Capitolo 77 - Djoser (R)

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Antico Egitto - Giorno Due

Matteo.


"Sento la paura" bisbigliò Djoser. "Scorre dentro di voi; pulsa, guizza, trema."

La sua armatura cobalto luccicava sotto i raggi del sole; gli occhi, attraverso le fessure dell'elmo, sembravano glaciali, inespressivi, tenebrosi.

"Djoser!" esclamai. "È iniziato tutto qui, non è vero?"

Il vento fischiò sulla necropoli. Le teste di alcuni abitanti di Saqqara si affacciarono alla luce del sole, tremanti dalla paura ma incuriosite.

"Sì, Matteo. Io sono il primo. Il Disegno ha preso vita su questa terra, in questa era. La necropoli di Saqqara è legata a me tanto quanto a Satana, principe del Male."

Il suono sinistro di quel nome serpeggiò nel cupo mormorio della folla; come un'onda sismica si era propagato in fretta e aveva scosso la coscienza del popolo egizio. Saqqara aveva i colori dell'apocalisse, dello scontro finale tra Bene e Male, della furia devastatrice che si sarebbe abbattuta sulla quiete dell'innocenza.

La necropoli raffigurava il sipario delle tenebre, ed era questo l'elemento che più di ogni altro mi suscitava un senso di timore: il buio sull'avvenire, la probabile istituzione di un ordine malvagio, l'idea di un'eternità fatta di ingiustizia e sofferenza.

"Qui ha preso vita il disegno di Satana," dissi lentamente "e qui si spegnerà insieme ai suoi sostenitori."

Djoser rimase impassibile, taciturno, sospeso nel cielo; la sua aura cobalto baluginava intorno all'armatura. In una mano impugnava uno scudo, nell'altra una frusta nera.

"Fratelli miei!" dissi telepaticamente. "Ci attende una prova difficile. Dovremo combattere con valore, intelligenza, fermezza e, soprattutto, fiducia in noi stessi."

Tommaso e Giacomino annuirono, le labbra strette in una linea sottile. La concentrazione era altissima. Le acque del Nilo scorrevano pacate e brillanti sotto di noi, e il cavallo nero di Djoser ne approfittava per placare la sua sete. Le movenze di quell'animale erano delicate, eppure lo sguardo era tetro e gli occhi sembravano non avere pupille. Pensai che fosse lì per un motivo, che se tutto facesse parte di un disegno, allora quel cavallo doveva avere una parte nel copione di Satana. La mia spada fremeva all'idea di flagellare l'avversario.

"Ogni secondo che passa è un istante di vita che togliamo all'umanità" pensai. "Facciamola finita."

Sguainai la spada dal fodero dell'armatura, e a seguire fecero lo stesso Tommaso e Giacomino. Un ringhio basso mi vibrò dentro la gola e con un guizzo mi lanciai contro Djoser, urlando come per farmi coraggio. Le lame di luce celeste protese in avanti pronte a trafiggere la sua armatura. Il cavaliere attese i nostri fendenti, inamovibile fino all'ultimo istante, dopodiché si fece piccolo dietro lo scudo e respinse l'attacco. I nostri corpi furono sospinti all'indietro, e adesso la frusta del nemico falciava l'aria con un sibilo tagliente.

Uno schiocco sonoro echeggiò dalla guancia di Giacomino; in un attimo gli si aprì un taglio che si estendeva dallo zigomo al mento, passando per le labbra, e rivoli di sangue inzuppavano la barba lunga, incolta e castana. Giacomino urlava a squarciagola, le labbra angosciate dall'affanno. A un certo punto prese a scuotere la testa, con un'espressione stordita, e la sua vista doveva essersi annebbiata, perché con la spada assestava violenti fendenti al vuoto.

Inorridito da quella visione, feci per imprimere un colpo di taglio alla frusta, ma la collisione tra la lama e la cinghia generò un'esplosione elettromagnetica che mi fece balzare all'indietro. Un baffo di sangue mi impregnò il labbro inferiore, spaccato a metà. Il respiro si fece pesante. Djoser lasciò cadere su Saqqara il suo scudo, come se non ne avesse più bisogno, poi accelerò i suoi movimenti e frustò Tommaso in più punti del corpo, lacerandogli il viso, i gomiti, le ginocchia, la schiena e il collo.

Ricordi di un mondo passato (Cartaceo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora