Capitolo XXIII

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_Si può sapere dove diavolo ti eri cacciato?_ sbottò Bret arrivandogli alle spalle. _E' tutto il giorno che ti cerco. Il coach ti aspetta per gli allenamenti. Ora che sei ufficialmente dei nostri vuole metterti in squadra... sempre che tu ti degni di farti vivo s'intende! Ti interessa ancora vero?_ chiese, scuotendo la testa rassegnato.   

Bret non capiva cosa combinava, come dargli torto, neppure lui lo capiva. Si sentiva come una barca in balia della tempesta. Aveva la sensazione di aver perso completamente il controllo della sua vita e non poteva permetterlo. Devi reagire Oscar, si ripeté per la centesima volta. Doveva parlare con Jolanda e risolvere una volta per tutte la questione.

_Scusami dovevo occuparmi di una cosa... ma ora sono tutto tuo _ scherzò.   _Andiamo, non vorrai mica fare tardi agli allenamenti?_

Bret sentì il forte impulso di strangolarlo seduta stante. Allontanò quel proposito omicida, dicendosi che non ne valeva la pena rovinarsi la vita, e accelerò il passo per mettersi al suo fianco.

_Sono contento di poter dare il mio contributo..._

_Sì certo, ho notato il tuo entusiasmo. Ma che ti prende? Credevo che lo volessi il posto in squadra?_ domandò, guardandolo da sotto le ciglia leggermente abbassate per proteggersi dai raggi di sole che lo colpivano in pieno viso. 

_E infatti è così... giocare a lacrosse è il solo motivo per cui sono venuto qui_ assicurò. Non gli disse però che da quando aveva conosciuto Jolanda le sue priorità erano al quanto cambiate. Ora c'era lei in cima alla lista dei suoi obbiettivi primari. Stare con lei era la cosa che gli importava più di tutte, solo che non poteva dirlo al cugino, non dopo aver fatto il patto di lasciar perdere tutte le ragazze. Delle altre non gli importava nulla, per lui potevano anche sparire, l'unica che lo teneva sveglio, facendogli battere forte il cuore tutte le volte in cui i loro sguardi si incrociavano, era Jolanda. Rinunciare a lei sarebbe stata dura, molto dura. Lui ci provava, solo che quando la vedeva, tutti i suoi buoni propositi andavano a farsi benedire.

Si diressero agli spogliatoi e dopo aver indossato protezioni e divise corsero in campo. La squadra era già tutta riunita, aspettavano solo loro.

_Alla buon'ora!_ sbraitò coach Morgan. _Finalmente la nostra prima donna si è decisa a onorarci della sua presenza... sono estasiato!_ continuò girandogli intorno stile predatore pronto a saltargli alla gola.

_Mi scusi coach, non capiterà più_ promise costernato. Complimenti, beccarsi una ramanzina ancor prima di entrare in squadra, quello sì doveva essere un record pensò, guardandolo dritto negli occhi.

_Spero che sia così perché non mi serve a nulla un giocatore che non si presenta in campo. Voglio essere chiaro con te... non pensare che solo perché sei un fuori classe te le farò passare tutte. Qui si seguono le mie regole... non ci metto nulla a rimandarti a calci nel culo nel luogo da cui sei venuto. Siamo intesi?_ domandò gelido, il viso a pochi centimetri dal suo.

_Sì signore!_  Le parole furono pronunciate con voce ferma, sincera. 

Oscar conosceva bene quello sguardo, negli ultimi tempi lo aveva visto spesso prima di essere espulso da ogni scuola in cui aveva messo piede. Non aveva alcun dubbio che il coach avrebbe mantenuto la parola. Stava a lui far si che non accadesse, dimostrargli che non sbagliava a dargli una possibilità.

_Bene... allora in campo, si comincia_ disse l'uomo, accompagnando le parole col suono squillante del fischietto che portava appeso a collo. 

Si allenarono per più di due ore, alla fine i suoi compagni erano tutti sfiniti, non lui però. Oscar avvertiva una certa stanchezza chiaro, correre senza sosta avanti e indietro, scansando gli avversari non era come passeggiare, ma avrebbe potuto continuare così per altre due ore o anche più, realizzò compiaciuto di sentirsi tanto in forma.

A costo della vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora