Capitolo 50

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La notte calò silenziosa su Santa Helena. Era una notte, fredda, nuvolosa, tenebrosa.
Il bosco era gremito di occhi luminosi, mentre i rami degli alberi sembravano braccia intente a soffocare la prossima povera vittima.
Al di là del bosco, al confine tra Santa Helena e il paesino di Manzana, in una caverna, un uomo veniva torturato. Quell'uomo era Salvador Martinez.
Il ricco signore era rinchiuso in una cella grande e putrida, ed aveva le braccia rivolte verso l'alto, legate da forti ganci di ferro attaccati al soffitto.
Il suo volto era ricoperto di sangue, così come il suo petto nudo, ricoperto di profondi graffi. Respirava affannosamente: gli dolevano le braccia ed era affamato.
In fondo alla cella, due uomini, coperti da un passamontagna, lo sorvegliavano con dei fucili ed attendendevano ordini.
Improvvisamente la cella si aprì, ed un uomo, vestito elegantemente di nero, vi entrò al suo interno. Era alto e robusto, e mostrava una sessantina d'anni.
Camminava lentamente per la stanza, finché non si fermò davanti a Salvador.

"Il povero topolino in gabbia.. quanto ho desiderato vederti in queste condizioni" ghignò l'uomo, mentre Salvador lo guardò stringendo gli occhi.

"Chi sei? Cosa vuoi da me?" urlò il Martinez furioso.

"Oh, a quanto pare hai ancora voce in corpo... Ramiro, diamo una scossa al nostro prigioniero" ordinò con un ghigno, mentre uno dei due ragazzi prendeva un ferro incandescente.
Si avvicinò alle costole di Salvador e lo colpì con un tiro secco, facendolo urlare di dolore.

"Così va meglio. Non fai più il galletto, eh?" disse l'uomo.

Salvador lo guardò, pensando che quel volto gli era familiare, ma non riusciva a riconoscerlo a causa della vista annebbiata e del buio.

"Cosa c'è, Salvador? Hai paura? O vuoi dirmi qualcosa?" chiese il boia abbassandosi.

Salvador fece un piccolo sorriso e gli diede una testata sul naso, facendo gemere l'uomo di dolore.
L'altra guardia raggiunse il Martinez e lo picchiò ripetutamente, mentre il suo aiutante gli colpì la gamba con un coltello.

"Mossa davvero stupida, Martinez" tuonò l'uomo tamponandosi il naso con un fazzoletto.

"Ti ucciderei volentieri, lo sai?" disse prendendo per i capelli Salvador.

"E perché non lo fai?" chiese il Martinez con un filo di voce.

" Perché godo nel farti soffrire! A proposito.. come sta Eleonora?" sibilò l'uomo accarezzando la lama di un coltello.

"Cosa vuoi farle? Non la toccherai, bastardo!" urlò Salvador ricevendo l'ennesimo pugno.

"E chi me lo impedirà? Tu?" rise il rapitore "mi dispiace, ma non potrai fare niente. Quanto è bella quella donna.. e sarà di nuovo mia"

"Non toccarla! " ripetè Salvador senza forze.

"Non agitarti, Martinez, non ti fa bene. Anche la figlioletta è bella.. identica alla madre.. ed ha gli occhi del padre" commentò l'uomo.

"Cosa c'entra Aurora? Lei è solo una ragazza" affermò Salvador, mentre sentiva gli occhi pesanti.

"Lo vedrai, Martinez, lo vedrai" concluse l'uomo andandosene, mentre Salvador svenne.

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La mattina seguente, Aurora, Juan e Eleonora erano in una locanda del centro del paese per parlare del ritrovamento della giacca.

"L'hai portata alla guardia civile?" chiese la donna con gli occhi lucidi, mentre Aurora gli stringeva la mano.

"Sì, Eleonora. Ora stanno ispezionando meglio quella zona" rispose Juan con il viso stanco.

"Dio mio, se gli fosse successo qualcosa.. io.. " balbettò Eleonora affranta, mentre José la guardava comprensivo.

"Non facciamo conclusioni affrettate, madre. Deve esserci una spiegazione a tutto questo" la interruppe Aurora.

"E se l'avessero rapinato e poi.. oddio, non voglio pensarci" mormorò la donna passandosi le mani tra i lunghi capelli.

"A questo punto è inevitabile pensare che gli sia successo qualcosa. Il tutto è scoprire cosa" affermò Juan.

"Io.. non ce la faccio a non pensarlo in pericolo. Mi si stringe il cuore al solo pensiero.. io.. non posso vivere senza lui" confessò Eleonora asciugandosi una lacrima.

"Ascoltatemi. Se l'avessero ucciso, l'avrebbero già ritrovato nel fiume o in qualche fossa, perciò sono sicura che è ancora vivo"

"Già, ma per quanto tempo ancora?" chiese Juan sbattendo un pugno sul tavolo.

"Non essere pessimista, Juan" sussurrò Aurora.

"Non sono pessimista Aurora! Sono realista! Se gli fosse successo qualcosa.. non potrei mai perdonarmelo. Ho ancora troppe discussioni da fare con lui..e poi. .non gli ho mai dimostrato il mio affetto" confessò il ragazzo con voce tremante.

"Lui sa quanto ci tieni a lui, Juan. E anche lui ti vuole bene " lo consolò Aurora.

Eleonora sospirò e sbiancò improvvisamente.

"Madre, che vi prende? Avete visto qualcuno?" chiese sua figlia preoccupata.

La donna cominciò ad ansimare e tremare, mentre aveva gli occhi sbarrati.

"Eleonora, si sente bene?" domandò Juan preoccupato.

"è. .vivo. È vivo" mormorò sconvolta e pallida.

"Ma chi madre?"

Un uomo si avvicinò a loro, ed Eleonora rimase immobile nel vederlo. Voleva urlare e scappare, ma qualcosa glielo impediva.

"Aurora.. andiamocene.." sussurrò, ma l'uomo arrivò già al loro tavolo.

"Ciao, Eleonora" la salutò con sguardo perverso.

"Ma chi siete?" domandò Aurora diffidente.

"Lui.. lui.." balbettò Eleonora ancora shockata.

"Sono tuo padre, Aurora. No, non sono morto" disse con ghigno divertito.

Cuore ribelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora