Terza parte: la verità. Capitolo 1

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Da giorni la città era afflitta da una violenta pioggia che non accennava a diminuire, rendendo lugubri le strade durante la notte. Il territorio pendente trasportava il provvisorio fiume dal vulcano dormiente al mare agitato, razziando tutto ciò che aveva la disavventura di capitare sul suo letto d'asfalto.

La città dormiva, le strade erano deserte.

Le nubi concessero una fugace pausa quella notte. Mossi dal vento, gli ammassi nuvolosi rivelarono un lieve scorcio, rendendo visibile una falce di luna dal chiarore spettrale. Con i suoi raggi gentili abbracciò una piccola porzione della città, illuminando una porta in procinto di essere aperta. L'ultimo raggio spettrale sfiorò una mano pallida che spuntò dall'edificio, finì poi nell'occhio scuro della persona che ne usciva, morendo nel mare di venature nocciola e verdi.

Quell'occhio apparteneva ad una ragazza che aveva superato la ventina. Indossava una tuta comoda, logora in alcuni punti, che utilizzava nelle ore lavorative. L'edificio che aveva appena lasciato, era l'archivio della città, dove si recava per svolgere un tirocinio non retribuito, in attesa di un lavoro vero.

Il freddo intenso che la colpì la costrinse a stringersi nella tuta; alzò il colletto e mise le mani in tasca.

La porta si riaprì e ne uscì un donnino avvolto in abiti casti. Tra le mani aveva delle cartelle giallognole. "Aspetta!" la chiamò a gran voce, incurante dell'ora tarda. Era presbite, aveva lasciato gli occhiali in ufficio per la fretta e sul viso aveva gli occhiali da lettura. La figura familiare le si avvicinò, rivolgendole un sorriso falso. "Paine, queste devi riordinarle prima di domani. Mi dispiace farti lavorare così tanto, ma posso contare solo su di te."

Paine accettò controvoglia le scartoffie.

"Mi raccomando, si tratta di documenti importanti" raccomandò la donna. "Devo archiviarli entro questa settimana."

Paine la guardò dritta negli occhi, rivolgendole uno sguardo adirato, conscia che non poteva vederla bene. "Farò il possibile, Margot."

Margot le sorrise incerta. "Buona notte."

Paine non rispose all'augurio e si diresse sulla strada. Aveva ottenuto quel lavoro con l'aiuto di sua madre, e solo questa ragione bastava ad odiarlo. Margot era una vecchia amica di Serena, che le aveva rivelato di aver bisogno di un'assistente poiché da sola non riusciva a portare a termine il lavoro. Paine aveva accettato la proposta lavorativa nella speranza di trascorrere il maggior tempo della giornata lontana dal nido d'amore di sua madre e del suo nuovo compagno, Franco. Aveva terminato gli studi, rinunciando all'università. Nessuno dei suoi compagni, né dei suoi maestri parevano comprendere il genio creativo che aveva dentro, e aveva preferito dipingere in solitudine piuttosto che recarsi ogni giorno all'Istituto di Belle Arti per essere demolita e arrendersi alle forme classiche che le imponevano.

Mise i fogli sotto il braccio scendendo i gradini bagnati con attenzione.

La breve pausa che la pioggia aveva concesso terminò. Le prime goccioline gelide e leggere, sottili come spilli, inumidirono la strada.

Si coprì i capelli con il cappuccio della tuta e nascose i fascicoli sotto la maglia per evitare che si bagnassero. Accelerò il passo. Deviò dal percorso abituale, una stradina in salita, per evitare di incontrare il fiume d'acqua che avrebbe reso impervio il ritorno a casa.

La pioggia aumentò, inzuppandola completamente.

Nell'oscurità dei vicoli che superava, si udiva la pioggia irrompere in ogni anfratto e smorzare ogni altro tipo di suono. Le proprie orecchie carpirono lo stesso un leggero rumore di passi in avvicinamento.

L'Angelo della MorteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora