Capitolo XXIV

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Oscar attendeva con trepidazione l'ora dell'incontro. Rispose distrattamente alle domande dei genitori, spiluccando il cibo nel piatto. Aveva un nodo allo stomaco, ma si obbligò a mangiare qualcosa per non mettere in ansia sua madre. Valutò se raccontare o meno quanto capitato nel pomeriggio col coach, decidendo infine di non aprire un argomento tanto spinoso. Non voleva che i genitori pensassero che stava avendo di nuovo problemi o che cominciassero a fargli il terzo grado.  

_Vado in camera... ho dei compiti da finire e poi mi vedo con Bret. Andiamo al cinema_ mentì, non volendo rivelare quale fosse la sua vera destinazione.

Una volta in camera fece una doccia e si vestì comodo. Nel bosco faceva freddo di notte, perciò tirò fuori la giacca imbottita e quando ormai mancava solo mezz'ora alle dieci, con i nervi a fior di pelle uscì di casa. Per qualche motivo sentiva che quell'incontro gli avrebbe cambiato la vita. Già, come se non fosse successo dalla prima volta che l'aveva vista, eppure sentiva che quella volta era diverso.

Arrivò al lago che mancava ancora un quarto alle dieci, si sedette su un masso e si guardò intorno, aspettando di vederla sbucare attraverso i cespugli. La notte era fredda e l'aria era impregnata di rugiada. La luna non c'era, ma il cielo era limpido e sfavillante di migliaia di stelle notò, con la testa rivolta verso l'alto. Un rumore di ramoscelli calpestati attirò la sua attenzione, avvisandolo dell'arrivo di Jolanda.

_Eccomi... non ho molto tempo, perciò dimmi subito cosa volevi chiedermi oggi pomeriggio  fuori da scuola_ disse senza giri di parole.

Oscar si sarebbe aspettato almeno un ciao prima di cominciare con le domande, pazienza. Aveva passato ore a ripassare il discorso e adesso che ce l'aveva di fronte non riusciva a fare altro che fissarla.

_Allora?_ lo  spronò lei impaziente, lanciando di tanto in tanto un'occhiata verso la casa.

_Ho trovato la mia macchina..._ buttò lì la prima cosa che gli era passata per la mente.

Jolanda lo fissò e per un attimo gli sembrò di cogliere il panico in quei profondi occhi neri.  Ma poi tornò normale facendolo dubitare di quel pensiero. 

Jolanda si sentì afferrare da una morsa gelida, come avevano fatto a trovarla così in fretta, credeva di averla nascosta bene. _Ottimo... immagino che sarai felice di riaverla_  disse recuperando la calma.

_Non tanto, è ridotta a un rottame_ continuò Oscar, guardandola con sospetto.

_Mi dispiace..._

_Sì, anche a me_ rispose pensieroso. _ Vedi mi chiedevo una cosa, tu sai come abbia fatto  a finire nel bosco?_

_Io? No, perché credi che possa saperlo?_ Ora era decisamente sul chi vive.

_Perché l'ultima volta che ho visto la mia macchia tutta d'un pezzo, era parcheggiata fuori dalla tua roulotte_ spiegò avvicinandosi di un passo.

_No... ti sbagli, la macchina ti è stata rubata nel parcheggio dalla biblioteca..._

_Ero venuto a riportarti gli appunti, lo ricordo perfettamente... e poi il vuoto._

Jolanda rimase completamente spiazzata da quell'affermazione, era impossibile che lui ricordasse. La pozione che gli aveva dato cancellava completamente la memoria a breve termine.

_Lo sapevo! Sapevo di avere ragione_ continuò Oscar avanzando ancora.       

Lei per tutta risposta prese ad arretrare, finché non si trovò con la schiena premuta contro il tronco di un grosso albero. Oscar incombeva su di lei con una strana luce nello sguardo. Avrebbe potuto scappare, ma lui l'avrebbe sicuramente inseguita e comunque quella non era la soluzione. Non poteva passare la vita a fuggire da lui. C'era una sola cosa da fare, inventare qualcosa di credibile e finirla lì.

A costo della vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora