CAPITOLO 32 ~ Imagine.

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Harry's POV

Anche questa giornata è iniziata male. Da quando sono qua, non c'è stato un giorno in cui sia stato contento di svegliarmi e andare a lavoro.

Ho sempre fatto tutto controvoglia, come se fosse l'inerzia a farmi compiere le azioni e una maggiore forza di gravità a tenermi attaccato al suolo, rimpiangendo il giorno in cui ho preso quel maledettissimo aereo quasi un mese fa.

E la colpa è solo di Kara. La colpa è sua se non riesco a stare bene, se non riesco più a sentirmi me stesso nei posti che mi hanno ospitato per tanti anni.

Mi sento come un pesce fuor d'acqua, come se stessi in apnea e solo ogni tanto mi venisse concesso di prendere aria.

Ma in tutto questo caos che è diventata la mia vita, ci sono ancora momenti in cui non penso a lei.

Forse, questo, non fa di me così dannatamente irrecuperabile, forse.

Ma poi, per il resto della giornata è un chiodo fisso che non riesco a togliermi dalla testa. La martella incessante, ricordandomi che c'è stata, che ho avuto l'occasione di amarla, mi ricorda quello che avrei potuto avere, ma che per uno stupido scherzo del destino, non mi è concesso avere più.

Penso a cosa sta facendo, se sta lavorando o se è tornata a casa a Swansea come mi aveva accennato prima che partissi. Immagino lei ferma a leggere un libro e prendersi semplicemente il suo tempo. Quel tempo che è stato strappato a una ragazzina che è dovuta crescere troppo in fretta senza un padre e una madre.

Me la immagino mentre intreccia i suoi capelli, per non farli andare davanti la faccia, o magari mentre pone una bandana tra di essi, proprio come le ho insegnato io, uno dei tanti pomeriggi passati sul suo o sul mio letto, completamente nudi dopo aver fatto l'amore, con ancora i capelli arruffati e i respiri affannati.

"Signor Styles, tutto apposto?" chiede Josie, quando mi vede incantato all'ingresso della struttura della New York City Ballet.

"Si-si, sono solo stanco" mento ma dicendo al contempo un pizzico di verità.

"Non c'era bisogno lo dicesse, le sue occhiaie parlano per lei" scherza portando una mano davanti la bocca per coprire l'apparecchio.

Ha solo 18 anni, appena diplomata con il massimo dei voti e interpreta i maggiori ruoli da solista, in una delle più prestigiose compagnie al mondo.

Ma non potrà mai eguagliare la classe, l'eleganza e la potenza tecnica di Kara.

Lei è nata per fare questo, è nata per questo mondo, anche se infame.

"Ci vediamo a lezione" mi congedo, camminando verso il mio ufficio.

"A dopo" saluta sventolando la stessa mano con cui si è coperta le labbra qualche minuto prima.

Entro dentro e prendo posto dietro la mia scrivania, con l'intenzione di firmare qualche carta, che mi permetterà di ricevere i fondi dallo stato, per affrontare tutte le spese che sono necessarie per mandare in scena un corpo di ballo.

Ma prima che io possa iniziare, vengo interrotto da un leggero bussare alla porta.

"Avanti" sbuffo poggiando la mia costosissima penna stilografica sulla pila di fogli di fronte a me.

"Harry" mi strozzo con la mia saliva e scatto in piedi, come se tutto questo fosse un'azione riflessa di autodifesa e non lo strano impulso di correre e baciarla, mentre la tempesto di domande, mentre le chiedo perché c'ha messo tanto a venire qua, perché ha lasciato che io me ne andassi o se ha intenzione di abbandonarmi di nuovo.

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