Alla fine della funzione, Paine era in fila per ricevere l'assoluzione. Con grande sorpresa, non tutti i presenti erano rimasti per confessare le loro colpe e quando lo aveva fatto notare a sua madre, Serena si era infuriata come una belva, dicendole che se voleva rimanere una figlia del demonio, che facesse pure come gli altri e andasse a sollazzarsi al sole o a mangiare del gelato.
Il pensiero del gelato la entusiasmava ed era tentata di andare via per fare un dispetto alla Regina - che una volta tanto avrebbe potuto lamentarsi di qualcosa invece di accusarla ingiustamente - ma preferì rimanere al pensiero della punizione che sarebbe seguita.
Erano disponibili due cabine in cui confessarsi, in una entrò padre Michele - sua madre si fiondò in quella - e nell'altra padre Cristoforo, un omino ultranovantenne con la barba lunga e una spruzzatina di capelli bianchi sulla testa. Cristoforo per quarant'anni aveva recitato la messa, ma con il sopraggiungere della novantina, aveva preferito dedicarsi a compiti meno impegnativi e lasciare il suo posto a Michele. Era un uomo burbero e noioso, anche se non poteva ricordarsene, aveva sentito spesso i parrocchiani lamentarsi per la lentezza dei suoi sermoni e la cattiveria mostrata verso i peccatori. A Paine toccò confessarsi con lui.
Mise la manina sulla maniglia e sbuffò. Si voltò in direzione di sua madre per dirle 'devo proprio farlo?', ma era sparita.
L'Arpia che aveva perso la lotta per il posto in prima fila la rimproverò, ricordando di chi fosse figlia: "Bambina, non ho tutto il tempo del mondo! Hai intenzione di entrare o vuoi lucidare la maniglia per tutta la giornata?"
Paine trasalì, non le disse nulla e non si voltò, abbassò la maniglia per entrare sentendo le ultime parole della donna:
"Questi bambini di oggi mi sembrano tutti ritardati, per fortuna che i miei nipoti non sono come quella..."
Chiuse la porta, una barriera che la divise dagli ipocriti per catapultarla in un mondo di ipocrisia maggiore. La cabina era piccola e buia, c'era solo una sedia e una grata di legno sulla parete per permettere al prete di comunicare con il fedele.
La sedia era troppo alta per potersi sedere facilmente, avrebbe dovuto arrampicarvisi. Poggiò le mani sull'imbottitura del cuscino e si diede una leggera spinta con i talloni, mise un ginocchio sulla sedia e proprio mentre credeva di aver stabilito l'assetto giusto, perse l'equilibrio e cadde all'indietro.
"Ahi!"
Dalla fessura metallica che la separava da padre Cristoforo, si udì una risata.
Allargò gli occhi all'inverosimile, come poteva un prete ridere delle sue disavventure? Mise il broncio e si accigliò.
Riprovò la scalata, questa volta dando le spalle alla sedia e facendo leva con le punte. Raggiunse il bordo e si sistemò. Guardò con aria di sfida la finestrella dalla quale non giunse suono.
"Perché sei qui, Paine?"
Aprì la bocca per riferire la frase che le aveva suggerito sua madre 'perché ho peccato', ma le parole le morirono in bocca. La voce che aveva udito non era quella stanca e roca di chi si avvicinava ai cento anni. Era giovane, dolce. Forse era 'lui'.
"Non mi rispondi?", chiese dolcemente.
"Io..." Si stava chiedendo come avesse fatto a sostituirsi con il prete, l'aveva visto entrare lì dentro con i suoi occhi. Ma chi poteva dirlo con certezza, da quella mattina aveva avuto spiacevoli incontri immaginari.
Il prete aprì la grata e ne emerse il viso candido dell'uomo che aveva visto alla stazione e in chiesa.
Sorpresa, non riuscì a trattenersi e gli parlò, infrangendo uno dei precetti di sua madre 'non parlare agli sconosciuti': "Come hai fatto ad entrare lì dentro?"
"Come te: ho aperto la porta."
"E padre Cristoforo?"
"È uscito.", rispose laconico. "Perché sei qui?"
"Mi devo confessare, me lo ha detto la mamma."
"E dimmi, cosa avresti fatto di tanto cattivo?", le disse quasi ridendo.
Quell'espressione la fece infuriare. "Non te lo dico perché non sei un prete e non ti conosco nemmeno!"
"Hai ragione. Mi chiamo Robert, ma ci conosciamo da tantissimo tempo. Non preoccuparti, sono un sostituto di Cristoforo, puoi parlare con me dei tuoi 'peccati'."
"Faccio arrabbiare la mamma continuamente.", disse triste.
"Chi, la Regina?"
Paine spalancò la bocca a formare una grande 'o'.
"Ti chiedi come faccio a conoscere il nomignolo che le hai affibbiato?"
Annuì.
"Come ti ho detto: non sono uno sconosciuto."
"Sei mio padre?", chiese con le lacrime agli occhi.
"Oh, no. Non sono tuo padre."
"Ah..." Paine emise un verso di sollievo.
"Vai pure Paine, rassicura tua madre dicendole che non hai commesso peccati..."
La bambina gli sorrise.
Robert chiuse la grata, aggiungendo sottovoce "Non ancora."
"No, non andare via!"
La grata si riaprì appena Robert l'ebbe chiusa e il volto smagrito di Cristoforo fece capolino, come un'orrenda rappresentazione della morte.
"Come mai sei qui, piccina?"
Il cuore di Paine fece un balzo, per poco temette che le sarebbe uscito di sede per andare a far visita al suo cervello. 'Ma si, andiamo a vedere come sta oggi il vecchio pazzo, dicono che ha dato i numeri per tutto il giorno!'
Scese in fretta dalla sedia, sbatté contro la porta, non riusciva ad aprirla, c'era qualcuno poggiato oltre essa.
"Che ti prende?", chiese perplesso il volto della morte.
Paine spinse la porta con tutto il corpo e la persona che la bloccava finì carponi a terra. In quel momento non le importava se oltre l'uscio avrebbe incontrato gli alieni neri o, peggio, sua madre, voleva solo fuggire, scappare da quell'orrido signore che sembrava volerla mangiare.
Sul pavimento c'era finita la vecchia Arpia di prima che le inveì contro, incurante di essere in chiesa.
Paine corse a sedersi sulla panca in attesa che sua madre terminasse la confessione. Cercò Robert con lo sguardo ma di lui non v'era traccia. Non apparvero nemmeno gli alieni neri. Invece di rallegrarsene, si sentì terribilmente sola.
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L'Angelo della Morte
ParanormaleL'Angelo della Morte è un'assassina che molti considerano immortale, vaga sulla Terra da secoli per mietere le anime di coloro che ritiene impuri. Ma è davvero così che stanno le cose? Mosca, 1987 Diana è ferita e si nasconde dai soldati che la ins...