Capitolo 22 - Il viaggio nel tempo (R)

29.7K 1.8K 54
                                    



Milano - 22 marzo 2027
Kephas.

La mattina seguente, a giudicare dalle nostre espressioni, sembrava che nessuno avesse chiuso occhio nella notte; e forse era davvero così, ma nessuno lo chiese poiché troppo occupato a barcollare avanti e indietro, con una mano a fasciare la nuca e l'altra a coprire gli occhi dai primi raggi del sole. A seguito di un comune e fastidioso mal di testa, dovuto all'eccessivo consumo di alcol, Simone distribuì delle aspirine e, dopo una nutriente colazione a base di latte e cereali, e un ultimo saluto al dottor Goethe, ci dirigemmo a gruppi di sette all'aeroporto di Malpensa, grazie all'ausilio delle capsule antigravitazionali.

Nel frattempo Lux rimase nel grattacielo con Kariot. Arrivati all'aeroporto, la piattaforma temporale era già stata fatta atterrare, dallo scienziato, a un'estremità della pista, mentre dall'altra parte, a circa quattro chilometri di distanza, si ergeva la stazione elettromagnetica. Su ognuna delle nostre spalle gravavano zaini pieni di cibo, bevande, armi, medicine e kit per il pronto soccorso. Portavamo una pistola nella fondina e un coltello nel fodero, entrambi assicurati alla cinta dei jeans. Giacomo mi indicò la piattaforma temporale e sorrise.

"È bella, non è vero?" mi domandò.

La guardai con stupore. Le labbra aperte e il corpo scosso da piccoli brividi di piacere.

"È meravigliosa!" risposi.

Si presentava come una gigantesca navicella sferica di colore bianco, con una superficie di sessanta metri quadrati e un'altezza di tre metri e mezzo. Esternamente era rivestita in acciaio inossidabile, e composta da quattro oblò disposti in maniera circolare a metà altezza, da una rampa di scale a pressione per l'accesso alla struttura, e da quattro piedi di metallo che ne ammortizzavano il peso. Inoltre, sopra a ogni oblò, vi era disegnato un cavaliere in sella al proprio cavallo, e per di più ogni animale aveva un colore diverso: nero, bianco, rosso e verdastro.

A quanto pare, in passato, Goethe aveva espresso il desiderio di incidere una sorta di marchio di fabbrica, e Giacomino lo aveva accontentato senza alcun problema. Andrea poggiò la mano sulla mia schiena e la carezzò con delicatezza.

"Stiamo per viaggiare nel tempo?" domandò ad alta voce. "Sta succedendo davvero?"

Giacomo si avvicinò ancora di più, mi strinse le spalle e sorrise di nuovo.

"Non vi sembra reale, vero?" chiese a sua volta. "Nemmeno a me."

"Secondo voi funzionerà?" domandò Taddeo, poco distante sulla destra.

"Non ci resta che scoprirlo!" rispose Andrea.

Mi voltai verso i miei amici e, uno dopo l'altro, li fissai con un sorriso all'angolo della bocca che sapeva di felicità.

"E allora andiamo!" esclamai. "Saliamo a bordo!"

Dall'altra parte della pista, a circa quattro chilometri dalla piattaforma, la stazione elettromagnetica presentava una struttura molto semplice. Era costituita da due pilastri rettangolari rivestiti di rame, con una superficie di due metri quadrati e un'altezza di quattro metri. Ogni pilastro distava dall'altro per l'intera larghezza della pista d'atterraggio e, lungo la superficie laterale di ognuno, erano stati intagliati una dozzina di fori circolari, larghi quanto un dito, concepiti per sparare scariche elettriche da una parte all'altra della struttura, e così creare un campo elettromagnetico.

La base di ogni pilastro era, inoltre, collegata a un generatore di energia elettrica attraverso un tubo rivestito d'argento. Il generatore era grande il doppio rispetto ai pilastri, e sembrava una specie di massa ferruginosa piena di luci, lancette e ventole che giravano imperterrite.

Ricordi di un mondo passato (Cartaceo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora