Galassia Inferno - Giorno Uno
Giuda.
Goethe era disteso per terra, senza muovere un muscolo. L'aura porpora aleggiava intorno alla sua armatura danneggiata, un buco circolare grande quanto due pugni gli perforava lo stomaco. Il suo cavallo nitriva e scalciava sulla passerella. Mostrai un sorriso d'orgoglio e un attimo dopo il pavimento di ghiaccio tremò. Goethe era balzato in piedi e con un volteggio altissimo era atterrato a una dozzina di metri da me. Il mio largo sorriso si era stretto in una smorfia di incredulità e odio. L'armatura era come nuova e la ferita che gli squarciava il ventre scomparsa.
"Come hai fatto?"
Il cavaliere protese il braccio per indicare il suo cavallo e disse: "Credevi che fosse là solo per una questione scenica? Lui è parte di me, ha il potere di rigenerare la mia energia vitale, e potrebbe perfino riportarmi in vita, se solo venissi fatto a pezzettini".
Schiusi le labbra e digrignai i denti. Le mani strette come una morsa davanti al busto.
"E se lo uccidessi?"
Il viso di Goethe si contorse in una smorfia di rabbia.
"Calmati, Giuda! Non dire sciocchezze. Questo è solo un allenamento."
"Un allenamento truccato."
"Adesso sai che i cavalli dei cavalieri dell'apocalisse hanno capacità straordinarie. Se te l'ho detto, un motivo ci sarà, non credi?"
"E quale sarebbe?"
"Lo scoprirai presto. Ora a noi due."
Goethe fletté le gambe, si staccò da terra e si scagliò contro di me. Fece un partire un gancio destro e lo diresse sulla mia faccia; lo fermai dentro la mano sinistra spostando il mio peso sul tallone, adesso arretrato. Le nostre aure, porpora e platino, si ingigantirono intorno ai nostri arti contratti, esplosero scintille di luce, segmenti dentellati di energia vitale si levarono al cielo in un turbine.
"Scatena la tua ira!" urlò.
"Cosa stai cercando di fare?" replicai.
Goethe spinse il suo corpo contro il mio, i piedi sollevati di poco dal suolo, il pugno dentro il mio palmo inflessibile, che lo inghiottiva. Cominciai a slittare indietro sul pavimento di ghiaccio, il viso corrugato in un'espressione di dolore.
"Reagisci!" urlò ancora. "Forza!"
Fece partire l'altro pugno e lo bloccai dentro la mano destra. I palmi bruciavano come se stessero per andare a fuoco. Le nostre aure evanescenti sembravano toccare il firmamento, esplodendo di tanto in tanto in boati pazzeschi. Scivolavo indietro sempre più velocemente. Una goccia di sudore mi rigò la fronte a metà.
"Presto o tardi cadrai al suolo stremato" bisbigliò con un ghigno malvagio. "La mia energia vitale si rinnova, ma la tua è destinata a indebolirsi."
"Codardo!" gli gridai in faccia.
Sprigionai tutta la mia energia con un urlo reboante, l'aura color platino si dilatò fino a inghiottire quella di Goethe. Il sangue guizzò sottopelle, gambe e braccia si ingrossarono, poi il resto dei muscoli subì la stessa alterazione; fasci di vene vorticose fremevano su tutto il corpo. Gli occhi bruciarono di collera, mentre quelli del cavaliere mi fissavano con stupore. Adesso era lui a indietreggiare.
"Hai deciso di fare sul serio?" mi domandò con voce strozzata. "Bene! Non hai idea di quello che succederà a breve."
Il cavaliere spalancò la bocca ed emise un urlo in crescendo; la sua aura tornò a contrastare la mia, avvolgendola in una spirale di fuoco. Un miscuglio di lampi e tuoni sbottarono tutt'intorno, creando un campo elettromagnetico. Le scariche di energia opposte diedero vita a un'esplosione che ci fece schizzare in aria, in un volo altissimo.
Ebbi come la sensazione di avere tutte le ossa rotte, poi rotolai sul pavimento freddo e fu come sentire migliaia di aghi infilzarmi dappertutto. Infine mi ritrovai disteso sulla schiena, paralizzato. La circonferenza dei muscoli era tornata normale, l'aura si era dissolta. Con gli occhi rivolti verso l'alto e il desiderio di uscirne vittorioso, mi levai a sedere, e una scarica di brividi dolorosi mi percorse i polsi, gli avambracci, le spalle. Il dolore era soffocante.
Goethe si rialzò da terra tenendosi la testa tra le mani. Tossì un paio di volte e scoppiò in una risata isterica. La sua armatura era andata in frantumi e sotto il collo pendevano brandelli di carne, poi il vuoto. Il corpo si era disintegrato a seguito dell'esplosione ed erano rimasti solo il volto e le mani.
"Rimpiangerai di avermi ridotto così!" disse.
La sua armatura cominciò a ricomporsi lentamente in quell'istante. Il maestoso cavallo bianco nitriva e scalciava sulla passerella.
"L'addestramento è terminato, Goethe. Credo di avere tutte le ossa rotte, non posso continuare a combattere. E tu, senza il tuo cavallo, saresti già morto."
Il vento afoso soffiò sulla galassia, il silenzio del cavaliere si trasformò in una sommessa risata derisoria. L'armatura era per metà ricomposta.
"Oh no, caro Giuda! Il bello sta per arrivare."
"Cosa vuoi dire?"
"Che le tue ossa hanno ancora bisogno del mio contributo."
Il cavallo smise di nitrire e scalciare sulla passerella: Goethe era tornato come nuovo. Il cavaliere protese in avanti le braccia, i palmi delle mani aperti, granelli di cenere fioccavano dal cielo e lo ricoprivano. Una lingua di fuoco eterea gli circondò i piedi e salì fino a fasciare ogni parte del corpo, poi fuoriuscì dalle mani e serpeggiò lungo il pavimento di ghiaccio. Un urlo di esaltazione precedette l'esordio di un imponente muro fiammeggiante, che si estese da destra verso sinistra, e dal basso verso l'alto.
"Dirai di non aver mai provato un simile dolore in vita tua" sogghignò.
Il muro avanzò verso di me, angosciante, pauroso, compatto, lento; come se sapesse già che non sarei potuto fuggire via. Strinsi i denti e, con l'aiuto di braccia e gambe, che parevano infilzati da centinaia di pungiglioni acuminati, mi sollevai in piedi. Il dolore mi fece mancare il respiro per un istante. La testa roteò, le braccia pendevano fuori uso, le gambe vacillavano. Avevo pochi secondi, forse quindici, e in qualsiasi decisione da prendere vedevo la mia fine.
"Esiste solo una via di salvezza" urlò Goethe. "Utilizza l'elemento Aria e salva la pelle."
Le sue parole risuonarono confuse nella mia testa, come se quel consiglio scaturisse dalla paura di imprimermi un danno irreparabile, che avrei pagato con la vita. Il cuore iniziò a martellare nel petto, l'agitazione rese il respiro affannoso. Chiusi e gli occhi ed evocai l'elemento color platino dell'universo, e granelli grigiastri caddero a fiocchi sopra la mia testa. Spalancai le palpebre e alimentai un uragano intorno al corpo, che crebbe fino al cielo, e quando il muro di fuoco mi travolse, pensai davvero che sarei morto.
La malvagità del Fuoco si plasmò alla furia dell'Aria, e la barriera di fiamme ardenti prese a vorticare insieme all'uragano. In uno scontro spaventoso dove le due forze universali si inflissero danni a vicenda, e un susseguirsi di scariche elettriche nere, rosse e grigie esplose in boati assordanti, Goethe ebbe la meglio.
Le due forze colossali si annientarono a vicenda, si risucchiarono una dentro l'altra, e come una foglia d'autunno caddi al suolo, mentre i sensi mi abbandonavo pian piano. Con gli occhi socchiusi e le ossa sbriciolate vidi un'ombra avvicinarsi: era quella di Goethe. Egli si piegò lentamente sulle ginocchia, mi sollevò tra le braccia e richiamò il suo cavallo.
"Per oggi abbiamo finito" disse. "Torniamo dentro."
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Ricordi di un mondo passato (Cartaceo)
FantasyIl romanzo è stato pubblicato da Lettere Animate in formato digitale e cartaceo. La versione su wattpad è completa e gratuita. Limitarsi a credere a ciò che i nostri occhi vedono, non è come sostenere che l'acqua esiste solo per dissetarci? Sin...