Capitolo VII

179 6 2
                                        


La domenica Jolanda si presentò puntuale all'indirizzo che Oscar le aveva segnato. Guardò il cognome sul citofono, Ward diceva. Era nel posto giusto. Suonò il citofono con un pò d'ansia, era preoccupata dell'accoglienza che poteva ricevere. In genere quelli come lei suscitavano sempre diffidenza e timore nelle persone estranee al loro mondo. Se soltanto avessero saputo che buona parte della loro spavalderia, era solo una posa, uno stratagemma per nascondere quanto li feriva il disprezzo con cui li trattavano, di certo non avrebbero avuto tanta paura della sua gente.

Non voleva dire che non ci fossero dei brutti ceffi,  vivere per strada come facevano loro, spostandosi continuamente non era affatto semplice. Dovevi imparare a cavartela in ogni situazione o non duravi molto, ma tutti quelli che conosceva lei era gente a posto.  

Fu Oscar in persona ad aprirle. _Prego, entra!_ disse facendosi di lato per lasciarla passare. _I miei non ci sono, spero non sia un problema per te_ si affrettò ad aggiungere temendo che potesse mal interpretare l'assenza dei genitori.

_No, nessun problema al contrario... ti confesso che mi sento piuttosto sollevata._

_Addirittura! Guarda che non sono la Santa Inquisizione_ disse sorridendo.

Jolanda sbancò, colpita dalle sue parole.     

_Che c'è, ti senti male?_domandò preoccupato.

_No, tranquillo deve essere solo un calo di zuccheri_ si giustificò riprendendosi in fretta. Quell'accenno al tribunale dell'inquisizione per un attimo le aveva fatto temere che Oscar avesse scoperto cos'era in realtà. Invece era stata solo una battuta, buttata lì a caso.

_Ti preparo qualcosa da mangiare, intanto accomodati_ disse indicando il divano dietro di lei.

Jolanda fece come le aveva detto, si lasciò cadere sui cuscini chiudendo gli occhi. Senza volerlo Oscar le aveva ricordato che là fuori, da qualche parte, c'erano degli uomini che le davano la caccia. Uomini che non si sarebbero fermati davanti a niente pur di distruggere tutta la sua razza.

_Eccomi qui!_

Jolanda aprì gli occhi, e si trovò a fissare un vassoio colmo di  pasticcini di vario tipo e una tazza di thè fumante.

_Caspita! Hai svaligiato una pasticceria?_ chiese divertita dalla sua espressione smarrita.

_Prima fai il pieno di zuccheri, prima ci possiamo mettere a lavoro..._ spiegò il giovane con un'alzata di spalle. Non intendeva confessarle che aveva attraversato la città per andare a prenderli apposta per lei. In mensa aveva notato che sul suo vassoio non mancava mai qualcosa di dolce e così gli era venuta quell'idea.

_Sempre tremendamente interessato tu, eh!_ lo stuzzicò.

_Faccio del mio meglio_ concesse Oscar, stando allo scherzo.

_Ok, ma dovrai darmi una mano_ disse indicando i pasticcini _non vuoi mica che mi becchi un'indigestione?_

_Non sia mai!  Chi mi aiuterebbe poi. Sparì di nuovo in cucina e quando tornò aveva preso una tazza di thè anche per sé. _Thè, ti facevo più tipo da caffè._

_Sono un autentico lord io_ rispose gonfiando il petto con un'aria altezzosa.

Spazzolarono l'intero contenuto del vassoi e poi Oscar disse: _Andiamo?_

Jolanda annuì. _Certo_ acconsentì mentre lui le fece strada su per le scale.

La camera di Oscar era grande e luminosa, proprio come le altre stanze che era riuscita a intravedere. C'era un letto matrimoniale con una trapunta della Tour Eiffel, un armadio a quattro ante marrone scuro, una scrivania dello stesso colore coperta da libri, un portatile poggiato sul comodino  e tanti poster di atleti appesi alle pareti.

A costo della vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora