Capitolo 14: decisioni difficili

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Paine era seduta sul letto, i gomiti poggiati sulle gambe e le mani penzolanti. Aveva la testa calata, la sua mente non riusciva a formulare alcun pensiero; era ferma, come se fosse rimasta in quel quartiere, tra le fiamme invisibili che bruciavano ogni cosa.

Robert le era davanti, in piedi, incapace anch'egli di affrontare il discorso. Una ruga di preoccupazione gli solcava la fronte. «Come sei finita lì?», le chiese con voce grave.

Paine non si mosse, non produsse neppure il più piccolo suono, lo sguardo vacuo e liquido rivolto al nulla.

Robert strinse gli occhi. «Rispondimi, Paine!», urlò.

Era la prima volta che Paine gli sentiva alzare la voce, avrebbe voluto tremare per la sorpresa, ma fu un sorriso pallido a comparirle sul volto. "Allora anche tu sei umano", pensò.

Robert si spazientì. Era accaduto qualcosa di grave, solo lui era in grado di attraversare il confine tra i due mondi e mai gli era capitato di assistere alla distruzione di un intero quartiere. Quando era lui a lasciare che le anime dei condannati entrassero nel mondo degli spiriti, non accadeva nulla al mondo dei vivi, tutto rimaneva fermo come in una diapositiva; ora invece i danni causati dalla dimensione degli spiriti erano rimasti impressi nel mondo come ferite fresche. «Mi nascondi qualcosa.», disse con la voce spezzata dalla rabbia.

Paine non riuscì ad affrontare la sua collera e si chiuse in se stessa; abbassò il viso per evitare di incontrare i suoi occhi indagatori, quegli occhi calmi come il mare che l'accusavano. Lo sentì sbuffare e allontanarsi di qualche passo.

Guardò distrattamente Paine e si pentì per aver alzato la voce. «La situazione è molto grave...», disse con voce pacata. «È la prima volta che accade una cosa del genere.»

«Non è stata la prima volta.»

Robert tremò al suono di quelle parole. «Come?», chiese in un soffio. Paine alzò finalmente il viso; i suoi occhi erano lontani e severi.

«Non hai notato il radicale invecchiamento dei palazzi circostanti?»

Robert corrugò la fronte.

«Non è stato certo il vento del deserto a provocarne il veloce disfacimento...», continuò Paine. «Sono ormai mesi che mi sento trascinata nel mondo dei mangiatori di anime.» I suoi occhi divennero cupi e scuri come la notte. «Ogni volta che vengo colta dalla stanchezza, l'oscurità prende il sopravvento e, senza poterlo evitare, tutto ciò che mi circonda mi segue lì e si decompone.» Quella confessione le costò molto; non si sentiva affatto sollevata, anzi, un nuovo peso le gravava sul cuore: la paura di essere abbandonata.

Robert si resse al muro e respirò lentamente; la situazione era più grave di quanto credesse. «Perché non mi hai detto nulla?»

Paine sospirò. «Credevo che fosse una cosa da nulla, che prima o poi tutto sarebbe tornato alla normalità...invece...» Meccanicamente toccò il punto in cui era apparsa la bruciatura e Robert la vide; si chiese come potesse essere stato tanto cieco da non accorgersi di ciò che stava accadendo.

«La situazione è peggiorata, giorno dopo giorno.», continuò Paine. «La prima volta che accadde stavo dormendo; ero vittima di un terribile incubo e quando riuscii a svegliarmi mi ritrovai in un mondo che non mi apparteneva: una dimensione che avevo visto un'unica volta nella mia vita.» Si prese il volto tra le mani e si massaggiò le tempie. «Durò tutto pochi secondi ma per me furono interminabili. Da quel giorno ho avuto attacchi sempre più frequenti e lunghi; bastava solo un piccolo cedimento fisico o mentale per ritrovarmi prigioniera in quella dimensione. In principio il disfacimento era lento e credevo che fosse solo una mia immaginazione, solo di recente ho assistito alla sua velocizzazione, come se il mondo avesse fretta di morire.»

L'Angelo della MorteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora