Capitolo 4: incubi

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  La pioggia era cessata, sostituita da un forte vento che flagellava il giardino morto, strappando le ultime foglie rimaste sugli alberi.

Paine era sulla soglia della porta, si muoveva lenta, come un fantasma. Non riusciva a distogliere lo sguardo dalla finestra. Spense la luce del bagno, rimanendo completamente al buio. Era ancora turbata per quanto successo e se da bambina aveva affrontato quelle esperienze con spensieratezza, ora non ci riusciva. Sapeva che non c'era nulla di logico in quello che le era accaduto e più ci pensava, più le scoppiava il cervello. L'unica persona che poteva rispondere alle sue domande era Robert.

Si sedette alla scrivania e congiunse le mani su di essa, fissandosi i polpastrelli. Era attraverso quella finestra che aveva visto l'uomo misterioso molti anni prima. Deglutì, aveva la sensazione di essere spiata.

Alzò di scatto la testa in un impeto di coraggio, e quasi non urlò per ciò che vide. C'era lui in giardino.

"Ah!" disse sorpresa. Spostò la schiena all'indietro urtando lo schienale della sedia che si ribaltò. Con la mano sfiorò il bordo della scrivania, nel tentativo di bloccare la caduta, ma sfiorò solamente il legno. Finì a gambe all'aria e rovinò sul pavimento battendo la schiena sul punto che più le doleva.

"Accidenti!" Con imbarazzo si rimise in piedi e corse alla finestra.

Non c'era più.

Sospirò, delusa. Si chiese se avesse visto realmente qualcuno o fosse stato solo frutto delle brutte esperienze di quella notte. Raccolse la sedia e la portò davanti al cavalletto dove era fissato il suo ultimo quadro. Tolse il lenzuolo che copriva la tela. Stava lavorando ad un ritratto, il ritratto di un uomo che aveva visto solo in foto, un uomo che lei considerava morto da tempo. Si chiamava Victor Hogart, ed era suo padre. Tutto ciò che sapeva di lui era il nome.

Aveva scovato una vecchia polaroid che lo raffigurava in uno scatolone, in cui sua madre aveva raccolto gli oggetti che voleva buttare per ricavare spazio nell'armadio, poiché il suo compagno si sarebbe trasferito lì. Sul retro della fotografia vi era scritto il nome e una frase d'amore in inglese. Serena aveva aggiunto una frase offensiva sul fondo.

Paine aveva visto la foto per qualche istante, ma i tratti dell'uomo le si erano stampati in mente, e non li avrebbe mai dimenticati. Victor aveva tratti androgeni, capelli biondi, occhi celesti e un viso regolare. Lei non aveva ereditato nulla dei suoi lineamenti.

Aveva ritratto il busto dell'uomo, ma non per affetto. Una serie di rovi risalivano il corpo di suo padre, le spine gli penetravano la carne e gli avvolgevano la nuca in una corona mortale.

Il quadro era quasi terminato, mancava il tocco finale. Immerse il pennello nel barattolino del colore e fece gocciolare quello in eccesso. Voleva aggiungere una figura di un blu scuro negli occhi di Hogart, un tocco d'arte. La figura che tracciò era lei, un viso duro e insensibile che lo guardava perire nel senso di colpa.

Era troppo impegnata per udire il leggero respiro di Robert.

Paine starnutì e tirò su con il naso per tutto il tempo. Le era salita la febbre e il sudore le imperlava la fronte. Non poteva immaginarlo ma l'infezione che si stava scatenando in lei non era di origine naturale, il malessere provato non era causato dalle ore trascorse sotto la pioggia. La sua era un'infezione causata da un agente esterno, non più in vita. Un fumo denso che le era penetrato nel corpo quando era bambina e che solo ora era tornato in azione. La stava trasformando dall'interno, donandole inconsciamente informazioni che le donne che l'avevano preceduta avevano accumulato nel tempo.

L'Angelo della MorteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora