!" sussurrò con rabbia. "Nessuno andrà da nessuna parte, da solo."

Alessio lanciò un'occhiataccia al fratello maggiore e gli occhi dei due si fulminarono a vicenda. Infine Kephas li raggiunse per calmare gli animi, dividendoli.

"Non c'è bisogno di scaldarsi tanto!" disse il leader con garbo. "Prima mangiamo, poi organizzeremo dei gruppi di ricerca... e finché Andrea non riuscirà a mettersi in contatto con Sofia, perlustreremo la zona."

Soffocai sul nascere un ghigno diabolico; Simone aveva soltanto rallentato la fine ineluttabile del fratello; nello sguardo di Alessio palpitava il desiderio di assaporare la carne succulenta di Andrea, e io l'avrei di certo accontentato.

"Andiamo a mangiare al fiume!" propose Simone, passando una mano sui capelli. "Forse ci rinfrescherà le idee..."

Ognuno di noi prese del cibo e una bottiglietta d'acqua dal suo zaino e, con moderata spensieratezza, raggiungemmo la riva del fiume, sedendoci sotto i rami di una serie d'alberi che attutivano i raggi cuocenti del sole.

Ricordi di un mondo passato (Cartaceo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora