Capitolo 19 - Non si è mai soli (R)

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Milano - 9 giugno 2026
Kariot.

Sottili travi nere si intrecciavano in anelli sopra un soffitto ovale, e giravano attorno a delle pareti rivestite da vetrate cristalline. Socchiusi le palpebre; i raggi del sole sembravano volermi infilzare le pupille. Dove mi trovavo? Il pavimento verde giallastro somigliava a uno specchio con dentro un prato primaverile, e rifletteva i colori chiari che giungevano dal cielo. Sollevai il braccio e mi sembrò di toccare la volta celeste. Non vi erano dubbi: mi trovavo nel grattacielo di Goethe.

Schiusi le palpebre e mi guardai intorno. La porta verde della camera era aperta e dava sul corridoio avvolto in una penombra rossastra. Ero sdraiato su un letto, con la testa poggiata su due cuscini morbidi e un lenzuolo bianco che copriva le gambe, avvolte dai pantaloni di una tuta. Il torso era nudo e la spalla era fasciata da uno spesso strato di bende. Tutto sembrava profumare di muschio bianco; la stanza, le lenzuola, la tuta, e persino le bende. Afferrai il lenzuolo e lo feci volare ai piedi del letto; l'atmosfera era fin troppo silenziosa.

"Il guastafeste si è svegliato!" esclamò Lux, sbucando dalla porta.

Sussultai per lo spavento. Le sue labbra trattenevano un ghigno di piacere e le braccia, conserte, stropicciavano un corto vestito di seta color prugna.

"Ciao Lux!" risposi. "Anche per me è un piacere rivederti. Da quanto tempo sono qui? Dov'è Kephas?"

L'archeologa voltò la testa di lato, spingendo il naso all'insù con le palpebre chiuse.

"Ma certo..." disse a voce alta, con arroganza. "So io come trattarti."

In un attimo scomparve dalla mia vista e prese a camminare nel corridoio. I suoi passi risuonarono ovattati fino a svanire del tutto dopo un paio di secondi.

"Mah!" pensai tra me e me.

Feci per alzarmi dal letto, ma la testa iniziò a girare così tanto che il pavimento parve sollevarsi. Mi distesi nuovamente e poggiai la nuca sul cuscino, con le palpebre semichiuse e un senso di vuoto allo stomaco.

"Ho portato la colazione!" esclamò Lux, sbucando dalla porta una seconda volta.

Con quel ghigno di piacere ancora nascosto nell'angolo della bocca, si avvicinò e si sedette ai piedi del letto, con un vassoio in bambù sulle gambe. Sollevai la testa di poco, inarcando le sopracciglia e sporgendo in fuori gli occhi e le labbra. Il vassoio conteneva una vaschetta scoperchiata di yogurt ai mirtilli, un'altra simile di marmellata, una tazzina di caffè fumante, un cucchiaino e delle fette biscottate integrali. Lo stomaco brontolò.

"È per me?" domandai con meraviglia. "Dovrei farmi sparare più spesso, allora."

Lux scosse la testa più volte, alzò gli occhi e sospirò, intanto che i suoi lucenti capelli castani, mossi come le onde del mare, danzavano sulle spalle.

"Sei uno stupido!" disse, con quell'aria superba che la caratterizzava.

Portai le mani dietro la testa e allargai i gomiti, con lo sguardo alto rivolto al soffitto e un sorriso trattenuto a stento.

"Non hai mai fatto una cosa del genere per me..." pensai ad alta voce.

"Non c'è mai stata l'occasione!" rispose lei con austerità.

La guardai dall'alto verso il basso. Le sue palpebre erano tese e le labbra imbronciate. Il vassoio, nel mentre, era stato spostato più vicino alla vita, e con sé aveva trascinato parte del vestito di seta, che adesso rivelava delle gambe lucenti e vellutate, nude per metà.

Ricordi di un mondo passato (Cartaceo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora