Capitolo 11

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  Jack lanciò il cellulare sulla scrivania e distese la schiena sulla sedia ergonomica. Accese una sigaretta e aspirò lentamente assaporando l'aroma del tabacco, lasciando che il fumo lo circondasse. Era nel suo ufficio, identico agli altri centinaia costruiti in quello che un tempo era stata una catacomba.

Nonostante si fosse distinto nelle missioni che gli erano state affidate e lui stesso avesse conseguito numerosi onori per aver svolto nel migliore dei modi i suoi compiti, era rilegato in un dozzinale buco quadrato. Scrivania centrale di un grigio spento dotata di un computer all'avanguardia, cellulare per le comunicazioni private e telefono per contattare l'esterno. Le pareti erano spoglie e c'era una poltroncina dove rilassarsi. La sua era intatta e ancora conservata nel cellofan, segno che non poteva riposare mai. Al soffitto, invece di un comune lampadario, c'erano due monitor. Uno era collegato con la Sala Magna, dove si svolgevano le riunioni; solitamente spento, veniva acceso solo per le comunicazioni importanti, i comuni impiegati non potevano sapere cosa accadesse nella Sala; al contrario, grazie alle telecamere poste in ogni ufficio, il Consiglio poteva vedere gli impiegati in qualsiasi momento. Il secondo monitor, di cui tra gli impiegati solo Jack era dotato, era collegato anch'esso con le telecamere di tutti gli uffici, poiché egli era un superiore, poteva impartire gli ordini agli impiegati e ai soldati di grado inferiore.

Jack prese il telecomando e accese il secondo monitor, mentre aspirava le ultime boccate nocive della sigaretta. Apparve l'immagine di una donna, Tarja Nikkari, di cui era follemente innamorato. Era un anno appena più grande di lui, una donna dai tratti regolari. A colpirlo erano i suoi occhi verdi, grandi e profondi. Era una delle migliori dipendenti, sempre ligia al suo dovere, non si lasciava distrarre da nulla, uomini compresi. Aveva un carattere forte e autoritario, non si perdeva in inutili chiacchiere e non faceva troppe domande. Era la donna dei suoi sogni.

La sigaretta si consumò tra le dita, la gettò nel posacenere e rimase qualche secondo a godere dei lineamenti perfetti di Tarja.

Controllò l'orario, lo stavano aspettando nella Sala Magna, doveva andare.

Quegli ultimi dieci giorni si erano rivelati i più estenuanti dell'intero anno, aveva contattato persone dal curriculum riprovevole, e le aveva disseminate per l'intero globo nelle città con maggiore presenza dei membri dell'Ordine. Quaranta persone in tutto, dodici donne e ventotto uomini con i quali speravano di spingere allo scoperto la sostituta di Diana, ci sarebbero voluti degli anni perché, come aveva rivelato la stessa, l'Angelo della Morte era scelta da piccola. Ma se avessero atteso che fosse cresciuta per posizionare le esche, queste avrebbero sospettato qualcosa, compreso Robert.

Spense il monitor e uscì in corridoio. Non esistevano finestre nella struttura, sarebbero state inutili perché non c'era nulla da vedere. L'illuminazione era fornita da un impianto al neon e Jack, che era nell'Ordine da più di dieci anni, non ne poteva più delle sedici ore che trascorreva a trenta metri di profondità. Era diventato sensibile alla luce; entrava in servizio prima del sorgere del sole, e smontava a notte fonda. Se gli capitava di uscire di giorno, indossava sempre un paio di occhiali scuri.

Passò davanti all'ufficio di Tarja e le rivolse un sorriso maldestro. La donna fece lo stesso.

Prima di abbandonare la zona degli uffici, i dipendenti dovevano sottoporsi a rigidi controlli, e lui non era esentato. Passò attraverso un metaldetector e un agente dell'Ordine lo perquisì. Continuava a ripetersi che erano soltanto dei controlli di routine, che dopo dieci anni si fidavano di lui e che presto lo avrebbero accettato tra i membri permanenti del Consiglio.

Dopo la perquisizione si recò al garage dove erano riunite piccole vetture elettriche a due posti, necessarie per gli spostamenti sotterranei.

A quell'ora erano tutti in ufficio e la strada era semideserta, popolata solo dagli occhi indiscreti delle telecamere. Si immise nella carreggiata silente. Le pareti di roccia scura e l'asfalto lo innervosivano. Temeva che una creatura della notte potesse nascondersi dietro gli angoli. Era accaduto, in passato, che gli animali feroci riuscissero a penetrare nei tunnel: molte zone, ai confini del complesso centrale, erano ancora catacombe e gli anni avevano creato delle infiltrazioni nella terra e passaggi secondari. Avevano trovato uomini privi di vita, soprattutto tecnici, con il collo lacerato. Ora stavano risolvendo il problema, ma la paura di essere sbranato era alta.

L'Angelo della MorteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora